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Lavoro, nel 2019 sei milioni di posti (in tutto il mondo) per la cybersecurity

ROMA - Avete mai sognato di diventare data scientist o chief technology officer?  Sviluppatore mobile e big data architect

Pubblicato:16-01-2016 07:59
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:47

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ROMA – Avete mai sognato di diventare data scientist o chief technology officer?  Sviluppatore mobile e big data architect sono definizioni che vi dicono qualcosa? Dovreste conoscerle perché sono le professioni del futuro. Aumenta la richiesta di lavori come questi: è sempre più importante prestare attenzione alla sicurezza online. 

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Le informazioni, assieme al capitale umano, “sono il patrimonio principale di imprese ed organizzazioni. Per questo la loro gestione e la loro sicurezza rappresentano una priorità che, nell’era dell’Internet of everything, si traduce nell’esigenza di valorizzare sempre più figure professionali come data scientist, chief technology officer, sviluppatori mobili, big data architect”. A dirlo è il presidente di Anitec (associazione confindustriale del settore Ict ed elettronica di consumo), Cristiano Radaelli, intervenuto a una giornata  di lavoro e confronto riservata alle imprese dell’Ict e delle telecomunicazioni nella sede del Cnr. Ad organizzarla è stata la stessa Anitec, assieme al Consiglio nazionale delle ricerche, a Cotec – Fondazione per l’innovazione tecnologica, con la collaborazione della Polizia di Stato.


A livello europeo le professioni del settore informatico e delle comunicazioni “sono date in crescita del 27%. Il mercato della sicurezza informatica, in particolare, è fiorente ed è destinato a crescere da 75 miliardi di dollari di valore generato nel 2015 a 170 nel 2020. Più di 209.000 posti di lavoro nel campo della sicurezza informatica negli Stati Uniti sono attualmente vacanti e si prevede che la domanda mondiale sarà di 6 milioni entro il 2019, con un deficit previsto di 1,5 milioni. Per questo, l’emergere dirompente del tema della cybersecurity rende ancora più evidente questo scenario”.

“Per governare questo sviluppo e creare valore nel nostro Paese – prosegue Radaelli – è necessaria la collaborazione tra imprese, centri di ricerca e forze dell’ordine. Il nostro Paese ha le competenze e le risorse per svolgere un ruolo importante per la difesa interna ed anche per fornire tecnologie e applicazioni ai Paesi e alle organizzazioni amiche”.

Il tema della cybersicurezza  “fino a pochi anni fa argomento prossimo alla fantascienza, oggi è uno degli asset strategici in ogni organizzazione su cui si concentrano investimenti in infrastrutture tecnologiche, sviluppo di competenze, definizione di profili professionali- spiega il presidente del Cnr Luigi Nicolais- . È un settore in continua evoluzione destinato a crescere esponenzialmente e che pone intriganti sfide culturali e politiche. Mentre nei settori produttivi gli ambiti di intervento sono abbastanza definiti soprattutto laddove si opera in funzione di un obiettivo ben definito e circoscritto, la cybersicurezza sociale tocca ambiti molto più ampi, delicati e problematici perché investe la sfera dei diritti del singolo. È quindi opportuno che su questi temi non ci siano deleghe in bianco, ma che tutti, soprattutto se preposti ad assumere decisioni collettive, siano parte attiva”.

La complessità del tema cybersecurity impone “un inevitabile sforzo sinergico per soddisfare la quotidiana esigenza di sicurezza informatica. Per questo motivo la Polizia di Stato ha avviato una serie di collaborazioni per creare una rete di partneship, mettendo altresì a disposizione la propria competenza esclusiva del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle ifrastrutture critiche (C.N.A.I.P.C.), quale organo di eccellenza per la fornitura dei servizi di sicurezza per le infrastrutture critiche”, ha invece spiegato Alessandro Pansa, prefetto, capo della Polizia, direttore generale della pubblica sicurezza.

 

 

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