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Sale marino sulla superficie di Europa, una delle lune di Giove

ROMA - Quella coltre bruna che riveste la superficie di Europa, una delle lune di Giove, sarebbe costituita

Pubblicato:15-05-2015 13:31
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:20

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ROMA – Quella coltre bruna che riveste la superficie di Europa, una delle lune di Giove, sarebbe costituita da sale marino. Lo ha scoperto la Nasa grazie a un complesso esperimento in laboratorio. Il sale marino su Europa sarebbe il frutto dell’interazione, ancora in corso o passata, tra il suolo roccioso e un oceano sotterraneo. Il colore del sale sarebbe così scuro in seguito all’esposizione alle radiazioni. La risposta ai tanti dubbi su quel materiale che ricopre Europa è arrivata dopo decenni di ricerche e ipotesi. La coltre scura ricopre principalmente le fratture sulla superficie e altre rughe del terreno relativamente recenti. Proprio questa posizione aveva suggerito che si trattasse di qualcosa eruttato dal sottosuolo, ma era difficile determinarne la composizione chimica.

La scoperta del sale marino è molto importante perché fornisce ulteriori indicazioni per stabilire se su questa luna ghiacciata esistano o no le condizioni per la vita. Lo spiega bene Curt Niebur, scienziato del programma Outer Planets della NASA. “Sono tante le domande che abbiamo su Europa- è il suo commento-la più importante e quella a cui è più difficile dare risposta riguarda la sua abitabilità. Una volta che abbiamo questa risposta possiamo affrontare la questione più grande, cioè se ci sia vita o no nell’oceano sotterraneo sotto al guscio di ghiaccio di questa luna”.


Quello che è certo è che Europa sia investita in pieno dalla radiazioni create dal potente campo magnetico del gigante Giove. Ioni ed elettroni sbattono sulla sua superficie come se fossero stati lanciati da un acceleratore di particelle. Questa è una delle cause che erano state individuate come responsabili della formazione della coltre, spiega la NASA ripercorrendo le tappe che hanno portato alla scoperta. L’intero studio, realizzato dal Jet propulsion laboratory della Nasa, sarà prossimamente pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters. Per capire cosa fosse quella misteriosa sostanza scura i ricercatori hanno ricreato la patina di Europa in una simulazione di laboratorio per testare le sostanze compatibili con quelle avvistate sul suolo della luna gioviana.   Per ogni materiale hanno analizzato lo spettro contenuto nella luce riflessa dagli elementi. Si tratta di una sorta di impronta digitale chimica.

Gli scienziati hanno ricreato la condizione del suolo in quella che chiamano ‘Europa in un barattolo’, cioè la struttura laboratoriale usata nel Jpl che riesce a ricreare la temperatura, la pressione e l’esposizione alle radiazioni di Europa. Gli spettri dei materiali così ottenuti sono stati poi comparati con quelli raccolti dalle missioni spaziali e dai telescopi.  La soluzione è arrivata quando è stato testato del normale sale da cucina, esposto a 173 gradi Celsius, bombardato di radiazioni gioviane. Dopo un’esposizione di alcune decine di ore, che corrisponde più o meno a un secolo sul satellite, il sale si è scurito, assumendo una colorazione in tutto simile a quella osservata nelle fratture del suolo di Europa dalla missione Galileo. Più il sale rimaneva esposto più diventava scuro. E’ una determinazione importante perchè, a partire dal grado di colorazione, più scura o meno scura, è possibile risalire all’età delle fratture geologiche e del materiale eiettato da tutti i ‘pennacchi’ esistenti su Europa. Se fosse veramente sale marino “avremmo una soluzione semplice ed elegante riguardo all’essenza di questa materia misteriosa”, spiega Kevin Hand del Jpl. Al momento, però, la tecnologia non ci offre telescopi così potenti da poterci confermare l’attendibilità dei dati ottenuti in laboratorio. Ma i ricercatori non hanno dubbi: le future missioni risolveranno definitivamente il mistero.

PROGRESS COMPLETAMENTE DISINTEGRATA (SENZA DANNI)

La navicella-cargo Progress si è completamente disintegrata come previsto, senza arrecare nessun danno a Terra. Era finita fuori controllo lo scorso 28 aprile e si temeva che alcune sue componenti, eventualmente non bruciate in atmosfera, potessero colpire zone abitate del nostro pianeta. Non è stato così. La Progress M27 si è infatti disintegrata del tutto e i pochi resti sono finiti nell’Oceano Pacifico nella notte dell’8 maggio. Il cargo russo era partito dal cosmodromo russo di Baikonour con a bordo tre tonnellate di rifornimenti, strumentazioni scientifiche e pezzi di ricambio. Un problema tecnico inaspettato l’ha spinta fuori controllo e ha così causato il fallimento del viaggio e la sua disintegrazione.

UN MESE IN PIU’ NELLO SPAZIO PER SAMANTHA CRISTOFORETTI

Sarebbe dovuta tornare sulla Terra a metà maggio e invece Samantha Cristoforetti resterà ancora sulla Stazione spaziale internazionale, forse addirittura per un mese in più del previsto. Lei e i suoi colleghi Terry Virts e Anton Shkaplerov hanno visto slittare il rientro sul nostro pianeta dopo il mancato attracco della navicella russa Progress, che doveva portare rifornimenti a bordo. Progress è invece andata fuori controllo ed è precipitata. L’incidente ha fatto sì che venissero rimodulati i tempi per tutti i successivi ‘viaggi’, spostando in avanti la data di rientro. Gli astronauti a bordo comunque non corrono nessun rischio: hanno risorse a sufficienza per sopravvivere molte settimane. La data esatta del rientro a Terra sarà comunicata dall’agenzia spaziale russa Roscosmos.

IN ATTESA DEI SEGNALI DI PHILAE

Gli scienziati sperano di ricevere entro il 17 maggio dei segnali dal piccolo Philse, il lander della missione europea Rosetta che, per la prima volta, ha portato uno strumento fabbricato dall’Uomo su una cometa. L’atterraggio su 67P Churyumov-Gerasimenko è avvenuto lo scorso novembre e una finestra in cui si sperava di ricevere segnali dal lander era stata già attivata in marzo, purtroppo senza esito. Ora gli scienziati ci riprovano. La posizione rispetto al Sole permette un ‘riscaldamento’ tale che potrebbero essere riattivate le attività di Philae grazie all’alimentazione dei pannelli solari. Ma le incognite sono tante. Innanzitutto i pannelli potrebbero essere ricoperti di polvere, il che renderebbe complicato la ricezione della luce. Inoltre, la sonda Rosetta potrebbe non essere nella posizione adatta per captare eventuali segnali: è necessario che disti meno di 300 chilometri dal lander, che si trovi dal suo stesso lato e che abbia le antenne allineate. Niente paura, comunque. Anche se per ora Philae dovesse rimanere in silenzio le speranze di vederlo di nuovo attivo non finiscono qui.

 

 

IL LATO OSCURO DEGLI AMMASSI STELLARI

Alcune osservazioni effettuate con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in Cile hanno scoperto una nuova classe di ammassi globulari “oscuri” intorno alla galassia gigante Centauro A. Questi oggetti misteriosi appaiono simili agli ammassi normali, ma contengono molta più massa e possono alternativamente ospitare una quantità inattesa di materia oscura oppure buchi neri massicci – ma nessuna di queste ipotesi era prevista nè viene del tutto compresa. Matt Taylor, studente di dottorato presso la Pontificia Universidad Catolica de Chile, a Santiago in Cile, e titolare di una borsa dell’ESO è il primo autore di questo nuovo lavoro. “Gli ammassi globulari e le stelle che li compongono sono la chiave per capire la formazione e l’evoluzione delle galassie- spiega-. Per decenni gli astronomi hanno pensato che le stelle che formavano un dato ammasso globulare condividessero età di formazione e composizione chimica – ma ora sappiamo che sono creature più strane e più complicate”. La scoperta di questo nuovo tipo di ammassi apre la strada alla ricerca di ammassi analoghi intorno ad altre galassie. La strada della conoscenza è ancora lunga.

di Antonella Salini

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