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Banksy, Blu e tutti gli altri, al via a Bologna la mostra della discordia

BOLOGNA - Tra contestazioni già avvenute e altre che si

Pubblicato:17-03-2016 16:44
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:24

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graffiti5_The_Death_of_GraffitiBOLOGNA – Tra contestazioni già avvenute e altre che si prospettano, forse già stasera al vernissage, a Bologna a Palazzo Pepoli, inaugura la mostra “Street art, Banksy & co.“. La stessa definita da chi l’ha voluta e difesa, il presidente di Genus Bononiae, Fabio Roversi Monaco, come la “prima esibizione in Europa su questa forma d’arte“. Da domani e fino al 26 giugno, dunque, nelle sale del Museo della storia di Bologna, si potranno vedere moltissimi graffiti e murales che arrivano da tanti luoghi, compreso il Museo della città di New York. Il biglietto costa 13 euro, il ridotto 11. Chi deciderà di vederla, si troverà di fronte non solo le opere di Blu, lo street artist di Senigallia che, grazie alla cancellazione dei suoi graffiti bolognesi (proprio per contestare questa mostra), da sabato è salito agli onori delle cronache nazionali e internazionali. Ma anche nomi già entrati nella storia e presenti nei musei di tutto il mondo, a partire da Keith Haring. E ancora, Dondi White, Lady Pink, e Bansky, ormai conosciuto ovunque, e gli Os Gemeos, Invader, Dran, Ron English, Obey, Swoom, Daim, ovviamente i ‘bolognesi’, come Cuoghi Corsello, Rusty, Dado. Sono tre, infatti, le sezioni della mostra: nella “Città dipinta” si trovano per esempio, ‘Love is in the air‘ e ‘Girls with gas mask‘ di Banksy, nella “Città scritta” c’è, appunto, un omaggio agli artisti che hanno operato molto sotto le Due torri, mentre la “Città trasformata” porta a Bologna la collezione che Martin Wong nel 1994 donò al Museo della città di New York.

graffiti2All’affollata conferenza stampa di presentazione, condita dalla presenza della polizia fuori dal Palazzo, stamane, c’era infatti il curatore del museo newyorchese, Sean Corcoran, il quale ha parlato della collezione statunitense come di un modo per capire e studiare la street at degli anni Settanta e ottanta della Grande Mela. Un’aspirazione che i promotori e i curatori (Christian Omodeo e Luca Ciancabilla) di “Street art” fanno propria e rivendicano, in particolare di fronte a chi, come Blu e i centri sociali bolognesi, protestano per le opere strappate dai muri cittadini e portate dentro le mura di un museo. Roversi Monaco, infatti, che stamane ne ha avute per tutti gli oppositori, ironizza sulle potenziali ulteriori contestazioni: “Mi contestano dagli anni Ottanta, se continueranno a farlo vorrà dire che servirà a ringiovanirmi”, chiosa.

di Angela Sannai, giornalista professionista


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