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Etiopia, padre Agostoni: “No allo scontro di potere, dialogo subito”

Padre Sisto racconta: "Ho capito che la situazione era grave quando non sono potuto rientrare nella capitale perchè le strade erano bloccate dai dimostranti"

Pubblicato:20-02-2018 17:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:30

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ROMA – “Fanno paura soprattutto certe rivendicazioni di appartenenza etnica; oggi piu’ che mai l’Etiopia ha bisogno di pace, dialogo e accettazione delle differenze”: a parlare con l’agenzia DIRE e’ padre Sisto Agostoni, missionario comboniano da anni ad Addis Abeba. Il colloquio si tiene pochi giorni dopo le dimissioni del primo ministro Hailamariam Desalegn e la proclamazione dello stato di emergenza.

Decisive le proteste e i disordini che hanno avuto come epicentro la regione dell’Oromia, alle porte della capitale. “Mi sono reso conto che stava accadendo qualcosa di grave quando non sono potuto rientrare nella capitale perche’ le strade erano bloccate dai dimostranti” ricorda padre Sisto. Convinto che proprio la gestione delle proteste, animate soprattutto dalle comunita’ oromo ma diffuse anche piu’ a nord nella regione dell’Amhara, sia al cuore del conflitto interno al partito al potere sfociato nelle dimissioni di Desalegn. Secondo il missionario, “il primo ministro aveva rispettato le norme che prevedevano l’intervento della polizia federale solo con l’autorizzazione delle autorita’ delle singole regioni ma e’ stato accusato di eccesso di cautela”.

Tutto e’ cambiato con lo stato di emergenza, in vigore da giovedi’. “Adesso chiunque manifesti rischia l’arresto – sottolinea padre Sisto – e le autorita’ di Addis Abeba possono intervenire e reprimere senza dover ottenere alcun permesso”.


Secondo il missionario, l’incertezza riguarda piuttosto l’amnistia proclamata a inizio gennaio, che aveva portato al rilascio di figure di rilievo dell’opposizione e della societa’ civile, dal blogger Eskinder Nega al leader oromo Merera Gudina. Fonti della DIRE confermano che alle proteste delle ultime settimane avrebbe contribuito l’insofferenza per un’egemonia politica esercitata dalle comunita’ e dai dirigenti tigrini sin dal 1991, l’anno della caduta del regime marxista di Haile’ Mariam Manghistu.

Nuove contrapposizioni rischierebbero adesso di lacerare un Paese federale per Costituzione, dove convivono lingue e credi religiosi differenti, dal cristianesimo maggioritario a livello nazionale all’islam dominante tra gli oromo. “A esprimere timore e’ stata anche l’Amecea, l’organismo che riunisce le Chiese cattoliche dell’Africa orientale” sottolinea padre Sisto: “A luglio ad Addis Abeba si terra’ un incontro sulle differenze etniche, sul valore della carita’ e della diversita’: il tema giusto per l’Etiopia di oggi”.

 

 

 

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