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Terrorismo e libertà, a Reggio Emilia lo scrittore Jelloun incontra gli studenti

Oggi lo scrittore è ospite per una giornata di riflessione a Reggio Emilia: dopo l'incontro con gli studenti, in serata si confronterà con i cittadini

Pubblicato:21-02-2017 17:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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REGGIO EMILIA – Cosa significa attuare la libertà e dunque rispettare le altre persone? “Significa non mentire, non usare le persone per fini personali. La violenza ci preoccupa? Certo, e non dobbiamo rassegnarci ad essa. Ma la violenza è purtroppo parte della storia e pensiamo a cos’è stato il passato in termini di violenza: interi popoli sterminati, annientati. Riflettiamo: non esiste altro essere vivente, eccetto l’uomo, che si riunisca per decidere come liquidare un popolo, come e dove piazzare ordigni… Non fanno così gli animali. Eppure l’uomo non è ‘lupo’ per l’altro uomo. L’uomo è invece semplicemente ‘uomo’ per l’altro uomo. E’ capace di ogni cosa, verso i propri simili, questa è la realtà da cui non possiamo prescindere”. A parlare così è lo scrittore Tahar Ben Jelloun, uno dei maggiori narratori, poeti e saggisti nordafricani, che questa mattina ha dialogato con più di 400 studenti delle scuole superiori di Reggio Emilia nell’Aula magna dell’Università. Stasera confronto bis con i cittadini nell’Auditorium Gerra del Centro internazionale Loris Malaguzzi. Questa giornata reggiana di Jelloun si intitola “Tramandare, Partecipare, Costruire” ed è stata promossa da Comune di Reggio Emilia, Provincia, Istituzione Scuole e Nidi d’Infanzia, Arci Reggio Emilia, Reggio Children, Fondazione Reggio Children, Fondazione Mondinsieme e Fondazione E35.

Ecco i principali concetti che lo scrittore ha toccato questa mattina nel suo incontro con i ragazzi.


Il terrorismo – “Ora la minaccia è il terrorismo, che non è una novità quantomeno dal periodo del Terrore durante la Rivoluzione francese– ha proseguito lo scrittore-. Il terrore genera terrore, colpendo persone che non hanno fatto nulla, è imprevedibile e invisibile. Vi aderiscono persone, di solido giovani, anche con una vita del tutto ‘normale’, magari studenti come tanti, che raccolgono questo ‘appello alla morte’: entrano nel terrorismo jihadista per ‘difesa’, ritengono, per ‘rinascere’ attraverso la morte. In questo meccanismo, si ritiene di fare uno sforzo ulteriore, di dare il massimo, per essere e ottenere il meglio: l’istinto di vita muta e diventa istinto di morte per passare a quel che si pensa essere il meglio. Ma, è evidente, si cancella un principio di libertà: la vita e la morte vanno rispettate, in ciascuno rispetto a ciascun altro.

Disoccupazione ed emarginazione – “Non dimentichiamo però che spesso questo è spesso una risposta al razzismo, alla disoccupazione al 45%, a un’istruzione del tutto insufficiente, all’emarginazione, al grigiore, a zero opportunità, come avviene nelle banlieue parigine, ove non a caso ogni 10-15 anni si presenta una rivolta. Lo stato islamico è letto come una risposta da 30.000 giovani che vi aderiscono da ogni parte del mondo, è proposto come fine della paura, della discriminazione; ed è fine della libera volontà personale. Da laico vi dico però che l’Islam non è nulla di questo. Nel Corano si legge addirittura: se uccidi una persona, uccidi l’umanità.

Cultura come arma contro il ‘terrore’ – “Ci chiediamo a questo punto: cosa fare?, come fermare e difendersi? – ha detto Ben Jelloun – E’ assai complesso e non immediato fermare il terrorismo. La difesa immediata è nelle forze di polizia, di sicurezza, di intelligence… Ma anche nella scuola e nella famiglia, nella cultura in una prospettiva più ampia e lunga. La cultura è cruciale. Cominciamo a intenderla come qualcosa che, da sempre, è in movimento, come un grande fiume, che riceve acqua dalle differenze dell’umanità, che sono i suoi affluenti. Abbandoniamo l’idea di una cultura superiore e altre inferiori. In base a cosa una cultura è inferiore o superiore a un’altra?

Anche in Europa sta prendendo piede la paura – “Cominciamo con il considerare la cultura così, come un grande fiume e già avremo una risposta alla paura delle differenze e a coloro, come certi politici, che usano la paura per propri fini: quante paure si costruiscono con fini personali, di consenso, dicendo cose non vere, non rispettando le persone. E quanti la pensano così, quanti in definitiva condividono questa modalità: pensiamo alle recenti elezioni in America, a certe situazioni in alcuni stati europei, per dire che non parliamo di situazioni astratte e lontane, ma concrete e vicine… Sforziamoci di essere consapevoli di questo: anche noi potremmo diventare persone dominate, piano piano, giorno dopo giorno preparate alla violenza: si può cominciare con cose lievi, come i piccoli insulti, per arrivare al razzismo, che per definizione non è mai light.

Dialogo e rispetto dell’altro – “La civiltà è cultura e il sapere è rispetto dell’altro: partiamo da qui – ha concluso Tahar Ben Jelloun – costruiamo questo nel dialogo, nei nostri luoghi di vita, a cominciare dalla scuola e dallo studio, non sottraiamoci al confronto, non abbiamo paura delle differenze, che alla radice sono astrazioni. Credo sia un modo per far sì che le differenze non divengano irrimediabili diseguaglianze e generino violenza”.

Chi è Tahar Bel Jellou: Nato a Fès (Marocco) 72 anni fa, Ben Jelloun vive, scrive (fra l’altro per Le Monde e la Repubblica) e insegna a Parigi, quale esponente di una cultura mediterranea (nordafricana ed europea) aperta e plurale.

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