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“Attentati in tutto il mondo, la polveriera sta per esplodere”

di Barbara Varchetta (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali) Decine di attentati terroristici in tutto il mondo, ultimi

Pubblicato:15-01-2016 11:42
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:47

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di Barbara Varchetta (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali)

Decine di attentati terroristici in tutto il mondo, ultimi in ordine temporale quelli di Parigi, gli attacchi in Turchia e la strage a Giacarta. E’ il segno che la polveriera sta per esplodere. E non corretto appare l’approccio di coloro che continuano a distinguere i morti per nazionalità né quello di coloro che provano ad attribuire una provenienza ai combattenti, il più delle volte folli suicidi, originari delle più diverse latitudini, che a poco più di vent’anni si ritrovano ad essere indottrinati e spediti nei territori di guerra per combattere una battaglia di cui conoscono solo ciò che i feroci reclutatori hanno inteso far loro sapere.

La forza pervasiva del terrorismo islamico è proprio questa: nessun confine geografico, organizzazione di rete in grado di raggiungere qualunque luogo o persona, natura prettamente asimmetrica dei conflitti instaurati. Colpire bersagli inconsapevoli, a questo punto, diviene molto agevole. Non esiste protezione totale contro il fenomeno, neppure se si immagina una forma di controllo territoriale militarizzato; è improbabile riuscire a tutelare tutti i possibili obiettivi sensibili dal momento che essi, ormai, possono esser rappresentati da qualunque attività umana.


Il messaggio (peraltro decodificato all’origine) che lo ‘Stato islamico’ manda all’Occidente va in tale direzione: nessuna sua alleanza con i Paesi dell’Islam potrà mai fermare la bramosia di controllo e predominio esercitata da Daesh sulla spinta di alcuni Stati mediorientali. Mettere un freno alle ambizioni turche è un segnale pericoloso che riconferma, qualora ce ne fosse bisogno, l’interesse dell’IS (che non deve aver gradito l’irrigidimento di Erdogan in tema di lotta al terrore) per quel territorio, baricentrico nel suo ruolo economico e strategico, crossing zone di affari miliardari. Isolare la Turchia, in una fase già convulsa della sua politica interna nonché nel momento di peggior attrito con i più forti attori della scena mondiale significa indebolirla al punto da persuaderla a liberarsi dall’angolo in cui è arroccata. E non è un caso che la controffensiva turca non si sia lasciata attendere: poche ore or sono, la Turchia ha bombardato alcune postazioni dell’IS situate in Siria ed in Iraq cagionando la morte di ben duecento jihadisti nonchè annunciando ulteriori rappresaglie, costretta dagli eventi ad assumere una ben definita posizione contro i terroristi. Per molto tempo, infatti, le autorità internazionali avevano accusato Ankara di disinteressarsi, al di là dei proclami ufficiali, della lotta al terrorismo…

I giorni appena trascorsi dimostrano come non possa esserle più imputata una posizione neutrale. Ne andrebbe della sua credibilità nel sistema delle alleanze NATO, dei sui rapporti commerciali e finanziari con l’Occidente, della centralità da tutti riconosciutale nel corso delle ultime evoluzioni geopolitiche. Invero, dopo aver ben tollerato per anni la presunta presenza di cellule di reclutamento ed aver agevolato (omettendo il monitoraggio costante dei territori) le attività dell’IS, la Turchia si è trovata imbrigliata in una scelta originatasi molti mesi fa a seguito dei diversi attacchi subiti nel 2015 e dell’incessante pressione internazionale. La fase che verrà, se ben governata, potrà consegnarle definitivamente la leadership dell’intera area, con incommensurabili vantaggi per la stessa e con risvolti di estrema distensione nel tormentato panorama globale.

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