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Scritte contro la legalità a Locri: “Più lavoro meno sbirri”

Un messaggio che colpisce, specie all'indomani della celebrazione XXII Giornata della memoria e dell’impegno

Pubblicato:20-03-2017 10:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:01

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ROMA-  Sulla facciata del vescovado di Locri è comparsa stamattina la scritta: “Più lavoro meno sbirri”. Un messaggio che colpisce, specie all’indomani della celebrazione XXII Giornata della memoria e dell’impegno, organizzata dall’associazione Libera per ricordare le vittime innocenti delle mafie. Nella scritta anche un attacco diretto a Don Ciotti, fondatore e animatore di Libera: “Don Ciotti sbirro”.

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“Da queste parti il bisogno di lavoro è fondamentale e lo conosciamo bene da anni. Su questo problema vogliamo richiamare l’attenzione per il bene di tutti, ma noi il lavoro non lo vogliamo dalla ‘ndrangheta“, commenta al ‘Sir’ monsignor Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace.


“Quello che vogliamo è un lavoro degno, che rispetti i diritti degli operai, non il lavoro per il quale si ricorre al capo pastore o al capo cantoniere o al boss di turno”. Mons. Oliva, infine, richiama “i segnali che sono partiti dalla nostra diocesi attraverso il lavoro delle cooperative“. (www.agensir.it)

DON CIOTTI: LAVORO NECESSARIO, MA QUELLO ONESTO

“Siamo i primi, da sempre, a dire che il lavoro è necessario, anzi che è il primo antidoto alle mafie. Ma che sia un lavoro onesto, tutelato dai diritti, non certo quello procurato dalle organizzazioni criminali“. Così Luigi Ciotti e Libera commentano le scritte apparse sui muri del vescovado.

“Gli ‘sbirri’- continua la nota- che sono persone al servizio di noi tutti sarebbero meno presenti se la presenza mafiosa non fosse così soffocante. Questi vili messaggi, vili perché anonimi, sono comunque un segno che l’impegno concreto dà fastidio. Risveglia le coscienze, fa vedere un’alternativa alla rassegnazione e al silenzio. Noi è con questa Calabria viva, positiva, che costruiamo, trovando in tante persone, soprattutto nei giovani, una risposta straordinaria, una straordinaria voglia di riscatto e di cambiamento”, conclude.

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