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VIDEO | Cinema, il regista Hossameldin: “Vi racconto la paura dei migranti”

Il suo cortometraggio 'Yousef' premiato a settembre alla Mostra del cinema di Venezia e al concorso MigrArti.

Pubblicato:17-11-2018 14:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:47

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Jean Christophe Folly, Giulia Bellotti e Francesco Falchetto attori protagonisti rispettivamente di “Yousef”, “Il passo” e “Sotto terra”.


ROMA – Uno chef di successo, cittadino italiano. Che ha la pelle nera e una notte è sopraffatto dal dubbio: aiutare chi ha subito violenza o fuggire, nel timore di essere accusato ingiustamente, vittima di pregiudizi e paure? È la trama di ‘Yousef’, un cortometraggio di Mohamed Hossameldin. Quattordici minuti premiati a settembre alla Mostra del cinema di Venezia, al concorso MigrArti, e ora in programma ad Ancona, al festival internazionale Cortodorico.

“E’ cominciato tutto con la notizia di un ragazzo di colore che mentre era a una festa di paese ha visto un tricolore italiano in fiamme” spiega Hossameldin, origini egiziane, 35 anni, da 20 a Roma, ospite dell’agenzia ‘Dire’. “D’istinto è corso verso la bandiera ma poi improvvisamente si è fermato, per timore di essere aggredito magari con l’accusa di aver appiccato il fuoco”.

Prodotto da Premiere Film e Smile Vision, con Daniele Ciprì direttore della fotografia, il montaggio di Miriam Palmarella, le musiche di Federico Landini e le fotografie di scena di Giovanni Stella, ‘Yousef’ è centrato su quel momento di dubbio e di sgomento. “Chiunque altro avrebbe saputo qual’era la cosa giusta da fare” dice Hossameldin tornando al suo protagonista, interpretato dall’attore francese Jean Christophe Folly.

Nel corto domina la paura e, di più, l’angoscia. Epperò Hossameldin, alle spalle un lavoro da video-operatore con ‘Sky’ e ‘Mediaset’ e una laurea alla Rome University of Fine Arts, non se le sente di dire che siamo senza speranza. Al contrario, si confida “ottimista”.

La storia di Hossameldin

Un sentimento che si spiega con i suoi 20 anni in Italia, un Paese che “non si può definire certo razzista, nonostante Macerata e altri fatti gravissimi, comunque rari”. E’ un ottimismo cresciuto giorno dopo giorno, da quando all’età di 14 anni lasciò Alessandria d’Egitto per raggiungere stabilmente i genitori in Italia.

“In tanti provano come una vertigine” sorride Hossameldin. “Sentono la cadenza romana e che mi chiamo Mohamed e allora dicono: ‘Non puoi essere italiano'”. E il cinema, magari quello delle prime o delle seconde generazioni migranti, può dare un contributo? “Offre un punto di vista differente” risponde Hossameldin; “Può aiutare chi ha un’idea confusa degli immigrati o di coloro che hanno un nome diverso come il mio ma un accento romano”.

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