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Il restauro italiano al servizio del Nepal, l’Istituto superiore a Kathmandu per salvare gli antichi templi colpiti dal sisma (VIDEO)

Intervista, video e resoconto della missione dell'Isrc in Nepal per il restauro dei monumenti colpiti dal terremoto

Pubblicato:14-08-2015 08:58
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:30

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In Nepal per salvare il patrimonio artistico colpito dal terremoto dello scorso 25 aprile e mettere al servizio del Paese asiatico tutta l’esperienza italiana nel recupero dei beni culturali. L’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) ha risposto alla chiamata del ministro Dario Franceschini e ha raggiunto Kathmandu per una prima missione ‘esplorativa’.

Per circa dieci giorni, dal 2 al 10 luglio, una squadra di storici dell’arte, architetti e restauratori dell’Iscr e dell’Opificio delle Pietre dure ha visitato i siti danneggiati dal sisma, accompagnata dai tecnici del dipartimento per l’Archeologia nepalese e da rappresentanti dell’Unesco. L’equipe italiana si è trovata di fronte ai luoghi sacri per la popolazione nepalese, come il santuario buddista di Swayambhunath, il cosiddetto Tempio delle scimmie, o lo Shantipura, simbolo del cielo, un edificio a pianta rettangolare “gravemente danneggiato” dal terremoto che ha provocato il crollo delle decorazioni murarie interne risalenti al secolo scorso. Tra i siti visitati e colpiti dal sisma, anche Bhaktapur, nella valle di Kathmandu, scelto da Bernardo Bertolucci per alcune scene de ‘Il piccolo Buddha’. Nonostante in alcune aree del Nepal gran parte del patrimonio sia stata danneggiata, l’equipe italiana si è trovata di fronte una popolazione “assolutamente vitale”. Sono gli stessi esperti a raccontare come “momento incancellabile del viaggio” un concerto di musica tradizionale “avvenuto in uno scenario di devastazione”, ma che ha trasmesso agli ospiti “l’anima di questo popolo pieno di risorse interiori”.

Gli esperti Iscr hanno osservato i danni al patrimonio e visitato i reperti recuperati dai restauratori locali, molti dei quali sistemati nei depositi del Museo nazionale. Poi, alla fine del viaggio, hanno proposto alle autorità locali di realizzare un centro di raccolta, catalogazione, messa in sicurezza e stoccaggio di alcune opere recuperate dagli edifici distrutti dal sisma, in particolare dal santuario buddista di Swayambhunath. Una attività che “si potrebbe avvalere delle esperienze fatte dall’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro e dall’Opificio delle pietre dure sia per il terremoto de L’Aquila, sia per quello dell’Emilia Romagna”.


Accanto alla catalogazione, l’idea dei tecnici italiani è anche quella di prestare le loro competenze per il restauro dei dipinti murari crollati e distaccati del tempio di Shantipura, uno dei santuari più antichi e venerati del Nepal. Più a lungo termine, infine, la collaborazione con le autorità nepalesi potrebbe portare al restauro tutto italiano di un intero edificio sacro. La scelta potrebbe cadere su un tempio dell’area monumentale di Patan Durbar Square o su un edificio del complesso di Swayambhunath.

A “offrire le competenze del Mibact” per il recupero del patrimonio culturale danneggiato è stato lo stesso ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. “L’Italia- ha detto due giorni dopo il sisma del 25 aprile- dispone delle migliori professionalità sia per la gestione dell’emergenza che per il successivo recupero e restauro del patrimonio artistico e monumentale ed è per questo che, tramite il console generale del Nepal, abbiamo offerto tutta la nostra disponibilità a intervenire direttamente”.

Del resto, gli interventi sul patrimonio colpito da calamità naturali o durante eventi bellici sono nel dna dello stesso Istituto, nato nel 1939 e operativo dal ’42, quando l’Italia era in guerra. Tra le sue primissime attività, proprio il recupero dei beni danneggiati dal conflitto, in particolare dipinti murari ridotti in frammenti dai bombardamenti. Come gli affreschi del Mantegna alla Cappella Ovetari di Padova, o quelli della Cappella Mazzatosta, a Viterbo. Quindi, la primissima azione dell’Istituto è stata il recupero di opere danneggiate dalla guerra. Ed è lo stesso Istituto a intervenire sui siti distrutti dai terremoti. Dal 1976 in Friuli a L’Aquila nel 2009, fino a quello dell’Emilia Romagna di tre anni fa. Oggi, invece, l’esperienza dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro è tutta al servizio del Nepal.

L’equipe italiana in Nepal per una prima missione ‘esplorativa’ è stata coordinata da Daila Radeglia, storica dell’arte dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro, intervistata dall’agenzia Dire all’Expo di Milano, in occasione della Conferenza internazionale dei ministri della Cultura, dove l’Iscr ha portato la sua esperienza nelle aree colpite da guerre o da calamità naturali. Segue il video, il testo dell’intervista, e una galleria con alcuni dei templi di Kathmandu lesionati dal sisma e delle opere d’arte in essi contenute.

– Dal 2 al 10 luglio, l’Istituto è volato in Nepal per portare la sua esperienza al servizio del patrimonio culturale colpito dal terremoto.

Abbiamo aderito alla richiesta del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, di organizzare una missione in tempi piuttosto brevi per visionare i danni al patrimonio artistico, in particolare i siti Unesco danneggiati dal sisma. In accordo con l’Unesco e il dipartimento di Archeologia, che è l’organo deputato del ministero della Cultura e del Turismo nepalese alla conservazione del patrimonio, abbiamo visionato una serie di siti che anche a giudizio dei nostri partner erano quelli più adatti al nostro intervento per la conservazione. Alla missione è stato di grandissimo supporto e aiuto il lavoro del console generale italiano competente per il Nepal, Cesare Bieller, che ci ha organizzato la fase preparatoria e ci ha fatto da tramite per questo mondo che lui conosce molto bene e che per noi era nuovo“.

– Dopo questa primo viaggio ‘esplorativo’, la missione in Nepal proseguirà?

Abbiamo presentato un progetto al ministro, proponendo due tipi di interventi: uno, che si può realizzare a breve termine, prevede il recupero, l’inventariazione e la schedatura conservativa delle opere d’arte che sono state recuperate dai crolli, principalmente nei templi patrimonio dell’Unesco, e che sono stati ricoverati in luogo sicuro. Questo intervento, se opportunamente finanziato, potrebbe realizzarsi già a settembre dopo la fine della stagione delle piogge, perché il monsone crea grossi problemi organizzativi. Un altro intervento ha invece scadenza media e prevede un progetto di restauro di un intero edificio che potrebbe essere avviato con tutta la fase di diagnostica, documentazione e studio per realizzare un progetto e fare un cantiere di restauro“.

– Oltre agli interventi dell’Iscr sul patrimonio, proporrete anche momenti di formazione per i tecnici nepalesi.

Prevediamo di svolgere entrambi gli interventi in stretto contatto con i conservatori locali. Questo consentirà anche uno scambio di conoscenze. Da parte nostra, sarà anche molto utile venire a conoscenza delle tecniche tradizionali con cui sono eseguite le opere. Noi porteremo le nostre competenze, soprattutto sul tipo di restauro scientifico che è caratteristico del lavoro fatto dal nostro Istituto. Un’altra cosa che teniamo molto a portare avanti è la formazione di tecnici conservatori nepalesi che potrà essere fatta in Italia sia presso l’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro sia presso l’Opificio delle pietre dure. Quando abbiamo esposto queste proposte al direttore generale del dipartimento di Archeologia, che ci ha salutato alla fine del nostro soggiorno in Nepal, abbiamo notato un completo gradimento sia di questa proposta, a cui sicuramente il ministro tiene molto, sia nella scelta del tipo di intervento e dei siti che abbiamo proposto. Non resta altro che avere un finanziamento adeguato e saremo operativi”.

Foto di Daila Radeglia ©ISCR-MiBACT 2015

Articolo di Nicoletta Di Placido (Giornalista professionista)

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