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Sfida Trump-Clinton, Berardi (Unicusano): “I muscoli e la ‘prima’ di una donna”

Il docente sottolinea: "Stiamo parlando di due personaggi molto discussi e al tempo stesso anche molto fragili nella loro vita istituzionale"

Pubblicato:19-10-2016 09:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:11

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trump_clintonROMA – Candidati atipici, campagna elettorale inedita e toni accesi, soprattutto se confrontati con gli ultimi pacati anni di amministrazione Obama. America 2016, conto alla rovescia in vista del voto dell’8 novembre che cambierà la faccia degli Stati Uniti. Trump vs Clinton, la sfida è apertissima. “Sì, è davvero una campagna atipica per gli standard americani- spiega Silvio Berardi, docente di Storia e Istituzioni delle Americhe all’Università Niccolò Cusano- E non solo perché per la prima volta una donna corre per la Casa Bianca, e già così la campagna è impossibile da paragonare alle altre. E sicuramente Trump mostra i muscoli più degli altri candidati repubblicani: una prova di forza nello scontro finalizzata più all’esclusione che all’inclusione, per fare un esempio rispetto alla comunità afroamericana”. Un duello più aspro rispetti a quelli cui si è assistito negli ultimi decenni, nonostante le corse per Washington non siano mai state prive di colpi bassi. Ma stavolta è diverso. “In particolare ci sono stati più attacchi personali e alla vita privata dell’avversario che alla sua idea politica- fa notare Berardi – Guardiamo le accuse di Trump alla Clinton in riferimento a suo marito Bill o gli atteggiamenti sessisti e razzisti di Trump.

Stiamo parlando di due personaggi molto discussi e al tempo stesso anche molto fragili nella loro vita istituzionale“. Il mondo femminile si riconosce nella Clinton? “Sì e no. Diciamo che un particolare o, se volete, una provocazione, fa capire la complessità del tema: lei difende molto il ruolo della donna e incoraggia l’emancipazione, ma si è candidata come presidente degli Stati Uniti usando il cognome del marito. Una scelta importante, che evoca un passato una presidenza di luci e ombre ma nell’elettorato democratico è capace di muovere molti voti”. E’ possibile che uno scontro così acceso sia la diretta conseguenza di ciò che ha rappresentato la presidenza di Barack Obama? “Se andiamo a guardare gli ultimi 8 anni di amministrazione, troviamo dei toni completamente soft anche nel rapporto con gli avversari. Certo- spiega il docente della Niccolò Cusano- non si arrivava all’aggressività e alla violenza verbale di questa campagna elettorale, soprattutto da parte di Trump mentre la Clinton tutto sommato si è limitata a rispondere agli attacchi politici. Lui parla molto alla pancia del Paese e per questo alza i toni”.

Quanto conterà l’eredità di Obama? Potrà essere uno dei fattori che farà pendere l’ago della bilancia? “La Clinton può avere un beneficio dalla presidenza Obama, considerata alla fine relativamente soddisfacente, alla luce di alcuni obiettivi non centrati. Ma qui- sottolinea Berardi- bisogna anche specificare l’altissimo carico di aspettative sul presidente di origini afroamericane: toni entusiastici già smorzati nel passaggio dalla prima alla seconda campagna elettorale, una specie di disincanto”. Qual è un elemento di continuità dei due candidati rispetto ai loro partiti politici? “Sicuramente sia Trump che Clinton si richiamano alla rispettiva tradizione. Dalla parte repubblicana certamente c’è più aggressività nella politica estera, insieme a un minimalismo e a uno scarso intervento nella realtà economica nazionale, una specie di welfare state. Dall’altra parte, la Clinton punta a continuare le battaglie di Obama per l’integrazione, o la riforma sanitaria. Battaglie che l’attuale presidente ha lanciato e non è riuscito a portare pienamente a termine”.


Alla fine quale sarà l’elemento decisivo? “Oltre al fatto che la campagna della Clinton è molto più pragmatica e con i piedi per terra, a differenza del 2008 non si parla di un cambiamento epocale nonostante si tratti di una donna. Secondo i maggiori analisti- riporta il professore dell’Unicusano- sarà determinante l’atteggiamento irriverente e oltranzista di Trump, che va a sfidare anche alcuni valori del suo elettorato, sì molto deciso ma che non condivide alcuni dei suoi atteggiamenti, ad esempio sulla questione femminile. I repubblicani hanno una visione centrale e conservatrice delle donne come pilastro della casa, ma non condividono assolutamente l’immagine un po’ bambola che traspare da alcune uscite del tycoon. Un atteggiamento boomerang, che in Italia potremmo definire guascone e che forse potrebbe avere una maggiore presa. Ma gli americani- conclude ironicamente Berardi- non sono ancora pronti”.

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