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Calcio, lo psicologo: “Ora bimbi giocheranno meno a pallone e più con la playstation”

"La sconfitta dell'Italia avra' ripercussioni su tutto il sistema"

Pubblicato:14-11-2017 15:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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ROMA – L’Italia non sarà al prossimo Mondiale? Allora “tutti a Formentera”. Forse una battuta, forse no. Di certo c’è che lo 0-0 di Milano contro la Svezia, nella sfida di ritorno dei playoff per le qualificazioni a Russia 2018, ha estromesso gli azzurri da un Mondiale per la prima volta dopo 59 anni.

“Un fallimento sociale”, sono state le parole di Gigi Buffon al fischio finale, che ha anche annunciato l’addio alla Nazionale. La mancata qualificazione “è un problema sportivo, economico e sociale– conferma Aldo Grauso, psicologo dello Sport e coordinatore del Master in Psicologia dello Sport presso l’Università Niccolò Cusano. È un master in corso ed è rivolto a 4 tipi di figure professionali, ovvero medici, psicologi, educatori e laureati scienze motorie.

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“Le figure che ruotano attorno al sistema calcio sono preoccupate più che per il fatto sportivo per il fattore sociale, perché ovvio che questa è una sconfitta che ha ripercussioni per tutto il sistema di riferimento, che parte dall’attivita di base, dai settori giovanili- spiega Grauso- Se i grandi hanno dimostrato di avere delle difficoltà, quelli che sono sotto ne sentono perché si faranno carichi di una questione più alta”. E ovviamente “ne risentiranno anche le scuole calcio, le società di settore che hanno un sentimento di imitazione: se i grandi falliscono, anche i piccoli vanno in difficolta”.


Con questa eliminazione “si perde tanto. Dall’anno scorso c’è stata diminuzione di iscrizioni di bambini nelle scuole calcio in tutta Italia. Ormai i nostri bambini credono meno nel calcio, ormai stanno prendendo piede altri sport, o presunti tali, come la Playstation“. Ormai nel calcio “non c’è il concetto dell’errore. Se la testa non funziona, ovvero i grandi, non vanno i piedi, e cioé i bambini. Così non c’è il simbolo vincente e positivo di cui i ragazzi e i bambini hanno bisogno”.

Un Mondiale senza Italia significa che “la metà dei giovani non lo seguirà in tv. Lo faranno magari addetti ai lavori o persone più grandi, ricordando magari il passato recente e conservando la passione”. Quello che il professor Grauso si augura è che “dopo questa bastonata ci si rialzi subito. E noi lo facciamo sempre. Mi auguro che venga data una ristrutturazione nei settori giovanili, che sia data ai ragazzi l’opportunità che si danno a quelli in arrivo da altri paesi, niente di più e niente di meno”. E poi, cosa più importante, “pensare al lavoro mentale in ogni squadra, ed è arrivato il momento di introdurre uno psicologo in tutti gli organigrammi ‘sanitari’ dei club“.

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