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Lo ‘staccapanni’ di Genova ogni anno raccoglie 1.800 tonnellate di abiti usati

Il servizio è stato attivato nel novembre 2000. Di recente la lega ha chiesto di chiuderlo

Pubblicato:20-03-2018 13:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:39

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GENOVA – “Se avete bisogno di un cappotto andate lì e lo staccate. Chi ha bisogno di una giacca, non deve mica andare a comprarla: passa dallo staccapanni e la stacca. C’è lo staccapanni d’estate e quello d’inverno, quello per uomo e quello per signora. Così si risparmiano tanti soldi”. C’è da scommettere che Gianni Rodari, qui citato in un estratto del “Paese con l’esse davanti”, non sarebbe stato molto d’accordo con la proposta della Lega di Genova di smantellare lo “Staccapanni, il servizio di raccolta di indumenti usati attraverso appositi cassonetti disseminati per le strade della città, organizzato dalla Caritas diocesana di Genova e dalla Fondazione Auxilium, in convenzione con Amiu, e gestito dalla cooperativa sociale Emmaus.

LEGA: ‘CASSONETTI PREDA DI ZINGARI E SBANDATI’

A chiedere la chiusura del servizio è stata la capogruppo del Carroccio, Lorella Fontana, la settimana scorsa con un’interpellanza presentata in consiglio comunale: “I cassonetti– denuncia- sono diventati preda notturna e diurni di zingari e sbandati che li forzano, rubano gli indumenti desiderati e lasciano gli altri sui marciapiedi. Inoltre, questi espropri costituiscono la base del racket che alimenta i mercatini abusivi dell’usato e i danneggiamenti comportano perdite di denaro per la cooperativa a causa dei costi di manutenzione. Il sistema ha esaurito il suo corso e i contenitori sono da ritirare dal territorio”.

L’ASSESSORE: “NON SI PUO’ RINUNCIARE A QUESTO SERVIZIO”

Ma l’assessore comunale all’Ambiente, Matteo Campora ha di fatto rispedito al mittente la richiesta: “Non si può rinunciare in maniera definitiva a questo servizio che ha anche un aspetto sociale estremamente positivo- ha spiegato- perché se si decidesse di mettere in discussione questa forma di raccolta di indumenti, si dovrebbe non rinnovare il contratto. Si può valutare di implementare altre forme di raccolta ma si può anche aumentare la sicurezza dei contenitori e della loro vigilanza, limitando i problemi di sicurezza e decoro urbano”.


CONVENZIONE RINNOVATA FINO A FINE 2018

Fontana si è detta allora disponibile a studiare una soluzione alternativa e migliorativa del servizio, da condividere con i Municipi per far sì che la raccolta degli indumenti usati non sia un incentivo al furto per soggetti ai margini della società. Intanto, la convenzione è stata prorogata fino alla fine del 2018.

DAL COMUNE UN CONTRIBUTO DI 66.000 EURO ALL’ANNO

Attivato nel novembre 2000, il servizio Staccapanni è svolto dalla cooperativa sociale Emmaus e non riguarda solo il territorio genovese ma tutto quello della arcidiocesi e abbraccia 29 Comuni. Ogni anno, la municipalizzata del Comune di Genova per il ciclo dei rifiuti elargisce 66.000 euro per la gestione del servizio di raccolta degli indumenti. All’interno del budget, oltre alla manutenzione dei contenitori di proprietà di Caritas e Auxilium, anche la retribuzione per 12 persone della cooperativa Emmaus, che si occupa di inserimento lavorativo di soggetti fragili, che assieme a numerosi volontari gestiscono la raccolta, la selezione e la distribuzione degli indumenti.

SUL TERRITORIO 350 CONTENITORI, SVUOTATI UNA VOLTA A SETTIMANA

Nel complesso, i contenitori sul territorio sono circa 350, di cui 260 a Genova, svuotati almeno una volta alla settimana. Ma il servizio non riguarda solo la raccolta degli indumenti lasciati nei cassonetti. L’offerta della Caritas prevede anche molti altri punti di raccolta degli indumenti, spesso collegati alle parrocchie e ai centri d’ascolto vicariali, e 26 centri di distribuzione.

OGNI ANNO RACCOLTE 1.500-1.800 TONNELLATE VESTITI

Ogni anno, tra cassonetti e centri di raccolta, si ottengono dalle 1.500 alle 1.800 tonnellate di vestiti che vengono opportunamente selezionati: quelli non idonei alla distribuzione ai meno abbienti vengono venduti per ricavarne stracci e altri materiali riciclati.

“Il problema sollevato dalla consigliera della Lega era reale soprattutto in passato- spiega alla ‘Dire’, il presidente della cooperativa Emmaus, Pippo Armas- ma in questi anni abbiamo agito costantemente per rendere il servizio sempre più garantito nei confronti dei cittadini. Era una questione che riguardava soprattutto il comune di Genova ma abbiamo cambiato il sistema”. Nelle zone più critiche, infatti, i cassonetti non hanno più l’entrata verticale dei sacchetti con gli indumenti ma orizzontale, e la chiusura non è più con un lucchetto a chiave ma attraverso un sistema magnetico.

Furti e danneggiamenti si sono molto ridimensionati– spiega ancora Armas- perché è molto più difficile riuscire a frugare all’interno dei cassonetti”.

MULTA DA 200 EURO PER CHI ROVISTA NEI CASSONETTI

Intanto, la settimana scorsa l’amministrazione ha anche reso note le novità in termini di repressione per chi verrà colto  a frugare tra i cassonetti dei rifiuti di Genova (legate all’applicazione del decreto Minniti): niente “daspo urbano” (come in un primo tempo si era ipotizzato) ma ‘solo’ una multa di 200 euro. La sperimentazione partirà in due zone di Genova, quella del centro storico e quella del centro. L’assessore alla Sicurezza GArassino avverte: “L’agente di polizia municipale non sanzionerà mai la vecchietta che porta via due mele dal cassonetto della spazzatura, è evidente”. Verranno invece “sanzionati i fenomeni di inciviltà“.

L’ordine di allontanamento per 48 ore da una determinata zona della città (anticamera del Daspo), invece, entrerà in scena solo in caso di ubriachi molesti, autori di comportamenti contrari alla pubblica decenza, autori di commercio abusivo e parcheggiatori abusivi. Stessa cosa anche per chi è autore di comportamenti che impediscano, di fatto, l’accessibilità e la fruizione delle aree pubbliche in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi previsti.

L’ordine di allontanamento, emesso assieme alla relativa sanzione amministrativa, viene inviato per conoscenza anche al questore che, in caso di reiterazione della condotta sanzionata, può -ma non necessariamente deve- emettere il vero e proprio daspo, ovvero il divieto d’accesso alla stessa area della città fino a un massimo di 6 mesi, prolungabile solo in casi particolarmente gravi.

Inoltre, chi viene colto a circolare nell’area da cui è stato allontanato prima delle 48 ore di divieto, sarà sanzionato con un’ulteriore multa di 300 euro, senza però la possibilità che un agente proceda ad allentamento coatto. Chi, invece, viene colto a circolare nell’area da cui era stato escluso in seguito a divieto d’accesso emesso dal questore può essere denunciato ai sensi dell’articolo 650 del codice penale e rischia l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda fino a 206 euro, a meno che il fatto non costituisca reato più grave.

I funzionari di Polizia municipale del Comune di Genova spiegano però che “ci vorrà del tempo prima che il vero e proprio daspo del questore possa essere emesso”. Per questo provvedimento, infatti, non basta la ripetizione della condotta sanzionabile ma serve una vera e propria “reiterazione” che, ad esempio, non si può applicare nel caso in cui una persona precedentemente sanzionata abbia pagato la multa in misura ridotta. “Per cui- concludono i tecnici- prima dell’emanazione del daspo bisognerà attendere come minimo 60 giorni, limite massimo per pagare la sanzione in misura ridotta o fare ricorso”.

A Genova si inizierà con la sperimentazione in due zone attigue ma distinte: quella del centro storico e quella del centro, con l’elenco delle vie precisamente indicato nella delibera. Chi dovesse essere allontanato da un’area, dunque, potrà tranquillamente circolare in quella vicina. Se la sperimentazione dovesse funzionare, l’assessore alla Sicurezza Stefano Garassino annuncia di essere pronto a estendere il provvedimento a tutte le altre zone della città che rientrino nei parametri previsti dalla legge, ovvero “aree urbane su cui insistono scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico”.

Altra cosa, invece, l’introduzione della sanzione per chi rovista nei cassonetti e sporca il suolo pubblico all’interno del regolamento di polizia urbana. Provvedimento, peraltro, in parte già previsto dal vecchio “Regolamento igiene suolo e abitato” in vigore dal 1960 e mai abrogato. “Non posso modificare a ‘muzzo’ un decreto governativo anche qualora lo volessi- spiega Garassino- per questo introduciamo solo una sanzione di 200 euro che nulla ha a che vedere con il daspo urbano”. Ma, precisa l’assessore, “l’agente di polizia municipale non sanzionerà mai la vecchietta che porta via due mele dal cassonetto della spazzatura, è evidente. Verranno sanzionati i fenomeni di inciviltà, chi butta fuori tutta la spazzatura dai cassonetti noncurante del fatto che provoca degrado per la città”.

Per questo, la giunta ha pronto un emendamento alla versione originale del nuovo regolamento, in cui si precisa che verrà multato solo chi sarà colto nell’atto di “rovistare nei contenitori per la raccolta dei rifiuti solidi urbani imbrattando e lordando il suolo pubblico”.

 

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