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Summit rifugiati, Bacciotti di Oxfam: “Ma ad accogliere sono i paesi più poveri”

"Le parole non bastano, si prenda esempio dal sud del mondo"

Pubblicato:19-09-2016 16:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:05

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bacciotti1ROMA – “I Paesi poveri ospitano gia’ l’86 per cento dei rifugiati del mondo ma quelli ricchi si rifiutano di allargare le maglie dell’accoglienza: e’ ora di cambiare”. Elisa Bacciotti, direttrice campagne di Oxfam Italia, parla con la Dire mentre al Palazzo di Vetro di New York si apre il vertice mondiale sulle migrazioni. Il punto di partenza del colloquio e’ che, comunque, un incontro ad alto livello e’ un fatto positivo. “Sia il vertice delle Nazioni Unite che il mini-vertice convocato per domani dal presidente americano Barack Obama sono un’occasione di affrontare temi cruciali” riconosce Bacciotti.

Convinta che pero’, anche con il via libera questa sera alla Dichiarazione di New York, “saremmo ancora lontani dall’avviare un’azione concreta a sostegno dei 65 milioni di persone costrette ad abbandonare il proprio Paese da guerre e violenze”. Il rischio, insomma, sarebbero “parole di circostanza senza che siano definiti vincoli e impegni sostanziali” Negli ultimi mesi i segnali sono stati in effetti all’insegna della chiusura. “Unione Europea e Russia si sono opposti all’apertura di nuovi canali di accesso per la protezione internazionale dei rifugiati – sottolinea Bacciotti – mentre gli Stati Uniti non hanno voluto assumere alcun impegno rispetto ai centri di detenzione per minori immigrati attraverso il confine con il Messico”. A dare l’esempio e’ invece il Sud del mondo, sottolinea la responsabile di Oxfam: “I Paesi membri dell’Unione Africana valgono appena il 3 per cento dell’economia globale, ma accolgono circa 24 milioni di rifugiati, un numero straordinariamente elevato”.

Oggi, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, i leader di tutto il mondo si riuniscono per discutere le sfide connesse ai grandi movimenti di rifugiati e migranti. In questo momento storico non esiste per la comunità internazionale tema più meritevole di un’azione globale urgente e coordinata: non vi sono quindi dubbi sull’opportunità di dedicarvi, per la prima volta nella storia dell’Onu, un vertice di così alto livello, per raccogliere l’impegno degli Stati membri verso una risposta comune più coordinata e umana. La bozza di Dichiarazione conclusiva che sarà adottata a New York offre alcuni spunti incoraggianti, pur se espressi in modo piuttosto vago, tra cui l’espressione di solidarietà nei confronti delle popolazioni in movimento, il riconoscimento dell’obiettivo comune di salvare vite umane e l’impegno a garantire “piena protezione ai diritti umani di tutti i rifugiati e migranti, a prescindere dal loro status legale”. Ma al di là delle buone intenzioni e della retorica solenne che spesso accompagna questo genere di appuntamenti, i governi arrivano al Summit privi del necessario senso d’urgenza, confortati anzi dall’aver rimosso già nei negoziati preliminari ogni riferimento a impegni e obblighi precisi di qualsiasi natura, addirittura posticipando al 2018 l’adozione di un piano di misure più concrete.


di Vincenzo Giardina, giornalista professionista

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