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Il mare Adriatico? Per le tartarughe è ‘prelibato’, ogni anno ne arrivano 75.000

A Riccione c'è anche l'ospedale delle tartarughe, che ha 42 posti letto. Quest'anno ne hanno curate 58

Pubblicato:17-10-2017 14:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:47

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BOLOGNA – Un mare di tartarughe. Ce ne sono 75.000 nell’Adriatico. E il perchè si trovino tanto ‘bene’, specie tra Trieste, Ravenna e il Conero, è presto detto: che la Romagna sia terra di buon cibo e di pesce saporito lo sanno in tanti, ma lo sanno benissimo anche le decine di migliaia di tartarughe marine che ogni anno nuotano per centinaia di miglia per raggiungere l’alto Adriatico. Non per deporre le uova, ma per alimentarsi e nutrire i piccoli.

Si tratta infatti di un mare poco profondo, ricco di crostacei, una sorta di ‘self service’ per le tartarughe marine. Le loro possenti mascelle possono frantumare senza problemi i gusci duri dei granchi, dei ricci di mare, dei bivalvi ma più frequentemente mangiano spugne, meduse, cefalopodi, gamberetti e pesce. In questa zona dell’Adriatico si possono vedere spesso, durante tutto l’anno, soprattutto d’estate, ma anche nei mesi autunnali e talvolta d’inverno. E così le ultime rilevazioni dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ne censiscono circa 75.000.

TRA IL CONERO E TRIESTE CENSITE TRA I 25.000 E I 75.000 ESEMPLARI

Spiega Sauro Pari, presidente della Fondazione Cetacea onlus con sede a Riccione: “Nell’area tra il Conero e Trieste sono state censite tra le 25.000 e le 45.000 tartarughe, prevalentemente della specie Caretta caretta, rettili che nascono nello Ionio, nell’Egeo e nel nord Africa e che poi vengono ad alimentarsi nel nostro mare. Si possono vedere soprattutto in estate, oltre le 12 miglia, e specialmente quando c’è il sole”. Mangiano alghe, meduse e granchi. “Ma sono golosissime anche di cozze e vongole, e per questo motivo una della zone di maggior concentrazione di tartarughe sono le aree in cui sono presenti gli allevamenti di mitili, una sorta di self service per questi simpatici animali”.


SE UNA RETE O UN SACCHETTO POSSONO SIGNIFICARE MORTE

Ma il mare Adriatico nasconde anche non poche insidie per le tartarughe. Sono diversi, infatti, i problemi per questi animali marini: possono finire intrappolati nelle reti dei pescatori o ingerire un sacchetto di plastica credendolo una medusa. E finiscono (anche loro) all’’ospedale’. “Il nord Adriatico è un’area di svernamento e di foraggiamento di tartarughe, sia adulte sia giovani- spiega Carla Ferrari, direttore della Struttura operativa Daphne dell’Arpae dell’Emilia-Romagna- e l’interesse del ministero Ambiente, con il coinvolgimento delle Regioni, è rivolto a salvaguardare la tartaruga marina.

SERVE UN MONITORAGGIO DEI RIFIUTI

Pertanto le azioni da mettere in campo sono l’utilizzo di apparecchiature da installare nelle reti a strascico per impedire la cattura accidentale di tartarughe e l’individuazione di aree di tutela in Adriatico per aumentare le aree di salvaguardia. Per quanto riguarda la rilevazione della presenza di plastica, in applicazione al Decreto Strategia Marina stiamo monitorando la presenza di rifiuti sulle spiagge, arrivati a seguito di mareggiate, i rifiuti abbandonati sul fondale marino, in particolare le reti da pesca abbandonate che diventano trappole per pesci, tartarughe e delfini, e anche i rifiuti presenti nello strato superficiale del mare, in particolare il microlitter, cioè materiale solido di dimensioni inferiori ai cinque millimetri microplastiche che tendono ad accumularsi preferibilmente sulla superficie del mare”.

L’OSPEDALE DELLE TARTARUGHE DI RICCIONE

A Riccione, aggiunge ancora Pari, c’è l’Ospedale delle Tartarughe, con 42 “posti letto” (vasche singole, altrimenti si azzuffano) e che costa ogni anno circa 180.000 euro tra strutture e cure, compresa la tac. Quando i pescatori o le Capitanerie segnalano una tartaruga in difficoltà, “la curiamo e poi, se sopravvive la liberiamo ancora in mare”. Quest’anno, prosegue Pari, “abbiamo curato e poi liberato ben 58 tartarughe, circa 550 negli ultimi dieci anni. Da più di 20 anni Cetacea rappresenta un punto di riferimento per le Capitanerie di Porto e per le autorità e fornisce un servizio che si è talmente radicato sul territorio da essere ormai considerato ‘servizio pubblico’, ma senza nessun sostegno economico che dal pubblico provenga”.

IL CENTRO DI RECUPERO ANIMALI MARINI

Oltre all’Ospedale delle tartarughe, la Fondazione Cetacea gestisce “Adria”, centro di recupero animali marini e di divulgazione sul mare Adriatico. Il Centro, oltre alle strutture di ricovero degli animali malati o feriti, ha diverse sale espositive, una sala video, un laboratorio didattico, una sala conferenze e una biblioteca specializzata. Si tratta di un centro aperto al pubblico che, per la sua specificità, viene inserito anche in pacchetti turistici e didattici come fa Giratlantide, tour operator di Cervia: “La visita al Centro Adria è ben inserita nei nostri pacchetti- spiega Cristina Pagliarani, direttore tecnico dell’agenzia viaggi- e negli ultimi due anni é aumentato il numero di scolaresche italiane (primarie e secondarie di primo grado) che hanno scelto per i loro viaggi di istruzione percorsi di tre giorni-due notti che prevedono la conoscenza dell’ecosistema marino costiero”.

Nel 2012, inoltre, la Regione Emilia-Romagna, sollecitata da Fondazione Cetacea, ha istituito una Rete regionale per la tutela delle tartarughe marine: hanno siglato l’intesa anche l’Università di Bologna, l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, le Capitanerie di porto di Ravenna, Rimini e Porto Garibaldi, i Carabineri Forestali, Arpae Daphne e le diverse fondazioni da anni impegnate nella tutela dell’ambiente, come il Centro ricerche marine di Cesenatico. La Rete emiliano-romagnola è in stretta sinergia operativa con le Reti di Veneto, Marche e Abruzzo per una visione complessiva dell’intero bacino Adriatico sul piano delle problematiche legate alla tutela delle tartarughe marine. “Una ampia collaborazione operativa, anche grazie alla collaborazione dei pescatori- aggiunge Pari- ma ci sosteniamo unicamente col volontariato e le donazioni dei privati, compreso il 5 per mille e le adozioni online (‘Adotta una Tartaruga’) delle tartarughe che salviamo”.

LA TARTARUGA, TRA MITO E SIMBOLOGIA

La tartaruga, rettile presente sulla terra sin dal tempo dei dinosauri, è considerato un animale portafortuna, un protettore della terra e della razza umana. Gli antichi romani proteggevano le avanzate belliche con gli scudi disposti a testuggine. Regalare a qualcuno una tartaruga di legno significa augurargli lunga vita e Valentino Rossi ne ha cucita una di pezza sulla sua tuta da motociclista. La tartaruga ha da sempre un ruolo simbolico importante: è nota per la sua lentezza ma la sua caratteristica più importante è la longevità. Quando si pensa alla simbologia della tartaruga, i primi due termini che vengono in mente sono la saggezza (una specie che ha assistito ai più importanti cambiamenti di sempre, ha sicuramente accumulato una buona esperienza e la giusta dose di saggezza) e l’immortalità (esiste da circa 215 milioni di anni ed era presente quando i dinosauri nacquero).

Saggia, perchè vecchia e portatrice di ideogrammi sul guscio, la tartaruga è considerata il mitologico inviato del cielo. Le quattro zampe svolgono naturalmente la funzione di pilastri; esse sono gli stabilizzatori delle isole del Cosmo. 

Il significato della tartaruga presso i Maya era legato alle stelle e alle costellazioni. Il guscio della tartaruga costituisce una rappresentazione della volta celeste.

La tartaruga secondo i Nativi Americani rappresenta la Madre Primordiale. Una leggenda vuole che, quando la moglie del Padre Cielo cadde sulla terra, un castoro recuperò della terra dal fondale dell’oceano e la posò sul guscio della tartaruga. La Dea cadendo su questo soffice pezzo di terra si salvò e così nacque il continente. Non a caso i Nativi Americani chiamano il Nord America Turtle Island. Il suo particolare guscio inoltre veniva visto come simbolo del movimento lunare e, ancora una volta, collegato al potere femminile. Il significato del guscio della tartaruga deriva proprio dal suo particolare disegno. Le 13 forme più grandi sono le 13 lune piene dell’anno. Le 28 forme piccole, sul perimetro, sono i 28 giorni del calendario lunare.

Secondo la mitologia Indù, la raffigurazione più comune è quella della tartaruga che sorregge sul guscio un elefante, il quale a sua volta regge il mondo. L’elefante è il principio maschile, la tartaruga quello femminile. Insieme rappresentano l’unione degli opposti, rappresentano lo yin e lo yang.

Il simbolo della tartaruga dalle dimensioni cosmiche che solleva il mondo è famoso anche grazie alla mitologia cinese. In Cina la tartaruga è uno dei 4 esseri sacri, insieme alla Fenice, il Dragone e l’Unicorno. Essa rappresenta la lunga vita, l’ordine immutabile e l’invulnerabilità . La vedono come essere profetico e saggio, il suo carapace veniva utilizzato per scopi divinatori a causa dei suoi disegni.

In Africa il simbolo della tartaruga è collegato alla fertilità  maschile. Essa simboleggia la protezione dai malefici e dalla magia nera, la saggezza e la potenza. Secondo molti popoli la tartaruga era un antenato e tutte le case ospitavano una tartaruga. Quando mancava il patriarca era il rettile a dover ricevere il primo boccone del pasto e la prima sorsata d’acqua del giorno.

Nella mitologia giapponese, la tartaruga sorregge la dimora degli Immortali insieme alla montagna cosmica che fa da collegamento alla terra e il cielo. E’ proprio qui che si vanno a incrociare i 4 punti cardinali. La tartaruga era la dimora delle anime fino a quando non si sarebbero nuovamente incarnati, al termine del ciclo di vite, poi ci sarebbe stato il Nirvana.

In Polinesia credevano che il disegno della tartaruga fosse la mappa che conducesse il percorso che l’anima doveva fare dopo la dipartita del corpo. Nel sud Pacifico era considerata la divinità  di tutto l’oceano ma veniva anche associata alle Pleiadi. Questa stessa simbologia la troviamo anche tra il popolo delle Hawaii.

Per gli antichi Greci, invece, la tartaruga era collegata a Venere e quindi all’amore, a Mercurio e alla procreazione.

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