ROMA – Nel biennio 2015-2016 l’economia è tornata a crescere nel Mezzogiorno, dopo sette anni di contrazione: il Pil in volume è aumentato del 2,4%, un valore superiore a quello medio nazionale (+1,9%). Così l’Istat nel ‘Rapporto annuale 2018’.
In Italia la crescita è andata consolidandosi nel 2017: il Pil è cresciuto dell’1,5% (+0,9% nel 2016). Come nel 2016, a sostenere la ripresa sono stati gli investimenti fissi lordi, con un contributo di 0,6 punti percentuali; positivo anche il contributo della domanda estera netta (0,2 punti percentuali) che nel 2016 aveva frenato la crescita in egual misura.
È proseguita la risalita dei consumi delle famiglie. Il volume della spesa delle famiglie residenti è aumentato dell’1,4%, un ritmo analogo a quello del 2016. Nel 2017 l’Italia ha beneficiato della ripresa del commercio internazionale. Il volume delle esportazioni di beni e servizi è cresciuto del 5,4%, quello delle importazioni del 5,3%. L’avanzo commerciale è stato di 47,5 miliardi, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (49,6 miliardi). Al netto dei prodotti energetici, l’avanzo è invece cresciuto da 76,2 a 81,0 miliardi.
L’espansione dell’attività ha interessato tutti i settori produttivi, a eccezione dell’agricoltura: l’aumento del valore aggiunto è più marcato nell’industria in senso stretto (+2,1%), pari all’1,5% nell’insieme delle attività dei servizi, moderato nelle costruzioni (+0,8%). La produzione industriale è aumentata del 3,6% (al netto degli effetti di calendario), rispetto al +1,9% nel 2016. Questo andamento ha interessato tutti i raggruppamenti di industrie ed è stato particolarmente intenso per i beni di consumo durevoli (+5,3%) e per i beni strumentali (+5,1%). Per la prima volta dal 2008, l’indice della produzione nelle costruzioni ha mostrato una variazione positiva (+0,8%, al netto degli effetti di calendario), con un andamento particolarmente vivace negli ultimi mesi dell’anno. Nel 2017 la crescita del valore aggiunto nei servizi di mercato è stata sostenuta in tutti i comparti. Le variazioni più elevate si sono registrate nel comparto dell’alloggio e ristorazione (+4,5%), nella logistica (+3,1%) e nel commercio (+2,3%).
Nel 2017 il numero dei disoccupati diminuisce del 3,5% (-105 mila), rafforzando la contrazione già segnalata nel 2016. Questa tendenza si rispecchia nella contestuale diminuzione del tasso di disoccupazione, che passa dall’11,7% del 2016 all’11,2%. Il tasso di occupazione cresce (ed è il quarto anno consecutivo), arrivando nel 2017 al 58%, ma è ancora lontano dai livelli pre crisi: c’è ancora una distanza di 0,7 punti percentuali, infatti, rispetto al valore del 2008 ed è lontano dalla media Ue.
Per il quarto anno consecutivo si riducono gli inattivi tra i 15 e i 64 anni, che nel 2017 sono sotto i 13,4 milioni. Il calo è stato meno intenso rispetto al 2016 ma comunque rilevante (-242 mila unità, -1,8%); rispetto al 2008 se ne contano quasi un milione in meno. I giovani tra i 15 e i 29 anni non occupati e non in formazione (Neet) scendono sotto i 2,2 milioni. Dopo il forte calo registrato nel 2016, la diminuzione è più debole nel 2017 (-25 mila, -1,1%), alimentata in gran parte dalle donne. Il segmento più numeroso tra i Neet è comunque costituito da persone in cerca di occupazione (898 mila persone, il 41,0% del totale).
Nel 2017, per il secondo anno consecutivo, in Italia aumentano gli occupati di 15-34 anni (+0,9%). Il tasso di occupazione cresce in tutte le classi di età, attestandosi al 40,6% tra i giovani di 15-34 anni (+0,7 punti percentuali), al 73,0% tra i 35-49 anni (+0,6 punti) e al 59,2% tra i 50 e i 64 anni, tra i quali si segnala l’aumento più consistente (+1,1 punti).
Si conferma il ruolo dell’istruzione quale fattore protettivo: nel 2017 il tasso di occupazione cresce per tutti i livelli di istruzione, ma l’incremento più elevato è per i laureati, che hanno quasi recuperato il livello del 2008 (-0,3 punti). Nel 2017 risultano occupati quasi otto laureati su dieci, due diplomati su tre e solo quattro persone su dieci con la licenza media.
Il riavvicinamento del taso di occupazione ai valori del 2008 si deve quasi esclusivamente alla componente femminile, che è in crescita (+1,7 punti dal 2008 in confronto a -3,1 degli uomini). Resta il fatto, però, che l’Italia continua a caratterizzarsi per un tasso di occupazione femminile più basso della media europea (48,9% contro 62,4%). E’ l valore più basso dopo la Grecia.
Il saldo migratorio, positivo da oltre vent’anni, si contrae ma è in lieve ripresa negli ultimi due anni (stimato in 184 mila unità nel 2017): le immigrazioni dall’estero si sono ridotte da 527 mila iscritti in anagrafe nel 2007 a 337 mila stimati nel 2017. Le emigrazioni per l’estero invece sono triplicate, passando da 51 mila a 153 mila.
Per quanto riguarda le migrazioni interne, sono diminuite quelle dal Mezzogiorno verso il Centro-nord, mentre aumentano quelle dal Sud verso l’estero. Tra il 2012 e il 2016 gli spostamenti dal Mezzogiorno verso le regioni centro-settentrionali si riducono da 132 a 108 mila; al contrario, l’intensità dei flussi migratori dalle regioni del Mezzogiorno verso l’estero risulta quasi raddoppiata, da 25 a 42 mila.
Si accentua l’invecchiamento della popolazione, nonostante la presenza degli stranieri caratterizzati da una struttura per età più giovane di quella italiana e con una fecondità più elevata. L’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo, dopo il Giappone, con una stima di 168,7 anziani ogni 100 giovani al primo gennaio 2018.
L’Italia è da tempo tra i paesi più longevi al mondo. Secondo le stime riferite al 2017, la speranza di vita alla nascita ha raggiunto 80,6 anni per gli uomini e 84,9 per le donne. Sul totale della popolazione, il valore più elevato si registra nella provincia di Firenze (84,1 anni), seguita dalla provincia autonoma di Trento (83,8 anni). Il valore minimo è rilevato nelle province di Napoli e Caserta (per entrambe 80,7 anni).
Alla nascita l’aspettativa di vita in buona salute a Bolzano è di quasi fino a 70 anni (69,3 per gli uomini e 69,4 anni per le donne) a fronte di una media nazionale di 60 anni per gli uomini e 57 anni e 8 mesi per le donne. I maschi della Calabria e le femmine della Basilicata sono invece ai livelli più bassi, con un’aspettativa di vita in buona salute alla nascita rispettivamente di 51,7 e 50,6 anni.
Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464 mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico. Nel 2017 si stima che i nati con almeno un genitore straniero siano intorno ai 100 mila (21,1% del totale dei nati). Dal 2012 il contributo in termini di nascite della popolazione straniera residente è in calo.
A diminuire sono in particolare i nati da genitori entrambi stranieri, con una stima pari a 66 mila nel 2017 (14,2% sul totale delle nascite). Pur mantenendosi su livelli decisamente più elevati di quelli delle cittadine italiane (1,95 rispetto a 1,27 secondo le stime nel 2017), diminuisce il numero medio di figli delle cittadine straniere, come conseguenza delle dinamiche migratorie e della loro struttura per età che si presenta ‘invecchiata’ rispetto al passato.
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