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Il test di medicina? Chiede la percentuale dell’omosessualità. Gay Lex contro Ateneo Torino

Una domanda del test di medicina dell'Università di Torino ha fatto infuriare la comunità Lgbt

Pubblicato:16-11-2017 06:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:54

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BOLOGNA – “Qual è la stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?“. E’ questa la domanda, fatta agli aspiranti medici nelle università italiane, che in queste ore sta facendo indignare la comunità lgbt. A denunciare il fatto, ieri, sono stati Cathy La Torre, avvocato di Gay Lex, e Marco Grimaldi, segretario di Sinistra Italiana in Piemonte, che hanno pubblicato su Facebook una foto del quesito.

“Abbiamo avuto, in forma anonima, una delle domande del test progress sottoposta ieri a 33.000 studenti di Medicina– spiega La Torre sui social- i test progress sono somministrati a tutti gli studenti di medicina per valutarne i progressi nell’apprendimento”. Una delle domande è proprio questa: “Quali delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?”.


Il quesito, sottolinea La Torre, è inserito nella sezione del test in cui si parla didiagnosi, genetica, malattie e comportamenti da tenere dinnanzi a certe malattie. Dunque vogliamo sapere, e lo pretendiamo, se la comunità medica italiana ritiene ancora che l’omosessualità sia una malattia. Vogliamo sapere che senso ha chiedere a dei futuri medici la stima dell’omosessualità nell’uomo“.

La Torre si domanda se, allo stesso modo, venga chiesta anche “la stima della eterosessualità dell’uomo. Perché è bene ricordare che eterosessualità e omosessualità sono entrambe ‘varianti’ naturali del comportamento umano”. Dunque, insiste l’avvocato di Gay Lex, “pretendiamo una risposta dalla conferenza dei presidi delle Facoltà di Medicina: perché questa domanda nel 2017? Non certo per rendere medici e scienziati persone migliori e con meno pregiudizi”. La Torre invita infine tutti i suoi contatti a condividere la denuncia. “Indignarci e chiedere spiegazione è una delle poche armi nelle nostre mani”, afferma.

di Andrea Sangermano, giornalista professionista

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