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Via D’Amelio, Grasso: “Mancano pezzi di verità, sia fatta giustizia”

ROMA - Il 19 luglio 1992 perse

Pubblicato:19-07-2016 08:30
Ultimo aggiornamento:19-07-2016 08:30

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strage via damelioROMA – Il 19 luglio 1992 perse la vita in un attentato mafioso il giudice Paolo Borsellino. Morirono con lui gli uomini della scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Vennero investiti dall’esplosione telecomandata di 90 chili di esplosivo, di cui era imbottita una 126 rubata e parcheggiata sotto casa della madre di Borsellino, da cui il giudice si era recato in visita, in via D’Amelio a Palermo.

GRASSO: MANCANO PEZZI DI VERITÀ, SIA FATTA GIUSTIZIA

“Ventiquattro anni. Se penso a Paolo, al suo umorismo e alla sua brillante intelligenza, il tempo trascorso da quel terribile pomeriggio di luglio si riduce ad un istante. Ho avuto il privilegio di collaborare con lui e di fare tesoro delle sue intuizioni investigative. Ho avuto, soprattutto, la possibilità di conoscere l’uomo dietro la toga, di godere della sua straordinaria umanità”. Lo scrive su facebook il presidente del Senato Pietro Grasso, in occasione dell’anniversario della strage di Via D’Amelio.

“Paolo era estroverso- aggiunge-, amava la semplicità delle cose a dispetto delle difficoltà di una vita professionale fatta di ostacoli insormontabili, amare rinunce, indicibili calunnie. Umanamente e professionalmente mi ha insegnato tantissimo. Sapeva sempre trovare la forza e le ragioni per continuare nel proprio lavoro, anche quando i rischi connessi alla professione avevano lasciato spazio alla certezza che presto sarebbe stato ucciso”.


“Il ricordo della sua inesauribile tenacia- dice ancora Grasso- mi conforta quando la mente si concentra sui pezzi di verità che mancano per ricomporre la storia dietro la stagione delle stragi: ventiquattro anni diventano improvvisamente un tempo lunghissimo e doloroso, un fardello insopportabile che scuote la coscienza di tutti i cittadini che hanno a cuore il presente e il futuro del nostro Paese”.

“Le vittime innocenti della mafia, gli uomini e le donne delle forze dell’ordine caduti, le persone che facevano il tifo per Giovanni e Paolo ai tempi del maxiprocesso e che non hanno smesso di impegnarsi per la legalità chiedono a gran voce che sia fatta giustizia. Lo dobbiamo a ciascuno di loro, a noi stessi, alla memoria di Paolo e di chi ha perso la vita onorando il rischioso compito di proteggerlo: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Fabio Li Muli”, conclude il presidente del Senato.

MATTARELLA: FERITA GRAVE INFERTA IN CORPO DEMOCRAZIA

 “L’assassinio di Borsellino, delle donne e degli uomini della scorta, costituisce una ferita grave inferta nel corpo della democrazia italiana. L’azione e l’esempio di queste personalità costituiscono un’eredità ricca e positiva, a cui hanno potuto attingere tanti altri servitori dello Stato, e, insieme a loro, numerosi cittadini e tanti giovani. Dobbiamo essere consapevoli di questo patrimonio e impiegarlo perché la vittoria sulla criminalità sia piena”. Lo dice Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

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