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VIDEO | Ciclone in Mozambico, colpiti 260.000 bambini. Ong: “Emergenza per mezzo milione persone”

A Beira, la città maggiormente colpita dall'inondazione, la situazione resta molto difficile: non vanno i telefoni e i rifornimenti arrivano solo in elicottero. E sono attese nuove piogge

Pubblicato:20-03-2019 18:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:15

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ROMA – Sulla base di una prima valutazione, secondo l’Unicef su circa 600.000 persone colpite dal ciclone in Mozambico, 260.000 sono bambini. Questo dato potrebbe cambiare nei prossimi giorni. In Malawi sono stati colpiti dal ciclone oltre 460.000 bambini e in Zimbabwe oltre 1.600 famiglie. L’Unicef attualmente ha alcuni operatori a Beira, dove sta lavorando sotto la supervisione del Governo mozambicano in coordinamento con altre agenzie.


“I colleghi dell’Unicef sul campo hanno descritto la situazione come un’inondazione grave a Beira e nelle aree circostanti. Le persone sono in condizioni disperate, diverse migliaia attualmente si trovano su tetti, alberi e altre superfici elevate. Un totale di 267 aule e 24 centri sanitari sono stati distrutti. Questo dato però cambia costantemente e probabilmente aumenterà nei prossimi giorni.


La sala d’emergenza dell’ospedale a Beira è stata distrutta e non sono state possibili operazioni chirurgiche importanti. Fortunatamente il reparto pediatrico è ancora funzionante e i neonati sono al sicuro. È molto urgente la ricerca e il recupero di migliaia di persone scomparse, compresi molti bambini. Anche gli alloggi rappresentano una preoccupazione”, ha dichiarato Christophe Boulierac, portavoce dell’Unicef a Ginevra.

Una delle priorità principali dell’Unicef è di assicurare la fornitura di acqua sicura da bere per prevenire malattie legate all’acqua. L’Unicef ha iniziato ad aiutare il Governo con la distribuzione di pastiglie per potabilizzare l’acqua e medicine di base. Alcune scorte di pastiglie erano state preposizionate a Beira, ma anche il magazzino dell’Unicef è stato gravemente danneggiato, causando l’indisponibilità per alcuni aiuti. Finora l’Unicef ha lanciato un appello per 20,3 milioni di dollari per supportare la risposta nelle tre aree colpite: Mozambico (al quale saranno destinati la metà dei fondi), Malawi e Zimbabwe.

LE ONG: È EMERGENZA PER MEZZO MILIONE DI PERSONE

A Beira, la città del Mozambico più colpita dal passaggio del ciclone Idai, la situazione resta difficile: i contatti telefonici risultano ancora interrotti, le strade sono state distrutte e quindi soccorsi e rifornimenti possono arrivare solo con elicotteri e piccoli aerei. Inoltre piogge intense sono attese nei prossimi giorni, con rischio di nuove esondazioni e morti. Resta incerta la conta delle vittime, che si stima siano più di mille. Trenta inoltre le strutture sanitarie distrutte secondo l’istituto per le calamità Mozambicano Ingc, tra cui anche ampie parti dell’Ospedale centrale di Beira in cui Medici con l’Africa Cuamm è presente. E’ questa organizzazione a riferire queste notizie, preoccupata come molte altre operative nel Paese africano.

“La situazione rimane tragica, l’emergenza è ancora nella sua fase più acuta, nonostante sia passato qualche giorno” ha dichiarato Giovanna De Meneghi, rappresentante paese in Mozambico di Cuamm. Il distretto di Buzi, ha aggiunto De Meneghi, “è il più colpito. Lì l’acqua raggiunge i sette metri, ci sono ancora persone sui tetti delle case e sugli alberi e la zona deve essere evacuata completamente al più presto. In tutto nei distretti periferici, 400mila persone sono ancora completamente inaccessibili. Nella città di Beira il costo del cibo è diventato carissimo ed è difficile avere acqua potabile, sono esplosi una serie di assalti alle case anche violenti”.

Anche Helpcode Italia onlus in Mozambico avverte dei rischi connessi ad Idai: “Nella provincia di Sofala, tra Beira e Gorongosa, stiamo lavorando fianco a fianco con le comunità e le autorità locali per identificare i bisogni prioritari su cui intervenire” ha detto Alessandro Grassini, segretario generale di Helpcode. Gli operatori della onlus presente nel Paese da 30 anni sono impegnati anche nella “distribuzione dei beni di prima necessità con kit igienici e sanitari, nonché di viveri sotto il coordinamento del gruppo ‘logistica’ delle Nazioni Unite. Quando sarà conclusa la fase di emergenza – ha assicurato Grassini – lavoreremo alle opere di ricostruzione, installazione di tende-scuola per consentire la ripresa delle attività scolastiche e riattivazione delle coltivazioni andate totalmente distrutte”.

Oltre al rischio colera e alle malattie ollegate all’assenza si acqua potabile, Medici senza frontiere avverte: “Anche le malattie respiratorie ci preoccupano. Sta ancora piovendo, direttamente nelle case, e la polmonite può diventare un problema. Molte persone si sono radunate nelle scuole o nelle chiese, dove le malattie respiratorie possono diffondersi facilmente” riferisce il capoprogetto di Msf a Beira, Gabriele Santi. Che ha aggiunto: “La rete idrica è fuori servizio e ci sono vaste zone dove le persone fanno molta fatica a trovare una fonte di acqua pulita, soprattutto nei quartieri più poveri e densamente popolati”.

La vita però “continua, in un modo o nell’altro. Le persone tornano al lavoro e cominciano a cercare cibo, ma ci sono alberi sradicati ovunque sparsi al suolo, vedi persone che cercano di riparare le loro case, di coprire il buco dove prima c’era un tetto. Sta ancora piovendo forte. Ci vorrà molto tempo prima che tutta l’acqua si ritiri”. Tutte le organizzazioni internazionali sollecitano l’invio di aiuti per acquistare kit per il primo soccorso negli ospedali da campo, insieme a cibo, abiti, acqua potabile, materiale per la costruzione dei rifugi di emergenza.



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