NEWS:

Abuso della professione medica, nuova denuncia per la santona ‘mamma Ebe’/FOTO e VIDEO

Nuova denuncia per Gigliola Ebe Giorgini, che ormai ha 80 anni

Pubblicato:20-06-2017 09:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:26

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

BOLOGNA – ‘Mamma Ebe’ ci ricasca. La ‘santona’ Gigliola Ebe Giorgini- bolognese ormai ultraottantenne e più volte nei guai con la giustizia, nel 2008 condannata a sette anni dal tribunale di Forlì per esercizio abusivo della professione medica e poi di nuovo in cella nel 2010- è stata nuovamente denunciata per aver esercitato abusivamente la professione medica nei confronti di una giovane donna italiana costretta dal proprio marito a sottoporsi a diversi trattamenti ‘miracolosi’ per risolvere i suoi problemi di infertilità. era agli arresti domiciliari dal dicembre del 2014 (dopo che la sentenza di condanna nei suoi confronti è diventata definitiva) e nonostante questo non aveva smesso di esercitare queste pratiche di ‘guarigione’. E aveva tanti ‘adepti’, come ha raccontato la sua ultima vittima. A indagare su di lei, e a denunciarla, è stata la Polizia di Forlì Cesena e ha portato alla denuncia della santona ma anche del marito della donna, professionista di 35 anni, accusato di maltrattamenti. La pomata impiegata per le cure, ha fatto sapere la polizia, poteva essere altamente pericolosa, se impiegata in dosi eccessive, e causare gravi disturbi neurologici.

IL MARITO AVEVA CONVINTO LA DONNA AD ABBANDONARE LA FECONDAZIONE

La nuova vittima della santona, una donna italiana di 37 anni, viste le difficoltà a rimanere incinta, era stata costretta dal marito a recarsi da ‘Mamma Ebe’, interrompendo da un lato le proprie cure di medicina tradizionale,sottoponendosi alle cure della santona, consistenti nell’applicazione sul ventre di una pomata con la quale la donna avrebbe risolto i suoi problemi di infertilità. Al termine delle attività d’indagine, ‘Mamma Ebe’ è stata denunciata per il reato di esercizio abusivo della professione e l’ex marito della donna per il reato di maltrattamenti.

La donna aveva accettato suo malgrado per non vedere sgretolare il proprio matrimonio, e così ha annullato tutte le pratiche mediche per procedere alla fecondazione assistita ed in ultimo anche a pratiche adottive. L’uomo, seguendo le indicazioni della santona, non voleva che la donna si sottoponesse alla fecondazione assistita perchè sarebbero potuti nascere bambini con dei problemi mentali. Dal canto suo la santona la curava spalmandole sul ventre una pomata ritenuta capace di “sfiammare” le tube, che sin da subito le ha provocato una perdurante forma di irritazione cutanea e delle lesioni sul basso ventre ove veniva spalmata.


LA SANTONA “HAI UN’INFIAMMAZIONE ALLA TUBA, CON 5 TRATTAMENTI SI RISOLVE TUTTO”

La 37enne ha raccontato alla Polizia che tutto ebbe inizio alla fine del 2014, quando “Mamma Ebe”, che voleva farsi chiamare “Gigliola“, era stata finalmente scarcerata e dunque, secondo il marito, poteva curare il loro problema, ossia farli diventare genitori. L´uomo affermava che la santona era stata incompresa dalla giustizia italiana e dall’opinione pubblica e che solo alla sua morte si sarebbero riconosciuti i suoi miracoli. La 37enne ha dunque raccontato di essersi sottoposta alle cure di “Gigliola” che nella prima seduta l´aveva visitata imponendole le mani sul ventre, diagnosticando un´infiammazione della tuba che sarebbe stata “aperta” e che avrebbe risolto con circa 5 trattamenti. Le volte successive si era sottoposta all´applicazione di una sostanza cremosa di colore arancione che le procurava una forte irritazione ma che non poteva rimuovere restando immobile per alcuni minuti ed in attesa che facesse “effetto” sotto il controllo diretto di “Mamma Ebe”.

POLIZIA: “LA POMATA USATA ERA MOLTO PERICOLOSA”

La vittima, resasi conto che ormai anche tutta la sua vita era “gestita” dalla santona, e che terminati i 5 trattamenti gliene vennero prescritti altri, prese la decisione, nel 2016 di separarsi dal marito dopo che per anni aveva subito contro la sua volontà, pratiche umilianti, dolorose, e snervanti, in virtù delle continue pressioni psicologiche del coniuge che in alcuni casi era anche arrivato a minacciarla e a maltrattarla, fino a farle perdere il lavoro, qualora non avesse continuato a frequentare “Mamma Ebe”. Le indagini della Polizia di Stato hanno portato alla scoperta di questo “farmaco” che “Mamma Ebe” avrebbe applicato sul ventre della donna: si tratta di una pomata altamente pericolosa che se somministrata per usi non consentiti e in sovradosaggio comporta anche disturbi neurologici come convulsioni in neonati e bambini.

Non solo non deve essere utilizzata una dose superiore a quella raccomandata proprio per evitare facili reazioni e disturbi associati al farmaco, ma lo stesso risulta infiammabile e non deve essere assolutamente applicato su parti del corpo lese o già infiammate. Il suddetto farmaco era infatti indicato nei casi di distorsioni e lombaggini per alleviare dolori. La vittima ha raccontato che gli adepti di “Mamma Ebe” erano numerosi, così come accertato dai poliziotti nel corso di un controllo domiciliare. E’ emerso dunque che la donna ha continuato a svolgere questa sua attività illecita nonostante fosse ai domiciliari dal dicembre 2014 per essere stata condannata in via definitiva a quattro anni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’esercizio abusivo della professione medica.

di Marcella Piretti, giornalista professionista

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it