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Mafie, il pentito Perrella: “Monnezza e politica sono oro” VIDEO

I rifiuti tossici dell'Italsider? Sono sotto le villette di Licola, secondo il collaboratore di giustizia

Pubblicato:20-01-2017 14:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:49

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NAPOLI – “L’ho detto tanti anni fa ai magistrati: la monnezza è oro e la politica è una monnezza, ancora oggi è così”. Sono le parole di Nunzio Perrella, collaboratore di giustizia dal 1992, autore del libro ‘Oltre Gomorra’, scritto a quattro mani con il giornalista Paolo Coltro.

L’ex boss, durante la presentazione del testo nella sede dell’Ordine dei giornalisti della Campania, dice di essere stato “confidente di Tomasone (si riferisce a Vittorio Tomasone, generale dei carabinieri, ndr) già dal 1991, prima di diventare collaboratore di giustizia” ma oggi, dello Stato, Perrella non si fida più: “Ho dato la mia vita allo Stato – spiega – e lo Stato non mi ha dato niente. Sono in pericolo, io e con me la mia famiglia. Mi hanno promesso tante cose e invece devo ancora nascondermi“. Il pentito ammette di essere “responsabile” del traffico di rifiuti tossici “ma oggi che devo fare? Mi devo ammazzare?”. Ai giornalisti, il collaboratore di giustizia racconta poi come funzionava il traffico dei rifiuti: “I Casalesi – aggiunge – sono camorristi e criminali ma loro trasportavano solo i rifiuti. Dovevano essere portati in discariche autorizzate e trattati, in questo passaggio la camorra non esiste. La truffa è lo stoccaggio”.


RIFIUTI ITALSIDER SMALTITI SOTTO VILLETTE LICOLA

I rifiuti tossici dell’Italsider di Bagnoli “sono stati smaltiti in un terreno dove ora c’è la costruzione Simona, ci sono 250 villette e lì sotto i rifiuti“, rivela Nunzio Perrella,  riferendosi al Parco Simona una struttura che si trova a Licola, nel Comune di Giugliano (Napoli).


“In quella zona – dice – ci sono anche i rifiuti della Lombardia. Di questo discorso, i proprietari delle case sanno tutto, sono persone importantissime. Tutti sono a conoscenza di quello che io denuncio ma nessuno parla perché si ha paura di perdere villette che costano anche 300 o 400mila euro”. I rifiuti “non ero io a smaltirli – aggiunge – ma altri miei colleghi. Io facevo il costruttore, soltanto dopo sono entrato nel campo dei rifiuti quando ho conosciuto gli Avolio, i Chianese e tutti gli altri”.

 NEL 1989 MINACCE MORTE A CAPACCHIONE

Qualcuno voleva ammazzare Rosaria Capacchione. Anzi, tante persone, negli anni vicini al 1989“, rivela Perrella.

“Quella giornalista – continua riferendosi alla senatrice del Pd – scriveva tutto quello che vedeva”. Perrella chiama poi in causa un altro giornalista ambientalista: “Si chiama Salvatore Di Fusco. E’ la persona – racconta – che mi diceva dove stavano le discariche. Me lo ha consigliato Giorgio Di Francia (uno degli ex gestori della discarica di Pianura, ndr)”. In ‘Oltre Gomorra’, Perrella scrive di aver conosciuto il cronista: “Ero andato a buttare i fustini agli Astroni (un cratere che fa parte dei Campi Flegrei, ndr). Il giorno dopo – si legge nel libro – Di Fusco scrive un articolo per Il Mattino e denuncia la cosa: l’inquinamento e il fatto che chi lo faceva era un camorrista. Allora lo faccio intimorire da Pietro Schiatarella, un suo parente camorrista, e gli dico di fare una smentita. L’articolo di smentita è uscito. Poi i rapporti con Di Fusco cambiarono: lui conosceva tutti gli sversatoi, io lo mandavo a fare un sopralluogo e lui mi riferiva la situazione”.

CAPACCHIONE: CONFERMO MINACCE, SEGUITA DA FRATELLO BOSS CASALESI

“E’ vero, non so Perrella cosa ne sappia, ma è vero”. Lo dice all’agenzia DIRE la senatrice del Pd, Rosaria Capacchione, commentando la rivelazione dell’ex boss pentito, Nunzio Perrella, secondo cui la giornalista sarebbe stata minacciata dalla camorra già dalla fine degli anni ’80 per alcuni articoli sul traffico di rifiuti nel territorio di Caserta e provincia. “All’epoca, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, le minacce non erano così clamorose come adesso. Mi accorgevo, quando andavo in tribunale – racconta -, che alcune persone mi seguivano. Una in particolare, un bel ragazzo, vestito in giacca e cravatta, sfuggiva alla descrizione classica e automatica del camorrista. Me lo trovavo davanti ovunque. Una volta lo segnalai a un poliziotto, mi disse che era il fratello di un camorrista del clan dei Casalesi. Feci delle verifiche ed era davvero lui”. I fatti risalgono agli anni in cui, da giornalista, Rosaria Capacchione si occupava del traffico di rifiuti nel casertano “e avevo a che fare con personaggi come Cipriano Chianese”, imprenditore, avvocato ed ex politico, considerato l’inventore delle ecomafie. “Già all’epoca – dice Capacchione – si sapeva chi fosse”.

di Nadia Cozzolino, giornalista

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