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Antonio Monda: “La magia del cinema è inevitabile”

Dall'America alla letteratura, colloquio con direttore artistico della Festa del Cinema di Roma

Pubblicato:18-10-2018 13:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:41

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ROMA – Una madre adottiva, l’America, e due grandi passioni: il cinema e la letteratura. Ruota intorno a questi elementi la vita di Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma, professore alla New York University, scrittore. Un uomo di cultura a tutto tondo. Un uomo che ha radici in Italia, ma che da venticinque anni vive negli Stati Uniti. L’America è dunque la sua seconda patria. “Per me è stata una madre adottiva” dice Monda in un colloquio con l’agenzia Dire (video integrale su www.dire.it) – Lei ha detto che “l’America è spesso stata una promessa mantenuta”. E’ ancora così? “E’ assolutamente così. Parlo in prima persona, ma vale anche per tanti altri. Se tu hai quello che gli americani chiamano il ‘drive’, la forza, la ‘cazzimma’ diremmo a Napoli, l’America ti può mantenere tante promesse. Per me è stata una madre adottiva, non una matrigna. Spesso le madri adottive sono più severe ma poi mantengono le promesse. – C’è una frase nel film ‘Gli incredibili’ divenuta famosa: ‘Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. E’ una frase ancora valida oggi? “Io considero la Pixar uno dei fenomeni più alti degli ultimi anni culturalmente parlando. Il primo anno della mia direzione ho fatto addirittura una retrospettiva tanto li ammiro. Oggi è ancora valida come frasi, più si ha potere più si hanno responsabilità. Parlando della Festa del Cinema, lei ha intrapreso una battaglia culturale per far sì che questo evento non fosse soltanto una sfilata di star sul red carpet e una serie di conferenze stampa, come avviene in altri Festival, per esempio a Venezia.

– Questa è una Festa, che è un’altra cosa. Giusto?


“Ho cercato di interpretare quello che doveva essere in origine, per volontà dei fondatori Walter Veltroni e Goffredo Bettini. Loro l’hanno pensata come festa, ma poi mi sono reso conto che tentare di imitare Venezia sul suo terreno porta a una sconfitta inevitabile. Dico sempre: meglio una Roma di serie A che una Venezia di serie B. Quindi levare tutto quello che somiglia a Venezia, salvo la scelta di buoni film, e cercare di puntare su altre cose, per esempio gli incontri ravvicinati.

– Negli anni passati sono stati proiettati film che poi sono diventati dei grandi successi, penso a ‘Jeeg Robot’, a ‘Moonlight’ vincitore dell’Oscar come miglior film, a ‘Manchester by the sea’, a ‘Tonya’. Quest’anno quali sono i film su cui puntare?

“Certamente il film di apertura ‘Bad Times at the El Royale’, ma ce ne sono tanti. Penso anche ‘If Beale Street Could Take’ del regista di Moonlight, Barry Jenkins.

– Per molti anni in Italia si è fatto un cinema ombelicale, ideologico. Penso agli anni 60 e 70, ma anche agli anni 80. Oggi invece qual è la situazione?

“Direi più gli anni ’80 e ’90. E’ un cinema che sta cambiando, diventato più internazionale. Penso a ‘Suspiria’ di Guadagnino, non ha nulla di italiano se non il regista. Penso al cinema di Sorrentino, Garrone. E’ un cinema che vive grazie ai talenti dei registi un momento molto interessante”.

– Ci sarà un momento, durante la Festa del Cinema di Roma, dedicato ai fratelli Taviani.

“Sono stati dei miei maestri. E’ una cosa che sento come piacere, come dovere. I due momenti sono quello legato al premio che darà Paolo Taviani a Martin Scorsese, e quello al film ‘San Michele aveva un gallo’ da parte sempre di Martin Scorsese.

– La sua passione per il cinema è nata frequentando le sale cinematografiche dopo la morte di suo padre. Ma il cinema è ancora quel luogo magico, dove si condivide un’emozione quando vengono spente le luci?

“Assolutamente sì, anche se tutto sta cambiando con l’avvento di Netflix, Amazon. E’ una condivisione diversa, però quando il flim parte quell’emozione lì è inevitabile”.

– Lei è anche uno scrittore. Si è dato un obiettivo: raccontare un secolo di New York dedicando un libro per ogni decade. ‘Io sono il fuoco’ è la sesta storia della saga, iniziata con ‘l’America non esiste’. Ho letto il libro e spero che le mie impressioni siano giuste: mi è sembrato perfettamente inserito nella migliore tradizione letteraria americana, ho sentito echi di Saul Bellow, che tra l’altro lei ha consciuto. Da questo libro ho sottolineato alcune frasi e mi piacerebbe un suo commento: ‘La cultura senza l’azione e la volontà non è nulla’.

“Questa lo dice una nazista. Però c’è una verità”

– ‘Non esiste rivoluzione che non abbia fallito, e non si sia trasformata in orrore, terrore o mediocrità’

“Tranne una, quella cristiana. Tutte le rivoluzioni hanno mangiato i loro figli, sono finiti nel terrore, anche se delle volte hanno avuto un impatto imprescindbile. La rivoluzione cristiana da duemila anni ancora esiste

– Una delle poche cose che mi ha lasciato mio padre è stato un insegnamento: la noia non può esistere, è un atteggiamento da viziati.

“E’ quello che mi ha detto mio padre. La noia non può esistere, perché nel momento in cui ci si abbatte, si ha il dovere morale di dire cosa posso fare per gli altri”.

– Se lei è d’accordo, prima di chiudere quest’intervista, vorrei farle tre domande che riguardano la letteratura prese dalla rubrica sul New York Times che si chiama ‘By the book’. Quali libri ci sono sul suo comodino?

“‘Il vecchio e il mare’, ‘la Bibbia’ e i ‘Racconti di Isaac Singer'”.

– Qual è l’ultimo grande libro che ha letto?

“La Bibbia, la leggo ogni sera”.

– Quale genere le piace leggere e quale evita?

“Mi piacciono i romanzi storici, evito la fantascienza”.

– Cosa cerca in un libro o in un film?

“Un itinerario morale”.

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