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Inquinamento, arrestati i vertici della centrale termoelettrica di Fiume Santo

Rilevati continui sversamenti di olio combustibile nei terreni. La proprietà è della società E.On

Pubblicato:15-04-2015 08:17
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:15

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Centrale termoelettrica di Fiume Santo

Centrale termoelettrica di Fiume Santo

ROMA –  “La Guardia di Finanza di Sassari sta eseguendo due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di dirigenti che ricoprono incarichi apicali all’interno della società E.On“.  Infatti, spiega una nota delle Fiamme gialle, “a seguito di una lunga attività d’indagine portata avanti dal Nucleo Polizia Tributaria di Sassari è emersa un’attività di inquinamento ambientale posta in essere da soggetti appartenenti all’importante azienda d’interesse internazionale”.

La Procura della Repubblica di Sassari, prosegue la nota della Guardia di Finanza, “ha coordinato per oltre un anno tutte le attività di Polizia Giudiziaria ed ha richiesto e ottenuto la misura cautelare domiciliare per il Direttore ed il vice direttore della Centrale Termoelettrica della E.On Produzione di Fiume Santo (Sassari) nonché misure interdittive per l’amministratore delegato della E.On. Produzione di Fiumesanto, per il direttore generale Risorse umane e Sviluppo territoriale della E.On Italia e del legale rappresentante della società che ha eseguito le analisi chimiche dalle quali si palesava lo stato di inquinamento dei terreni”.

Gli accertamenti espletati hanno messo in luce “reiterate condotte illecite ed, in particolare, dalle investigazioni è emerso che tutti i componenti del sodalizio criminale, di comune accordo e con un unico fine, omettendo di segnalare alle Autorità competenti che vi erano continui sversamenti di olio combustibile nei terreni sottostanti i serbatoi di alimentazione dei gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica di Fiumesanto (Ss), hanno consentito la persistente contaminazione dei terreni e delle falde acquifere del sito interessato, provocando un danno ambientale – da quantificare – in aree di interesse pubblico”.


Le indagini, anche di natura tecnica, hanno accertato come “queste persone, ben sapendo che lo stato di dissesto ambientale persisteva da anni, hanno omesso di denunciare immediatamente questa situazione per garantire un risparmio di spesa alla società e, soltanto di recente, hanno simulato di avere appena avuto notizia del fenomeno, disponendo i carotaggi ed inoltrando le prescritte comunicazioni agli organi istituzionali di vigilanza”, prosegue la nota della Guardia di Finanza.

I reati contestati sono quelli dell’inosservanza di diverse prescrizioni impartite dal Testo unico dell’ambiente con riferimento allo scarico delle acque reflue industriali nonché reati previsti dal Codice Penale.

Gli accertamenti sono stati eseguiti “al fine di reprimere condotte che provocano dapprima l’inquinamento e, a causa di quest’ultimo, danni alla salute pubblica nonché un’alterazione dell’ambiente naturale con danni permanenti e conseguente disequilibrio con i cicli naturali esistenti”.

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