BOLOGNA – Avviso di sfratto per Arcilesbica. E a spedirlo è l’Arcigay “Il Cassero”, che in una lettera ha comunicato all’associazione che non potrà più usare lo storico circolo di Bologna come sede legale a livello nazionale. E’ guerra all’ombra delle Due torri nel mondo Lgbt, conseguenza di uno scontro tutto politico in atto da diverso tempo tra le due associazioni.
A spiegarlo è la stessa presidente nazionale di Arcilesbica, Cristina Gramolini, che in una nota chiede un incontro urgente all’assessore a Diritti e Pari opportunità del Comune di Bologna, Susanna Zaccaria. “Arcilesbica non si è allineata alla richiesta di legalizzazione dell’utero in affitto– spiega Gramolini- promuovendo invece l’accesso alle adozioni. Abbiamo denunciato l’assurdità di rivendicare farmaci bloccanti della pubertà per i bambini e le bambine con comportamenti non conformi alle aspettative di genere, chiedendo invece di lasciare libera l’infanzia di esprimersi al di là degli stereotipi di genere. Abbiamo criticato l’assistenza sessuale alle persone con disabilità, chiedendo per loro il pieno inserimento sociale e la non mercificazione dell’affettività. Abbiamo respinto lo slogan ‘Sex work is work’, perché non normalizziamo l’uso sessuale delle donne”. In poche parole, afferma la presidente di Arcilesbica, “siamo colpevoli di avere posizioni autonome che scontentano il gotha arcobaleno, dunque per noi non ci deve essere posto al Cassero Lgbt center“.
Con una lettera inviata venerdì scorso, 11 maggio, il direttivo del Cassero ha infatti comunicato ad Arcilesbica che “non è più possibile mantenere la vostra sede legale in via Don Minzoni 18” e che “non sarà più possibile accettare corrispondenza per nome e per conto vostro: tale corrispondenza sarà pertanto respinta al mittente”. Non solo. “Vi comunichiamo che ogni accesso agli spazi, se non concordato- è il contenuto della missiva, riferito da Arcilesbica- sarà considerato da noi e dall’amministrazione comunale, proprietaria dello stabile e informata della vicenda, come illegittimo“.
Il tutto avviene “senza un incontro politico- attacca Gramolini- senza neppure una telefonata, ma con l’intimazione a restituire le chiavi“. Secondo Arcilesbica, dunque, questo atto “ha il significato simbolico di cancellare lesbiche che pensano diversamente, accogliendo solo quelle che accettano la linea politica egemonica. Il gesto sottende un immaginario di annientamento e per noi è un atto di violenza”.
Detta in altri termini, affonda il colpo Gramolini, “gli autoproclamati femministi del Cassero, presenzialisti festeggiatori di ogni 8 marzo, sedicenti lottatori contro la violenza sulle donne, ci cacciano senza preavviso. Non si accorgono di tradire la bandiera ‘rainbow’ e di scrivere una pagina di storia dell’intolleranza con una mail improvvida alla vigilia dei Pride 2018″. I vertici di Arcilesbica si dicono sbigottiti da questo atteggiamento. E aggiungono: “Siamo sicure che l’assessorato a Pari opportunità e diritti ignori la strumentalizzazione del Cassero e che sia ignaro di questa epurazione. Per cui chiederemo un incontro urgente con l’assessore Susanna Zaccaria“.
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