ROMA – Il servizio di messa in contatto con conducenti non professionisti fornito da Uber rientra nel settore dei trasporti e non in quello del commercio digitale e, dunque, gli Stati membri possono disciplinarne le condizioni di prestazione: lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La questione era stata sollevata nel 2014 da un’associazione di conducenti di taxi di Barcellona, che avevano chiesto a un tribunale locale di sospendere il servizio garantito da Uber perchè privo della licenza richiesta dal Comune. La corte si era quindi rivolta al giudici dell’Ue, a Lussemburgo.
“La Corte – si riferisce in una nota – dichiara che un servizio d’intermediazione avente a oggetto la messa in contatto, mediante un’applicazione per smartphone e dietro retribuzione, di conducenti non professionisti utilizzatori del proprio veicolo con persone che desiderano effettuare uno spostamento nell’area urbana deve essere considerato indissolubilmente legato a un servizio di trasporto e rientrante, pertanto, nella qualificazione di ‘servizio nel settore dei trasporti’ ai sensi del diritto dell’Unione”.
Secondo i giudici di Lussemburgo, “un servizio del genere deve di conseguenza essere escluso dall’ambito di applicazione della libera prestazione in generale nonchè della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno e della direttiva sul commercio elettronico”. Quindi la conclusione: “Gli Stati membri possono disciplinare le condizioni di prestazione di tale servizio”.
di Vincenzo Giardina, giornalista professionista
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it