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Armi, la nave cargo saudita attracca a Genova. Proteste camalli, no al generatore

Ha attraccato nel porto di Genova a nave “Bahri Yanbu" battente bandiera saudita e diretta in Yemen con armi. I portuali da stamattina sono in sciopero e le operazioni di carico sono bloccate

Pubblicato:20-05-2019 08:36
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:29

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GENOVA – Via libera alle operazioni di carico del materiale civile sulla nave saudita “Bahri Yanbu” ma non ai due generatori elettrici con probabile uso militare, le cui componenti verranno ispezionate in un’area protetta del porto. E’ quanto deciso dal vertice in Prefettura a Genova per sbloccare la situazione del cargo che trasporta armi destinate al conflitto in Yemen, approdato alle prime ore dell’alba al Genoa metal terminal.

Oltre al prefetto Fiamma Spena, al vertice hanno partecipato il segretario della Camera metropolitana del lavoro, Igor Magni, i delegati sindacali della Cgil, il presidente dell’Auorità portuale, Paolo Emilio Signorini, e il direttore del terminal interessato dalle operazioni, Paolo Ravà. La mediazione concordata nel palazzo del governo comporta lo scioglimento del presidio del Collettivo autonomo portuale, della Filt Cgil, che aveva indetto uno sciopero di tutti i “camalli” per l’intera giornata, e delle associazioni pacifiste.



Stamattina lo sciopero dei camalli

È stata proprio la presunta presenza di un maxi-generatore che ha portato all’inasprimento della protesta dei sindacati dei portuali, che hanno dichiarato lo sciopero. “Un generatore elettrico ad uso militare è un’arma da guerra? Se alimenta un campo da cui partono incursioni o bombardamenti, come lo considera la Capitaneria di porto?”, si chiedeva ieri sera su Facebook il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali, aggiungendo che “la ditta che lo produce, Teknel, è convenzionata con la Nato e produce servizi logistici militari”.

Sempre ieri sera, la Filt Cgil di Genova aveva, dunque, annunciato che “dopo le numerose segnalazioni e preoccupazioni che ha espresso alle istituzioni si vede costretta a proclamare l’astensione dal lavoro per tutti i servizi e le operazioni portuali di mare e di terra, comunque garantendo i servizi di sicurezza, che vedono coinvolta la motonave ‘Bahri Yanbu’ nel porto di Genova”.

“Non saremo complici di quello che sta succedendo in Yemen”

Il sindacato riteneva così “di dare un piccolo contributo ad un problema grande per una popolazione che viene uccisa giornalmente. Vogliamo segnalare all’opinione pubblica nazionale e non solo che, come hanno già fatto altri portuali in Europa, non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen. Noi continuiamo a pensare che i porti italiani debbano essere aperti per le persone e chiusi alle armi”. Così i portuali genovesi sono in sciopero e in presidio già dalla notte. Il Calp ha tentato di ostacolare l’ingresso degli ormeggiatori esponendo lo striscione: “Basta traffici di armi, guerra alla guerra”, ma gli stessi sono passati via mare.

Al momento, le operazioni di carico, che secondo il programma dovrebbero terminare in serata per consentire la ripartenza della nave prima di notte, sono bloccate. Presidio anche al varco Etiopia, con la Filt Cgil e alcuni rappresentanti delle molte associazioni che in questi giorni hanno aderito alla protesta.

Anche Le Havre aveva respinto il cargo

La nave “Bahri Yanbu” era già stata respinta dal porto di Le Havre dove avrebbe dovuto caricare otto cannoni. La compagnia nazionale saudita fa scalo nel porto di Genova da anni ma non ha mai caricato materiale bellico. In mattinata previsto un incontro tra i delegati sindacali e il prefetto di Genova, Fiamma Spena, per tentare di sbloccare la situazione.


Le ong italiane: “Chiudete i porti alla nave saudita”

“Chiudete i porti alle navi delle armi!”. È l’appello promosso dalle associazioni nazionali, tra cui Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione Rwm e il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari Italia, Oxfam Italia, Rete della pace, Rete italiana per il disarmo, Save the Children Italia, e associazioni spezzine a seguito della notizia del possibile attracco a La Spezia della nave-cargo saudita Bahri Yanbu per caricare gli otto cannoni semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter e altro materiale bellico di produzione italiana destinati all’Arabia Saudita. Il trasbordo potrebbe avvenire presso il molo militare o dell’Arsenale militare della Spezia. Le associazioni spezzine e nazionali chiedono al governo Conte di “non permettere l’attracco della nave-cargo saudita Bahri Yanbu nel porto della Spezia, nemmeno nella parte di competenza della Marina militare, e ai portuali spezzini di non effettuare alcun carico di sistemi militari o duali destinati all’Arabia Saudita che possono essere utilizzati nel conflitto in Yemen”.

“Le nostre associazioni e reti hanno ripetutamente chiesto ai precedenti governi e all’attuale governo Conte di sospendere l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita ed in particolare le forniture di bombe aeree MK80 prodotte dalla Rwm Italia – ricordano – che vengono sicuramente utilizzate dall’aeronautica saudita nei bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile in Yemen. Riteniamo che le esportazioni di materiali militari siano in aperta violazione della legge 185/1990 e del Trattato internazionale sul commercio delle armi (Att) ratificato dal nostro Paese. Il Trattato sul commercio delle armi impone a tutti i Paesi coinvolti nel trasferimento di attrezzature militari (cioè anche nel transito e nel trasbordo) verso Paesi coinvolti in conflitti armati di verificare se le armi trasferite possano essere impiegate per commettere crimini di guerra o violazioni dei diritti umani e di conseguenza di sospendere le forniture”.

Le associazioni ricordano che “Svezia, Germania, Paesi Bassi e Norvegia hanno da tempo sospeso o iniziato a limitare le vendite di armamenti alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti” mentre “nessuna sospensione è stata ancora definita dal governo italiano e le forniture di bombe e sistemi militari sono continuate anche in questi mesi ammontando ad un controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018”.

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