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In Italia oltre il 50% delle apparecchiature diagnostiche è obsoleto

L'intervista al presidente di Assobiomedica Marco De Luigi

Pubblicato:19-12-2017 13:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:00

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ROMA –  Sono più del 50% le apparecchiature di diagnostica per immagini e di elettromedicina troppo vecchie. Risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi, mammografi, ventilatori per anestesia e terapia intensiva, che per l’età avanzata riducono i benefici per il paziente raggiunti dalle tecnologie più recenti: diagnosi più accurate e precise, minori esposizioni alle radiazioni, minore quantità delle dosi, maggiore velocità di esecuzione dell’esame, referti informatizzati. Gli svantaggi di un parco apparecchiature troppo vecchio non sono però solo per il paziente, ma anche per la sostenibilità del Servizio sanitario, che si trova ad affrontare più numerosi costi di manutenzione con eventuali ritardi e sospensioni nell’utilizzo dei macchinari, che generano tempi di attesa più lunghi e carichi di utilizzo mal gestiti.

Nello specifico, destano preoccupazione il 95% dei mammografi convenzionali con più di 10 anni di vita, così come il 69% di apparecchiature mobili convenzionali per le radiografie, il 52% dei ventilatori di terapia intensiva e il 79% dei sistemi radiografici fissi convenzionali. Questi alcuni dei dati che emergono dal nuovo Rapporto sullo stato di obsolescenza del parco istallato di diagnostica per immagini e da quello sull’elettromedicina in Italia, entrambi curati dal Centro studi di Assobiomedica e presentati nell’ambito della X Conferenza nazionale dei dispositivi medici.

Gellona: “E’ necessario tornare a investire per rinnovare le strutture sanitarie del Paese”

“Assobiomedica con i suoi studi- ha dichiarato Fernanda Gellona, direttore generale di Assobiomedica- ha messo in luce un problema preoccupante per i pazienti e per il Sistema sanitario, evidenziando come l’Italia si posizioni in fondo alla classifica europea per numero di apparecchiature diagnostiche obsolete. Adesso che buona parte dei conti della Sanità sono stati risanati, è necessario tornare a investire per rinnovare le strutture sanitarie del Paese e riportare il nostro Ssn a livelli competitivi. Il Governo ha lavorato bene su industria 4.0 e sugli investimenti sul digitale, oggi bisogna allargare questo approccio all’ambito sanitario per agevolare il rinnovamento del parco apparecchiature presenti negli ospedali italiani e avviare un’azione d’investimento sulle tecnologie innovative. È possibile farlo intervenendo sui meccanismi di rimborso, creando dei sistemi di incentivo per l’utilizzo delle nuove tecnologie e tariffe penalizzanti per i macchinari troppo vecchi. Si tratterebbe di un sistema di rimborsabilità differenziata sul modello francese, che consentirebbe una graduale sostituzione delle apparecchiature più vecchie e una progressiva introduzione di quelle tecnologicamente più innovative”.


L’intervista a Marco De Luigi, il presidente dell’associazione elettromedicali di Assobiomedica

Obsolescenza delle apparecchiature, risparmi sul sistema sanitario, smaltimento delle attrezzature elettromedicali vetuste, incentivi per promuovere un giusto investimento tecnologico, anche e soprattutto nell’ottica della tutela del malato. Di questo l’agenzia Dire ha parlato con Marco De Luigi, il presidente dell’associazione elettromedicali di Assobiomedica, che dopo aver illustrato la situazione attuale rilancia proposte formulate da Assobiomedica per risolvere un problema ormai divenuto annoso.

Nello studio appena pubblicato sul parco apparecchiature di diagnostica per immagini in Italia risulta una presenza di dispositivi come mammografi, sistemi radiografici fissi convenzionali o unità mobili radiografiche molto vecchi, che hanno in media 13 anni di vita, che impatto hanno sulla salute delle persone e sulla diagnosi?

“Se prendiamo per esempio il campo della diagnostica per immagini, Assobiomedica stima che siano quasi 26.000 le apparecchiature in stato di obsolescenza tecnologica, più del 50% del parco installato. Le conseguenze sono di tre tipi: innanzitutto di tipo clinico, perché quando un medico usa una tecnologia vecchia si preclude la possibilità di effettuare diagnosi che invece possono essere effettuate con tecnologie più moderne. In secondo luogo ci possono essere anche elementi relativi alla sicurezza del paziente: se parliamo dei sistemi a raggi X come i mammografi sappiamo che questi sistemi emettono radiazioni mentre le apparecchiature moderne emettono pochissime radiazioni. È un po’ come accade per le autovetture che con il passare degli anni diventano sempre meno inquinanti: la stessa cosa accade alle apparecchiature a raggi X. Poi c’è l’aspetto dei costi, perché un’apparecchiatura più vecchia necessità di costi maggiori di gestione. In molti casi poi, quando arriviamo ai 13, 14 o 15 anni di anzianità, molto semplicemente non sono più disponibili le parti di ricambio, quindi in caso di fermo dell’apparecchiatura si crea un disservizio importante con ripercussioni anche sulle liste di attesa“.


Un problema ormai riscontrato da tutti gli attori nel campo della sanità è come smaltire le apparecchiature ormai troppo in là con gli anni. Nel merito, quali sono le proposte lanciate da Assobiomedica?

“Assobiomedica negli ultimi anni ha contribuito in maniera importante all’emersione di questo problema, ma ormai da parte di tutti gli attori che operano nella sanità, a partire dalle istituzioni, c’è consapevolezza dell’esistenza del problema dell’obsolescenza tecnologica. Il problema non è solo italiano, esiste anche in altri paesi in Europa, sicuramente però il nostro Paese su questo tema si trova in fondo alla classifica. Abbiamo un problema serio, anche perché giustamente le istituzioni nel corso degli anni della crisi hanno dovuto risanare i conti di un sistema sanitario che perdeva 6 miliardi di euro all’anno e adesso è in pareggio: un intervento che è andato a scapito degli investimenti in campo tecnologico. Di proposte ce ne sono tante, in questo periodo si parla molto di sinergia tra pubblico e privato, si parla di diversi meccanismi che possono agire sulla leva fiscale. Il governo ha avuto un buon successo con il piano industria 4.0 che ha portato investimenti sul tecnologico e sul digitale in ambito manifatturiero, e ci sono proposte che chiedono di estendere questo tipo di approccio anche in ambito sanitario. Assobiomedica invece propone la rimborsabilità differenziata: in questo momento in Italia un esame di Tac effettuato su un’apparecchiatura moderna viene retribuito allo stesso modo rispetto a un esame effettuato su apparecchiature vecchie, e noi riteniamo che questo sia sbagliato perché non incentiva un meccanismo virtuoso ma soprattutto perché la qualità delle prestazioni è assolutamente diversa”.

Ci sono Paesi ai quali ispirarsi per un modello di ricambio progressivo del parco apparecchiature che concili sostenibilità e appropriatezza?

“Io credo che l’Italia abbia un servizio sanitario unico che noi dobbiamo assolutamente cercare di preservare e di cui dobbiamo essere orgogliosi. Non credo che ci sia un modello estero da copiare tout court, ma la Francia ha un meccanismo molto interessante, che penalizza in maniera fortissima tagliando anche del 50% il rimborso quando le apparecchiature utilizzate hanno un età superiore a un tot di anni (a seconda del tipo di apparecchiatura). Il modello francese non è direttamente applicabile alla realtà italiana ma lo spirito credo sia mediabile, ed è proprio il cuore della proposta di Assobiomedica: una tariffa penalizzante per attrezzature con età avanzata e invece una tariffa premiante che incentivi l’investimento in tecnologia, cosicché si possa pagare l’investimento sul nuovo e al contempo mantenere un risparmio complessivo”.

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