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Commercio di armi, il M5S mette nel mirino le bombe italiane vendute all’Arabia Saudita

"Finalmente ci saranno controlli serrati sull'import-export delle armi, la legge 185 del 90 deve essere rispettata".

Pubblicato:19-09-2018 08:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:34
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ROMA – “Finalmente ci saranno controlli serrati sull’import-export delle armi, la legge 185 del 90 deve essere rispettata”. Così Emanuela Corda e Pino Cabras, deputati del M5s in commissione Difesa e Esteri, commentano le parole del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che ha annunciato di verificare con il ministro degli Esteri Enzo Moavero i termini che regolano l’export di armamenti italiani in Arabia Saudita, una vicenda che riguarda da vicino anche la fabbrica Rwm di Domusnovas.

“Siamo lieti – sottolinea Corda – che il ministro abbia assunto una posizione netta su un argomento scomodo che ad oggi sembrava diventato un tabù“.

Dello stesso avviso Cabras, che aggiunge: “È necessario avviare una serie di scrupolosi controlli nei confronti di quei soggetti che vendono armi a Paesi come l’Arabia Saudita che sono pesantemente coinvolti in aree di conflitto. Si pensi ad esempio alla tragica situazione dello Yemen, con bombardamenti che colpiscono ogni giorno da tre anni la popolazione civile. Ecco perché siamo sicuri che il ministro Moavero accoglierà al più presto le istanze del ministro Trenta, affinché si metta immediatamente fine a una situazione inaccettabile“.


Sottolineano ancora i parlamentari pentastellati: “Questa vicenda però non si deve strumentalizzare, come fanno quelli che pretendono che l’Italia non abbia una propria industria a produzione militare. Il fatto che il governo si sia posto il problema del rispetto di una legge, la 185 del 1990, per troppo tempo bypassata senza ritegno, non significa che non abbia a cuore il problema occupazionale. Si pensi per esempio al caso Rwm azienda produttrice di materiale bellico, con acclarati rapporti con il mercato saudita o il rispetto per il lavoro svolto dai nostri militari”.

Secondo Corda e Cabras, un conto è incrementare i bilanci vendendo bombe da usare sulla popolazione civile, spiegano i parlamentari, “un’altra questione ancora è produrre sistemi d’arma complessi. Un Paese che perda competenze militari e non abbia una politica industriale militare moderna perde ogni residua sovranità, specie se ambisce a creare relazioni multilaterali paritarie, ancorché orientate al disarmo. Per non far prevalere un interesse troppo particolaristico basterebbe un rispetto più rigoroso dell’articolo 11 della Costituzione”.

Sulla difesa del diritto al lavoro del personale coinvolto, Cabras e Corda si richiamano ad alcune esperienze europee: “Per uscire dalla monocultura delle bombe servono scelte politiche di grande portata. Dopo la Guerra fredda, quando la Germania fu riunificata, ottenne un programma comunitario per la riconversione economica e sociale delle aree troppo dipendenti dalle produzioni militari. Un’analoga scelta di livello europeo occorre anche per far uscire le comunità coinvolte in Sardegna da una monocultura economica e offrendo alternative occupazionali”.

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