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Il mal di vivere nei minori è all’ordine del giorno e interveniamo troppo tardi

di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’IdO (Istituto di Ortofonologia)

Pubblicato:18-04-2016 08:00
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:32

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di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’IdO (Istituto di Ortofonologia)

“Il mal di vivere e il vivere male dei minori italiani è all’ordine del giorno e purtroppo interveniamo sempre troppo tardi. Le angosce dei bambini, le loro paure, fobie e depressioni non emergono dall’oggi al domani, bensì piano piano. Si stratificano e si radicano nel loro animo fino a portarli a manifestare comportamenti così pesanti che anche i genitori, i medici o gli insegnanti più ciechi non potranno fare a meno di non vedere”. Commenta così, Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, il recente studio pubblicato sull’European Journal of Neuropsychopharmacology, “definito ‘preoccupante’ dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)”, che rivela “un aumento del 40% negli ultimi 7 anni di consumo di psicofarmaci in cinque paesi Occidentali: Usa, Gran Bretagna, Germania, Danimarca e Olanda. I maggiori incrementi si sono registrati nelle fasce d’età tra 10 e 14 anni e tra i 15 e 19 anni e i farmaci più utilizzati sono quelli a base di citalopram, fluoxetina e sertralina. La tendenza è mondiale, anche se meno marcata nei Paesi mediterranei, come l’Italia”.

“L’Italia si è parzialmente salvata grazie ad una cultura che ha teso ad evitare la somministrazione degli psicofarmaci nell’infanzia e nell’adolescenza. Questo ci ha salvaguardato negli anni, ma non possiamo più nascondere il fatto che sempre più bambini stanno male emotivamente, sono angosciati e depressi. Un disagio determinato da una società molto cambiata nel tempo- afferma Castelbianco- in cui i tanti valori che prima facevano da riferimento sono andati perduti, provocando uno sbandamento negli adulti e, di conseguenza, anche nei bambini”.


A fronte di questo problema che sta esplodendo vi sono due possibilità: “Una è l’intervento psicoterapico, l’altra quello psicofarmacologico- prosegue lo psicoterapeuta- che è il più immediato, veloce e meno costoso, ma non è la soluzione”. Sebbene in alcuni casi possa risultare “anche necessario, perché aiuta i minori ad uscire velocemente da una situazione drammatica- sottolinea l’esperto- non dimentichiamo che gli effetti provocati dalle sostanze chimiche non durano nel tempo e creano dipendenza. Si pensi che negli Stati Uniti lo stato umorale e la qualità della vita di molti minori dipende sempre di più dalle pasticche che assumono quotidianamente. Non è la soluzione- ripete Castelbianco- ma un comportamento di ripiego che purtroppo molti specialisti hanno adottato”.

L’altra tipologia di intervento, “che dovrebbe essere obbligatoria sui bambini, è quella psicologica- afferma l’esperto- però questo approccio richiede la collaborazione in primis dei genitori e poi della scuola. Non è così semplice, anche se in verità i bambini hanno una capacità di resilienza e di recupero che noi adulti possiamo lontanamente immaginare”. Eccolo il paradosso secondo lo psicologo: “Nonostante l’intervento psicoterapico avrebbe grandi risultati con i minori, si tende ad utilizzare la pillola, la molecola, per velocizzare la loro ripresa. Si dovrebbe intervenire in modo diverso”.

A monte, secondo Castelbianco, bisogna guardare alla qualità della vita: “Dobbiamo evitare di arrivare a registrare questi picchi di depressione, questo malessere così diffuso. Ma soprattutto non è corretto spezzettare in etichette diagnostiche diverse casi clinici che sottendono una sofferenza di altra natura e che non si vuole vedere: dietro moltissimi comportamenti alimentari a rischio c’è un fondo depressivo e l’intervento deve essere preventivo, agire subito, ai primi segnali manifestati dai minori”. La reazione è invece differente: “Non li aiutiamo perché, come società, tendiamo a sovra diagnosticare e ad etichettare qualunque comportamento- denuncia lo psicoterapeuta- fermandoci al primo disagio e pensando che quello sia il problema. La vera causa sottostante ha generalmente una matrice diversa, basti vedere l’esplosione dei disturbi specifici di apprendimento (Dsa). Oggi sembra ci sia un’epidemia che riguarda poco la dislessia, ma ha tanto a che fare con un disagio giovanile”.

Lo psicoterapeuta sfata infine un luogo comune: “Il depresso non è il bambino che sta spento e abbattuto in disparte. La depressione si può manifestare in modalità molto più euforiche, anche, come dicevo poc’anzi, attraverso l’anoressia e la bulimia. Quanti bambini obesi inoltre ci sono oggi e non solo? Parliamo anche di come sono aumentati i comportamenti oppositivo provocatori, i comportamenti dirompenti, i Dsa, l’Adhd. Tutti dovremmo fare un passo indietro e non dobbiamo individuare la sintomatologia- conclude Castelbianco- ma capire cosa essa sottende, per riprendere in mano le file di una qualità di vita nell’infanzia e nell’adolescenza per agire in tempo e prevenire la depressione”.

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