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Omicidio a Terracina nel 2012, era una faida tra scissionisti: arrestati 4 sicari

Colpito da ben 11 colpi d’arma da fuoco, venne ucciso il pluripregiudicato napoletano Gaetano Marino, fratello di Gennaro (detto 'O Mckey')

Pubblicato:14-11-2017 10:36
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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ROMA – Erano stati gli agenti della Polizia di Stato del commissariato di Terracina ad intervenire nei pressi dello stabilimento balneare ‘Il Sirenella’, in viale Circe, alle ore 17 circa del 23 agosto 2012, trovando sul manto stradale, colpito da ben 11 colpi d’arma da fuoco e ormai esanime, il corpo del pluripregiudicato napoletano Gaetano Marino, fratello di Gennaro (detto ‘O Mckey’).

Gennaro era detenuto in regime di 41 bis per associazione di stampo mafioso e omicidio, in quanto affiliato di spicco dell’omonimo clan camorristico, all’epoca coinvolto in un violento scontro all’interno dell’ala dei cosi detti ‘Scissionisti‘ di Secondigliano per la gestione di una zona del quartiere Scampia denominato ‘Case Celesti’, feudo dei Marino in quel momento guidati proprio dalla vittima.

LA RICOSTRUZIONE DEL DELITTO

Dalle prime testimonianze si è appurato subito che Marino, in vacanza a Terracina con la famiglia, quel pomeriggio si era recato allo stabilimento balneare ‘Il Sirenella’, dal quale, poco prima delle 17, si era allontanato per raggiungere la strada in compagnia di un’altra persona, successivamente identificata per Raffaele Iavazzi, indagato per favoreggiamento a seguito della versione poco chiara fornita nell’immediatezza e poi arrestato.


Nei pressi dello stabilimento, la vittima dell’agguato era stata colpita tre volte al tronco e, successivamente, da altri otto colpi, esplosi a distanza ravvicinata e in rapida successione.

L’esame comparativo effettuato sui proiettili rinvenuti, ha consentito di esprimere un giudizio di compatibilità in merito agli stessi, significando che erano stati esplosi da uno stesso tipo di arma: una pistola calibro 9×21.

Si è accertato che sulla strada al momento dell’omicidio si trovava una Fiat Grande Punto in doppia fila con a bordo due uomini e poco più avanti una Fiat Punto parcheggiata di traverso in viale Circe in modo tale da non consentire il passaggio. Dalla Fiat Grande Punto era sceso l’esecutore che aveva esploso molteplici colpi, per poi fuggire con l’autovettura.

La Fiat Punto invece, dopo una repentina manovra in retromarcia, che aveva danneggiato pure diversi motorini parcheggiati, era ripartita in direzione Roma. Quest’ultima autovettura veniva rinvenuta a Terracina il giorno seguente nei pressi dell’abitazione di Carmine Rovai, il quale, pur avendo nella disponibilità il mezzo, lo aveva prestato al suo amico Salvatore Ciotola.

LE INDAGINI

Alla luce del fatto che il Rovai, il Ciotola e il proprietario della Fiat Punto, erano soggetti legati ai clan di Secondigliano venne intrapresa la pista investigativa secondo cui il movente era da inquadrare nella faida di Secondigliano tra gli ‘scissionisti’, che vedeva il gruppo degli Abbinante-Notturno-Aprea-Abete opposto alle famiglie Magnetti-Petriccione, legate al clan Vanella-Grassi.

I riscontri investigativi hanno consentito di far emergere evidenti incongruenze con quanto riferito in sede di verbalizzazione e che non lasciavano dubbi circa l’utilizzo della vettura da parte del Ciotola, facendo trasparire anche la consapevolezza che fosse presente sul luogo dell’omicidio.

Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, poi, hanno confermato e rafforzato le risultanze investigative, fornendo all’Autorità giudiziaria un grave quadro indiziario a carico degli arrestati di oggi.

In particolare, l’analisi incrociata degli elementi probatori raccolti ha consentito di sostenere che gli occupanti della Fiat Punto, parcheggiata di traverso in viale Circe al momento del delitto, fossero proprio Carmine Rovai e Salvatore Ciotola, e di individuare in Giuseppe Montanera (referente della famiglia Abete-Notturno) e Arcangelo Abbinante (referente della famiglia Abbinante) coloro che erano a bordo dell’altra autovettura, dalla quale era sceso l’esecutore materiale (Giuseppe Abbinante) che aveva esploso molteplici colpi contro Marino, per poi fuggire unitamente al complice (Giuseppe Montanera).

Sono proprio Abbinante e Montanera a decidere la strategia da attuare, scegliendo quale vittima predestinata Gaetano Marino e utilizzando Carmine Rovai, detto ‘o’cinese’, e Salvatore Citola – entrambi collegati al clan Abbinante – quali soggetti che potevano fornire supporto logistico.

Le indagini svolte per l’identificazione degli autori dell’omicidio hanno consentito di avvalorare l’iniziale tesi investigativa secondo la quale l’efferato delitto doveva essere inquadrato nell’ambito della faida criminale, in atto all’epoca dei fatti, che vedeva la contrapposizione armata, condotta senza esclusione di colpi, dei Vanella-Grassi, agli Abete-Notturno-Abbinante, per il controllo della piazza di spaccio del rione Case Celesti, feudo dei Marino.

Evidente, quindi, e pienamente condivisa dall’Autorità giudiziaria la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso e della finalità agevolatrice, emergendo in capo agli indagati la precisa rappresentazione che la loro condotta era diretta ad agevolare l’intera organizzazione, la cui operatività si è espressa proprio anche attraverso l’omicidio di Marino, elemento di spicco di una nota famiglia camorrista, attiva nella lotta per il dominio territoriale e criminale di Scampia.

GLI ARRESTATI

Destinatari dell’ordinanza, in quanto responsabili, a vario titolo e in concorso tra loro e con altri, di aver cagionato la morte di Gaetano Marino, eseguita con colpi di arma da fuoco, con le aggravanti di aver agito con premeditazione e con metodo mafioso, esplicitato dalle modalità inerenti sia l’organizzazione che l’esecuzione del delitto sono: Arcangelo Abbinante classe ‘90 (esecutore materiale); Giuseppe Montanera classe ‘76 (componente commando); Carmine Rovai classe ‘67 (appoggio logistico) e Salvatore Ciotola classe ‘62 (appoggio logistico).

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