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“Fortuna e ironia in politica”, la spiega Michele Chiaruzzi, ricercatore sammarinese che lavora a Bologna

BOLOGNA- "Molti credono che il numeretto del 3% del rapporto tra deficit e Pil a livello di Unione europea

Pubblicato:20-01-2016 10:17
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:48

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BOLOGNA- “Molti credono che il numeretto del 3% del rapporto tra deficit e Pil a livello di Unione europea sia il prodotto di un calcolo aritmetico complesso e di pianificazioni decisionali di lungo periodo mentre invece, com’è stato scritto in diverse occasioni, in parte è il prodotto anche del caso e di effetti non intenzionali. Se pensiamo all’importanza di quel numeretto ora, all’interno dell’Europa, ci possiamo rendere conto del ruolo che giocano il caso, l’ironia, la fortuna nei processi politici e decisionali” (guarda il video).

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Michele Chiaruzzi, ricercatore di San Marino, insegna Relazioni internazionali all’Università di Bologna e nel 2014 ha curato la pubblicazione di un edito a livello mondiale, “Fortuna e ironia in politica“, del politico e storico britannico Martin Wight. Un libro che “tratta del problema del rapporto tra ciò che si fa, ciò che si intende ottenere in politica e ciò che in realtà accade”, sottolinea Chiaruzzi, che ha presentato il volume alla libreria Coop Zanichelli di Bologna: “E’ un tema di estrema attualità”, come dimostra la storia del 3% tra deficit e Pil. Un altro esempio ormai classico, “purtroppo”, per Chiaruzzi è quello dell’invasione dell’Iraq decisa dall’amministrazione Bush: “Se la vogliamo considerare in modo benevolo e analitico, possiamo evidentemente dedurre che le intenzioni, cioè portare più stabilità nel Medioriente e più democrazia, sono state smentite platealmente nel corso neanche lungo di un decennio. Oggi in Medioriente c’è instabilità e guerra ovunque. La storia è colma di questi esempi non intenzionali e del rapporto perverso, in senso tecnico, fra le intenzioni di chi agisce e gli esiti finali”.


chiaruzzi_5Il libro di Wight “tratta di questo e del rapporto tra ciò che la volontà dell’uomo, in politica, cerca di ottenere e ciò che concretamente è possibile ottenere. Naturalmente la conclusione la lascio a chi ha intenzione di leggere il libro”, lascia in sospeso gli interessati Chiaruzzi: “Vi potete divertire”, perché Wight non risparmia esempi “e non ha remore ad attraversare i secoli”. Di certo, “per capire la politica bisogna calarsi in chi la fa”, suggerisce il ricercatore dell’Alma Mater: i decisori “sono il laboratorio del politologo, perché sono concreti e non astratti”. Compiendo questa indagine si può riscontrare “che il caso in politica è ovunque”, assicura Chiaruzzi, anche se la scienza politica tende a “tralasciare” questo aspetto: invece il caso “è degno dell’interesse della scienza politica, ma anche di un pubblico più generale”.

chiaruzzi_4Whight è un autore poco conosciuto ma questo è comprensibile, spiega il politologo Angelo Panebianco: “Era un genio, ma non pubblicava”. Proprio il lavoro di Chiaruzzi ha contribuito a portarlo maggiormente alla luce “e ci sono ancora tanti tesori da scoprire”, assicura Panebianco. “Machiavelli per Wight era ottimista a ritenere che nell’azione politica incidano al 50% fortuna e virtù”, sottolinea il politologo: “Per lui, in realtà, l’esito ironico dovuto alla sfasatura tra ciò che si vuole fare e i risultati ottenuti è costante”. Non bisogna mai dimenticare che “tutte le azioni, che raggiungano o meno lo scopo prefisso, si portano dietro- ragiona Panebianco- una cascata di conseguenze non volute”. Solitamente, però, “fatichiamo a metterci nei panni dei politici che devono prendere decisioni importanti sulla base di informazioni incerte e lacunose. Siamo disposti a riconoscere a noi stessi questi deficit informativi e cognitivi, ma non facciamo altrettanto verso i politici”.

In Wight si trova, di conseguenza, anche una critica nel concetto di fede nel progresso, come segnala Walter Vitali, ex sindaco di Bologna e poi parlamentare dei Ds e del Pd: “Wight ci dice che non c’è nulla di acquisito. La democrazia, la libertà possiamo davvero pensare, con i tempi che corrono, che siano acquisite e una volta per tutte? Che si parta da lì e che si possano davvero esportare in altre parti del mondo?”. Matteo Lepore, giovane assessore all’Economia del Comune di Bologna, dà una lettura del libro alla luce della propria esperienza personale prendendo come esempio l’elezione a sindaco di Virginio Merola e la formazione di una Giunta che a suo dire “fa da spartiacque” nella storia bolognese. “Spesso si sente dire in giro che il sindaco è fortunato”, spiega Lepore: “Lo è sicuramente, nell’accezione che se ne dà nel libro, ma bisogna dire anche che è molto volenteroso”. Senza le “colpe e leggerezze” che portarono alle dimissioni del suo predecessore, Flavio Delbono, “oggi non saremmo in questa situazione- riconosce l’assessore- e la storia amministrativa di Bologna avrebbe preso un’altra direzione”. C’è, però, anche la volontà: altrimenti, fortuna o non fortuna, per sei mesi Merola non avrebbe potuto “resistere alla discussione sul suo ruolo”, rimarca Lepore, evocando le fibrillazioni interne al Pd sulla ricandidatura del primo cittadino nel 2016. “E’ comunque un segno importante. Poi magari il sindaco perderà- non si mostra scaramantico Lepore- ma questo lo decidono i cittadini”. Magari, come Wight insegna, anche con lo zampino del caso.

di Maurizio Papa – Giornalista professionista

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