ROMA – Sono 855 le persone intercettate e riportate a riva dalla Guardia costiera libica da inizio anno nel Mar Mediterraneo: i dati sono contenuti in un documento pubblicato dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), che evidenzia per il 2019 una diminuzione di interventi e ritorni. Nello stesso periodo dell’anno scorso le persone riportate sulla costa libica erano state 3.622.
La maggior parte di questi, 27.200, si concentrano nell’area urbana di Bengasi, 189mila sono invece rientrati nel proprio territorio. I profughi di altre nazionalità in cerca di asilo all’estero sono 57.050. Di questi il 41 per cento sono siriani, il 19 per cento sudanesi e il 15 per cento eritrei. Secondo lo studio, la maggioranza degli sfollati incontra difficoltà nell’accedere a un rifugio sicuro e dignitoso, nell’usufruire di cure mediche, nell’accesso all’istruzione scolastica e ai servizi essenziali. Inoltre, secondo Unhcr, molti rifugiati sono esposti a rischi connessi a ordigni bellici che si trovano in aree urbane.
L’Alto commissariato, che si occupa di rilevare i casi di persone a rischio nei centri di detenzione, durante 245 visite di controllo ai carceri, ha registrato negli ultimi sei mesi 4.177 individui, di cui 736 detenuti nel centro ‘Abu Salim’ a Tripoli. Questa settimana Unhcr ha rilevato 147 persone a rischio nel centro di Qasr Bin Ghashir. L’Alto commissariato evidenzia infine che l’insicurezza generale in Libia è la ragione di preoccupazione principale delle persone assistite.
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