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Boschi parla alla Trilateral: “Referendum sulle trivelle? Non cambia nulla”

Il ministro assicura che "il governo è impegnato nella ricerca di energie alternative", ma spiega che senza le fossili "non penso che saremmo autonomi"

Pubblicato:16-04-2016 10:46
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:34

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ROMA – “Non penso che il referendum” di domenica sulle trivellazioni “avrà un esito positivo” e in ogni caso “il referendum non cambierà nulla”, perché il quesito tocca “un piccolo aspetto” della legge italiana. Il ministro dei rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi rassicura la platea della Trilaterale riunita a Roma. È la sessione di apertura del Rome plenary meeting 2016 della Trilateral Commission, “associazione privata– si legge sul sito italiano- fondata nel 1973 da un gruppo di cittadini nord americani, europei e giapponesi con la finalità di offrire ai soci un forum permanente di dibattito per approfondire i grandi temi comuni alle tre aree interessate, diffondere l’abitudine a lavorare insieme per migliorarne la comprensione e fornire contributi intellettuali utili alla soluzione dei problemi affrontati”. Ne fanno parte banchieri, politici, imprenditori ma anche intellettuali. Nella membership il fondatore David Rockfeller, Jean Claude Trichet, Madeleine K. Albright, Michael Bloomberg, Susan E. Rice e per l’Italia tra gli altri: il presidente di Fca John Elkann; Carlo Messina, consigliere Delegato di Intesa Sanpaolo, Marco Tronchetti Provera, amministratore Delegato di Pirelli Spa, Giuseppe Vita chairmam di Unicredit.

Per Maria Elena Boschi si tratta dell’esordio davanti a una platea, circa 200 persone sedute intorno a tavolini rotondi con i nomi, piena di politici, imprenditori, uomini di affari. L’assemblea è chiusa ai giornalisti. Ci sono molte forze dell’ordine a presidiare la via di accesso alla location, il lussuoso albergo Cavalieri Waldorf Astoria di Monte Mario, e anche all’interno dell’hotel. Nel via vai di decine di persone, però, il cronista dell’agenzia Dire riesce a raggiungere la sala. Sul palco, moderato da Monica Maggioni, c’è un dibattito col commissario alla spending review Yoram Gutgeld, Andrea Guerra e appunto il ministro Boschi. Che parla in inglese, fluentemente, davanti a una platea proveniente da tutto il mondo, che ascolta senza traduzione. Boschi non usa giri di parole: “Il referendum non cambierà nulla per la politica energetica italiana, che andrà avanti indipendentemente dal risultato”. Il quesito, spiega, “ha un effetto minimo sulla nostra legislazione, ne tocca solo un piccolo aspetto. Forse potrebbe avere un risultato sull’approccio politico”.


Il ministro Maria Elena Boschi assicura che “il governo è impegnato nella ricerca di energie alternative, stiamo impiegando molte risorse”, ma spiega pure che senza le energie fossili “non penso che saremmo autonomi”. Mentre il ministro parla, all’entrata dell’albergo c’è l’eurodeputato leghista Mario Borghezio che inscena una protesta: “Voglio entrare- grida- fatemi entrare, sono un cittadino. Chi sono questi qui dentro? Basta con questi poteri forti, coN queste lobby che decidono tutto”. Non riesce a superare la sicurezza, guadagna però le telecamere, sbraita ancora un po’ e poi va via. Nel frattempo il politico ed economista indiano Nand Kishore Singh chiede al ministro Boschi della riforma della Costituzione e del prossimo referendum. “Ecco- risponde lei- quel referendum avrà un impatto più profondo sulla nostra politica energetica, perché ora dobbiamo dividere le decisioni con venti regioni, con venti legislazioni, ma dopo la riforma avremo solo una strategia e una legislazione per tutta l’Italia. Così, sono certa, avremo anche più peso in Europa”. E la Costituzione? “Non penso che il numero di senatori possa avere un impatto sui pesi e contrappesi della Costituzione. Penso che pesi e contrappesi sono garantiti dalla separazione dei poteri, dall’indipendenza della magistratura e dalle regole della Corte costituzionale. Anche il presidente della Repubblica è un garante- sottolinea- per esempio può rifiutare di firmare una legge approvata dal Parlamento se non rispetta la nostra Costituzione”.

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