NEWS:

Pfas in Veneto, Zaia: “L’acqua delle condotte ora è sicura, la Miteni resta dov’è”

La Regione ha già stanziato 900.000 euro. "Abbiamo installato i filtri e l'acqua potabile è sicura", dice Zaia

Pubblicato:19-01-2017 18:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:49

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

VENEZIA -“L’acqua erogata dagli acquedotti veneti è sicura”. Lo assicura il governatore del Veneto Luca Zaia, facendo il punto sulla questione Pfas e sulle accuse recentemente mosse alla sua giunta in merito, a margine della conferenza stampa convocata oggi a palazzo Balbi, a Venezia. “L’inquinamento è quello del passato”, spiega Zaia, e oggi non c’è più produzione di Pfas, abbiamo installato i filtri e l’acqua potabile è sicura“. La Regione, attraverso un tavolo tecnico presieduto dal direttore generale dell’area sanità Domenico Mantoan, si sta quindi occupando di determinare gli effetti che la contaminazione avvenuta in passato può avere sulla salute. E la relazione al centro della polemica, quella che avrebbe reso furioso Zaia con i suoi assessori, altro non è che un primo risultato di questo percorso di studi e analisi, per cui la Regione ha già stanziato 900.000 euro. E cos’è che ha fatto arrabbiare il governatore? Un’incomprensione. “Quando mi hanno detto che Mantoan l’aveva inviata agli assessori ed era già stata inviata anche alle Procure mi sono tranquillizzato”, minimizza Zaia, ringraziando gli assessori e Mantoan per il lavoro svolto. Tutto fumo e niente arrosto quindi? Sembrerebbe, anche se un punto ancora non è del tutto chiaro.

Secondo Zaia, infatti, quando la relazione dice che è urgente “rimuovere la fonte della contaminazione”, si riferisce all’acqua inquinata che, come verificato, “è la prima causa di contaminazione per l’uomo”. Ma secondo alcuni membri dell’opposizione, grillini in testa, la causa da rimuovere sarebbe la Miteni, l’azienda di Trissino, in provincia di Vicenza, ritenuta la principale responsabile della contaminazione. Il che vorrebbe dire chiuderla o perlomeno interrompere la produzione di sostanze perfluoroalchiliche. Perché, checché ne dica Zaia, la produzione della Miteni non è cessata, semmai si è modificata. Ad essere prodotti non sono più i Pfas a catena lunga, quelli che si trovano nelle falde contaminate perché l’azienda le ha scaricate liberamente per decenni, ma Pfas a catena corta, che alcuni esperti ritengono ancora più pericolosi per l’essere umano, se non altro perché i filtri ora in uso negli acquedotti non riescono a trattenerli. Del resto la relazione tecnica fa un diretto riferimento “all’ipotesi di spostamento della ditta in oggetto”, ovvero della Miteni.

“Sono sorpreso che si siano riaccesi i riflettori sulla questione”, interviene Mantoan, che prova a fare un po’ di chiarezza sulla vicenda. I dati della relazione sono disponibili sul sito dell’Arpav, tanto per cominciare, quindi la trasparenza da parte della Regione è massima. Gli studi epidemiologici effettuati, “in conformità con la letteratura internazionale”, dicono che “i Pfas non causano il cancro ma alterano i metabolismi endocrini”. Ma questo “lo avevamo detto lo scorso ottobre”, ricorda Mantoan, e i dati, che parlano di un aumento del 20% della mortalità per malattie cardiovascolari nelle aree contaminate, “sono una fotografia del passato“, perché si basano sulla mortalità nei dieci anni precedenti e, comunque, “ora le cose sono diverse, ci sono i filtri e la gente non beve più acqua contaminata”.


Lo studio avviato, quindi, “è prospettico e ci aspettiamo che, dato che i Pfas non ci sono più nell’acqua, piano piano diminuiscano anche nelle persone“, spiega Mantoan. Per ora, infine, “possiamo dire che la causa della contaminazione dell’uomo è l’acqua, ma non sappiamo dire che effetto abbiano i pochi nanogrammi che ci possono essere nei cibi” prodotti nelle aree inquinate. Per questo gli studi continuano e, presto, saranno disponibili più informazioni. Ed il Veneto, in questo, è capofila, tanto è vero che “il prossimo 23 febbraio si terrà proprio qui il più grande convegno al mondo sui Pfas”, annuncia Mantoan. Ad oggi, quindi, non c’è nessuna intenzione di chiudere o spostare la Miteni, anche se “nel Piano acque bisognerà fare una riflessione anche su questo tipo di aziende chimiche”, chiarisce Zaia. Ultimo aspetto, infine, quello legale. Anche da questo punto di vista “nessuno può venirci a dire che non ci siamo mossi”. E a dimostrarlo ci sono la recente costituzione a parte offesa della Regione, tutti i documenti presentati nelle varie procure, i tre ricorsi al Tar del Veneto, un ricorso straordinario al capo dello Stato, e due ricorsi al tribunale superiore delle acque pubbliche. Qualcuno altre idee? Le suggerisca pure, perché meglio si può sempre fare. Una riflessione sul fatto che le falde si spostano verso sud al ritmo di circa un chilometro l’anno, ad esempio, potrebbe suggerire di spostare gli acquedotti verso nord, in modo da risparmiare sui filtri, che sono molto costosi, accenna Mantoan, ricordando che il tempo di dimezzamento dei Pfas è di 80 anni“, e che “l’acqua sotterranea di mezza provincia di Vicenza è piena” di queste sostanze.

di Fabrizio Tommasini, giornalista

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it