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Verdure su Marte, le prove partono a febbraio in Oman e parlano italiano

Paolo Nespoli è stato il primo astronauta a mangiare insalata fresca in orbita

Pubblicato:18-12-2017 14:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:00

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ROMA – Il 14 dicembre Paolo Nespoli è tornato sulla Terra e tra i tanti contributi per tecnologia e scienza dati dalla missione ‘Vita’ c’è anche il ‘primato alimentare’ di Astro Paolo, primo italiano a mangiare insalata fresca in orbita. Lo ha raccontato lui stesso a fine ottobre, pubblicando sul suo profilo Facebook la foto dell’equipaggio attorniato da foglie di insalata fluttuanti nella Stazione spaziale internazionale, raccolte poco prima dal collega Joe Acaba.

Una semplice foglia di insalata basta a ravvivare il nostro senso del gusto e rinfrescare le nostre radici terrestri”, scriveva Nespoli, sottolineando l’importanza, anche psicologica, di gustare cibo fresco. Ma da dove arrivava quell’insalata? Sono undici anni ormai che sulla Stazione spaziale internazionale vengono condotti esperimenti legati alla coltivazione di ortaggi. La presenza di un vero e proprio orto extraterrestre è importante soprattutto guardando al futuro, quando sarà necessario coltivare piante nello Spazio per nutrirsi e avere ossigeno durante missioni di lunga durata e magari per impiantare coltivazioni anche su altri pianeti.

Se la Stazione spaziale internazionale progredisce nelle conoscenze in questo campo, la Terra non sta a guardare e lavora su prototipi di orti marziani.


Grazie a una collaborazione tra Agenzia spaziale italiana (Asi), Enea e Università di Milano le tecniche per gli orti spaziali del futuro saranno affinate in Oman, nell’ambito del progetto HortExtreme all’interno della missione internazionale Amadee-18. Per quattro settimane nel Paese della Penisola Arabica cinque astronauti saranno impegnati a fare i conti con cavolo rosso, radicchio e altre microverdure in un sistema di contenimento di 4 metri quadrati. La scelta è ricaduta su quegli ortaggi che non solo assicurano corretti apporti nutrizionali, ma che sono coltivabili anche fuori suolo con sistemi idroponici. Di fatto, si conta su di loro per i futuri viaggi verso Marte.

La sperimentazione parte il primo febbraio nel campo base allestito in Oman, grazie all’impegno dell’Austrian Space Forum (OeWF), coordinatore della missione Amadee-18, alla quale collaborano l’Organizzazione Astronomica dell’Oman ed altre organizzazioni internazionali di ricerca nel campo dell’ingegneria aerospaziale e dell’esplorazione spaziale umana.

Il sito scelto per sperimentare tecniche di sopravvivenza per cavarsela su Marte è il deserto del Dhofar, nel sud-Ovest del Paese e al confine con lo Yemen. Le sue caratteristiche estreme, infatti, lo rendono il posto adatto a simulare la vita su Marte.

L’orto sarà una sorta di grande vassoio con un substrato inerte, in cui le piante riceveranno luce e nutrimento a intervalli regolari. Sull’orto saranno puntate delle microcamere che permetteranno a tecnici e ricercatori del centro ricerche Casaccia dell’Enea di monitorare quotidianamente la produttività e i consumi dell’ecosistema del futuro.

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