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Parte ‘I ragazzi del Bambino Gesù’, dieci puntate su Raitre

Storia di dieci giovani affetti da una grave malattia, delle loro famiglie, dello staff medico, in un intenso e autentico viaggio alla ricerca della guarigione

Pubblicato:17-02-2017 17:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:55

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ROMA  –  Un documentario in dieci puntate, ideato da Simona Ercolani e prodotto da Stand by me, da domenica 19 febbraio alle 22.50 su Rai3: con ‘I ragazzi del Bambino Gesù – Ospedale pediatrico’ per la prima volta l’ospedale Bambino Gesù apre le porte per mostrare la ‘sua’ quotidianità, per raccontare la storia di dieci giovani affetti da una grave malattia, delle loro famiglie, dello staff medico, in un intenso e autentico viaggio alla ricerca della guarigione.

Il progetto è patrocinato dal ministero della Salute e dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. “Il nostro impegno in Rai è riuscire ad essere universali– ha detto Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale Rai, in occasione della conferenza di presentazione- riuscire a parlare a tutti. Nel raccontare, è fondamentale per le generazioni nuove, l’elemento di autenticità che si sposa con il tipo di racconto che c’e’ dal punto di vista della modalità”. 

Daria Bignardi, direttore di Rai3, ha parlato di un progetto “che coinvolge profondamente, nato e cresciuto con tanta passione. Le 10 puntate sono un viaggio con i dieci ragazzi“, anche se in certe situazioni “è facile cadere in retorica, noi abbiamo messo tutta la nostra passione e delicatezza e attenzione attorno a questo progetto”. Simona Ercolani ha invece avuto l’idea del programma: “Sono molto emozionata- ha detto- questo è un progetto nato un anno fa, ma che però abbiamo coltivato per tanto tempo. È poi sbocciato il fiore”. Quando Filomena Albano, la Garante per l’Infanzia e Adolescenza ha saputo del progetto ha provato “un commosso onore, perché si è pensato all’Autorità Garante, figura nuova che esiste solo dalla fine del 2011, istituita in attuazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo”.


Roberto, Klizia, Annachiara, Flavio, Giulia, Caterina, Sabrina, Simone, Alessia e Sara. Sono loro i ragazzi del Bambino Gesù: il documentario racconta i protagonisti alle prese con la malattia, ne tratteggia il carattere, i progetti che avevano prima di ammalarsi e ne custodisce anche quelli futuri. Le telecamere che per un anno intero hanno seguito le loro vicende: l’ospedale Bambino Gesù affiancherà alla messa in onda delle puntate un’attività di comunicazione online con l’obiettivo di fornire una corretta e tempestiva informazione sanitaria agli utenti, collegata ai temi affrontati in ogni serata.

All’indomani di ogni puntata verrà attivata sulla pagina Facebook dell’ospedale una diretta video con un pediatra e uno specialista, per rispondere alle eventuali domande del pubblico sulle questioni sanitarie emerse dal racconto. Inoltre, sul portale verranno pubblicati articoli sanitari, faq e informazioni di servizio per le famiglie rispetto alle patologie o alle questioni affrontate in ogni puntata. I contenuti verranno anche condivisi attraverso i canali social dell’ospedale. Una selezione di questi contenuti sanitari verrà raccolta e pubblicata nel magazine digitale ‘A scuola di salute’, realizzato dall’Istituto per la salute del Bambino Gesù per genitori e insegnanti. ‘A scuola di salute’ dedicherà un numero speciale a ogni puntata del documentario.

ALBANO: ‘RAGAZZI BAMBINO GESÙ’ ESEMPIO CAPACITÀ RESILIENZA

“Quando la malattia tocca un bambino, un ragazzo, la sofferenza e il dolore dilatano la loro portata, spesso separando le famiglie, sfaldando gli affetti. Il documentario spiega, con sapienza e delicatezza, che la malattia non è un tabù, e che si può raccontare con grande rispetto, tanto da potersi trasformare in una condizione che attiva meccanismi di coraggio e di solidarietà”. Ha aperto così la Garante per l’infanzia, Filomena Albano, il suo intervento alla conferenza stampa.


“L’Autorità garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha patrocinato questo progetto perché vuole sostenere un lavoro di squadra, durato oltre un anno, che non solo ha coinvolto i ragazzi, veri protagonisti, ma anche le famiglie, l’ospedale, i medici. Questo progetto rappresenta una testimonianza di come sia possibile attraversare il dolore e raccontarlo attraverso l’esperienza autentica e condivisa. Ci racconta della capacità di resilienza dei più piccoli, così capaci di rispondere con speranza e coraggio alle situazioni avverse, soprattutto quando non sono soli e sanno di avere amore e sostegno al fianco. Emerge il valore trasformativo della malattia, che diventa occasione di comprensione, speranza, coraggio e saggezza. Aiuta a capire come sia possibile realizzare un progetto comune per attraversare la sofferenza e scoprire come, dentro le pieghe del dolore, sia possibile intercettare la speranza e la bellezza della vita. Ed è bello che si possa parlare di questo- conclude Albano- attraverso la televisione, perché così si attribuisce un valore educativo anche ai mezzi di comunicazione tradizionali”.

 ENOC: ‘I RAGAZZI DEL BAMBINO GESÙ’ SFIDA DA RACCOGLIERE

Una sfida “forte”, ma soprattutto una sfida “da raccogliere”. A parlare è Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù, a margine della presentazione de ‘I ragazzi del Bambino Gesù’

“Una sfida forte- ha ribadito all’agenzia DIRE- È stata una sfida lasciare entrare le telecamere in ospedale, che i ragazzi raccontassero il loro dolore. Qualcuno dice ‘usi il dolore dei bambini’, questo mi rende molto triste perché non è così. Vorrei che questo ospedale creasse invece fiducia e serenità. I ragazzi possono aiutarti a credere nel meglio. Non è l’ospedale che ha cercato la Rai”. Quando è nato il progetto “ho detto sì, come i medici e le famiglie. La Rai lo ha voluto e il ‘Bambino Gesù’ ha detto ‘perché no?'”. Fin dal primo momento Enoc ha creduto in questo progetto: “Ho detto sì, vedo sempre la parte positiva delle cose. Ho visto che questo poteva essere uno strumento per comunicare. I dubbi mi sono venuti dopo, questo è un mondo in cui vivo anche io e non è facile, ma ho avuto l’adesione dalla Comunicazione del Vaticano, del ministero e dalla Garante dell’Infanzia. Ho capito che non stavo facendo un errore. Io ci credo”. In Italia, continua, “c’è buona sanità, ci si può curare bene. Certo, i bambini muoiono anche al Bambino Gesù, purtroppo, ma mi era sembrata una sfida da raccogliere per narrare il bene. Lo sento molto, ho bisogno di narrare il bene. Non in maniera pietistica ma in maniera in cui si percepisce che ci sono positività. I ragazzi? L’hanno vissuto molto bene, loro hanno deciso di raccontarsi, sono stati seguiti da psicologici e neuropsichiatri. Ho detto loro di non pensare che sono stati attori, ma portatori di una missione”.

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