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VIDEO | Omicidio Vannini, la mamma: “La sentenza d’appello ci prende per scemi”

"Mi succede spesso di scrivere ancora 2015", dice Marina "perchè il tempo per noi s'e' fermato. Marco non c'è più. Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, torna a parlare della sentenza di secondo grado e spera nell'appello in Cassazione

Pubblicato:20-03-2019 14:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:15
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ROMA – E’ stato il 19 marzo anche a casa Vannini, ma “mio marito Valerio non ha ricevuto nessuna telefonata, ne’ un messaggio per la festa del papà“. Lo ripete più volte Marina, la mamma di Marco Vannini, intervistata dall’agenzia Dire a quasi due mesi dalla sentenza di appello che ha ridotto la condanna da 14 a 5 anni ad Antonio Ciontoli, che la sera del 18 maggio 2015, per un incidente- secondo la sentenza- ha ucciso suo figlio Marco. Sentenza che ha confermato tre anni agli altri membri della famiglia, la fidanzata Martina, suo fratello Federico e Maria Pezzillo, e ha assolto Viola, la fidanzata di Federico, stabilendo, come si legge nelle motivazioni, che tutti loro “difettassero della piena conoscenza delle circostanze”. Sono gli stessi che nelle intercettazioni, ormai note, come ha più volte sottolineato l’avvocato della famiglia Vannini, Celestino Ignazi, si mettono d’accordo su come e cosa raccontare.

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“Scrivo ancora 2015, il tempo si è fermato”

“Mi succede spesso di scrivere ancora 2015”, dice Marina “perchè il tempo per noi s’è fermato. Marco non c’è più“, ma non e’ assente nella casa che lo ha visto crescere, dove tutto, dalla macchina rossa parcheggiata fuori, al patio per godere della bella stagione, alla stanza dove nonna Gina prega tutti i giorni con il suo nome sulle labbra è come cristallizzato in quel giorno e “io- dice ancora la madre del ragazzo ucciso- sento il suo profumo. Non facciamo più progetti con Valerio. Da quando Marco è stato ucciso sopravviviamo“.


“Questa è una sentenza che ci prende per scemi”

Se in primo grado il capo d’imputazione era stato l’omicidio volontario con dolo eventuale, in appello si è passati al colposo con colpa cosciente e nessuna aggravante, dalla futilità- la paura di perdere il posto di lavoro-, alla crudeltà e alle menzogne, che pure la sentenza ha confermato, è stata addebitata ad Antonio Ciontoli.

Le sentenze si possono commentare e io dico che questa e’ una sentenza che ci prende per scemi” rivendica Marina, che ricorda le chiamate al 118, “la seconda in cui Marco urlava, con urla disumane, che per un’ora ha sentito la vicina, o le intercettazioni in cui Martina dice di aver visto il padre in bagno puntare la pistola”.

Una nuova testimonianza choc alle ‘Iene’

Fino a quest’ultima testimone, mandata in onda dalle Iene, che, racconta di Marco, “gridava come un maiale che sta per essere ucciso” e che ha adombrato l’eventualità che Antonio Ciontoli non fosse presente nell’abitazione. Parole che Marina ascolta a casa, davanti alla tv, a sorpresa, e che la fanno star male. Quell’immagine di Marco che invocava il suo nome, mentre si dissanguava. I soccorsi ritardati e depistati- come le telefonate al 118 raccontano- che, invece, “avrebbero potuto salvare senza dubbio Marco, come tutte le perizie mediche hanno stabilito”. Vannini, oltre ad essere un giallo crudele covato nel cuore di una famiglia in cui un ragazzo si sentiva al sicuro come a casa propria, è anche un caso unico di giurisprudenza che ha scomodato sentenze di scuola come quella ThyssenKrupp. Per questo Marina dice: “Come si fa ad emettere una sentenza in un’ora e ventisei minuti, dovendo spiegare a sei giudici popolari la differenza tra colpa cosciente e omicidio con dolo eventuale, mentre gli avvocati hanno parlato con il procuratore generale per un totale di dieci ore?”.

Prima della conclusione dell’appello, Marina, nonostante tutto, era fiduciosa. “Non c’è una pena giusta per la morte di un ragazzo, ma mi auguravo che andassero in carcere. Sono rimasta senza parole“.

“Come fa la vita di un ragazzo a valere 5 anni?”

“Come fa la vita di un ragazzo a valere 5 anni” sono le parole con cui Marina interrompe la lettura della sentenza di appello e che poteva costarle “una passeggiata a Perugia” e la stessa sanzione di chi le ha ucciso il figlio senza un perchè. Ora “dobbiamo sperare nel Procuratore generale che richieda di andare in Cassazione. Lui si era battuto per l’omicidio volontario con il dolo per tutta la famiglia, quindi sono fiduciosa” dice Marina, spiegando il prossimo passo di questa battaglia giudiziaria che non finirà.

“Mi fermerò solo alla fine. Se serve andranno avanti i miei nipoti”

Mi fermerò solo alla fine” e se non sarà finita ancora, dopo di me ci saranno i miei nipoti che chiederanno giustizia per loro cugino”. Un filo di voce a ricordare questi cugini fratelli. Marco era voluto venire a vivere vicino a loro. Un figlio unico lontano dagli stereotipi: “Lavorava d’estate per non pesare su di noi, non chiedeva, non pretendeva” ricorda il papà e “ed era molto riservato” aggiunge infine mamma Marina.

“Cosa direbbe oggi che si parla della sua storia sui giornali o in tv” si domanda Marina, che non ha dubbi: “Che non devo mollare”. Come è scritto anche sulla cartolina appena arrivata da Siracusa in cui una signora, Loredana, suggerisce a Marina di arrivare fino alla Corte Europea se sarà necessario. Ne arrivano tantissime di lettere e cartoline cosi’ e sono tutte indirizzate a ‘Mamma Marina Cerveteri’. Non serve altro perche’ tutti conoscono il caso Vannini. Lui era Marco, un bellissimo ventenne, ucciso in una sera di maggio a casa della sua ragazza da un colpo di pistola e 110 minuti di agonia e lei è Marina, una mamma coraggio.

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