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Reggio Emilia, il bimbo ha il diabete: asilo nido non lo accetta

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Pubblicato:20-02-2019 16:20
Ultimo aggiornamento:20-02-2019 16:20

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REGGIO EMILIA – Ha il diabete e il nido non lo accetta. E’ successo in un Comune dell’Appennino reggiano, dove ai genitori di un bambino di due anni e mezzo è stata comunicata la non disponibilità di frequentare il “suo” asilo, costringendoli poi a rivolgersi ad una scuola parrocchiale dove il piccolo è stato ammesso. A denunciarlo è Rita Lidia Stara, presidente della federazione emiliano-romagnola delle associazioni che si impegnano per le persone con diabete (Feder) salita nelle settimane scorse nella montagna reggiana per cercare, d’intesa con pediatria di comunità, Comune, dirigente scolastico, insegnanti e genitori una possibile soluzione. Non facile, però.

Si tratta di “un fatto discriminatorio gravissimo e inaccettabile- commenta- che avviene nella provincia degli asili più belli del mondo, di Reggio Children, del Reggio approach: in questo caso la scuola dell’infanzia pubblica è incapace di farsi carico della sua situazione di diabetico”. Cosa che, invece, “sta ora facendo benissimo la scuola parrocchiale cui i genitori si sono rivolti”, sottolinea Stara. “E’ la prima volta- prosegue- che osservo una simile chiusura nei confronti di un bambino. Ora questo caso dovrà servire ad ottenere una normativa nazionale a tutela di tutti i minori che hanno necessità di farmaci durante l’orario scolastico, ma anche della stessa scuola”. Ma “il caso di Francesco (il nome è di fantasia, ndr) non deve passare inosservato: ne abbiamo parlato anche in Regione e sarà portato all’attenzione del comitato di indirizzo per la malattia diabetica, ne sarà informato l’ufficio scolastico regionale, il garante per i diritti dell’infanzia e i ministeri competenti”, promette ancora Stara.

Tutto è iniziato esattamente un anno fa, il 20 febbraio 2018, quando il bambino si è ammalato di diabete di tipo 1 e sarà insulino-dipendente per tutta la vita. I genitori si sono impegnati con la pediatria diabetologa di Reggio Emilia per dotare il piccolo dei più recenti ausili tecnologici per controllare adeguatamente questa malattia (un microinfusore per evitare le iniezioni di insuline con penne e un sensore per rilevare, anche in remoto tramite una app (dai luoghi di lavoro dei genitori, ad esempio), le glicemie in tempo reale. Nell’asilo pubblico vicino a casa però, nonostante le rassicurazioni iniziali, sono iniziate le difficoltà. Il personale, dopo aver svolto un primo corso sul diabete e sull’utilizzo del microinfusore, ha demandato comunque la decisione definitiva sull’inserimento del bambino ad un mese di “prova” nel quale, un familiare, avrebbe comunque dovuto essere sempre presente col piccolo durante la giornata scolastica. “Ma durante questo mese- spiegano i genitori- non c’è stata alcuna volontà del personale scolastico di provare a mettere in pratica quanto appreso al corso che è valso anche il rilascio di un attestato”. Infatti “al termine del mese di prova ci è stata formalizzata l’indisponibilità a seguire il bambino in classe e, tantomeno, a impostare il microinfusore per la somministrazione dell’insulina al pasto”. A questo punto, continua la coppia, “abbiamo continuato ad accompagnare nostro figlio a scuola per due mesi, nonostante evidenti disagi”. Infine a dicembre il bambino è stato portato in una scuola dell’infanzia parrocchiale sette chilometri più in là. “La ringraziamo di cuore per la accoglienza e la professionalità, ma ovviamente nostro figlio ha perso i suoi amici di paese, d’asilo e l’ambiente nel quale si era inserito”, dicono i genitori.


Va precisato che la decisione delle maestre di non accogliere il bambino -in base ad un protocollo siglato sul territorio- era nel loro diritto. Tuttavia “il personale scolastico- osserva Stara- si è trincerato dietro norme obsolete e superate. Il protocollo provinciale è da rivedere con urgenza, perchè per somministrare l’insulina, non servono competenze sanitarie, ma una formazione specifica e l’alleanza tra la scuola e la famiglia è un atto di volontariato, che permette ai bambini un inserimento scolastico in sicurezza e senza discriminazioni”. Del resto, “sono sempre di più le famiglie della scuola italiana che si presentano a scuola chiedendo alle maestre e ai professori di somministrare farmaci (antibiotici o semplici antistaminici) ai propri figli e sono sempre di più le insegnanti che si prestano. Lavoriamo perché cambino le norme e si possa scrivere che non servono competenze sanitarie per schiacciare un tasto, non è richiesta nessuna discrezionalità, per dosi modi e tempi”. Si “richiedono solo umanità, accoglienza, disponibilità per fare si che un bimbo con il diabete sia un bimbo come gli altri in mezzo agli altri” conclude Stara. Quanto accaduto in Appennino, aggiunge Barbara Berni, neopresidente della Fand reggiana, l’associazione di riferimento per la diabetologia pediatrica di Reggio “è un fatto grave. Trovare l’umana accoglienza per un bambino dovrebbe essere un preciso dovere della scuola che lo dovrebbe far muovere ben oltre i protocolli e le formalità”. La vicenda “ci ha resi consapevoli di alcune carenze del sistema e servirà da sprone per avviare gruppi di auto aiuto tra genitori, di informazione e formazione nelle scuole affinché questo non abbia più ad accadere”.

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