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FOTO | Dal bis di Bob Dylan ai Nirvana passando per i Guns: la storia rock di Modena in un libro

Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print BOLOGNA - Modena è conosciuta come la terra dei motori.

Pubblicato:14-02-2019 16:52
Ultimo aggiornamento:14-02-2019 16:52

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BOLOGNA – Modena è conosciuta come la terra dei motori. Ma dagli anni ’80 in poi un altro ‘rombo’, non meno potente, risuona sotto la Ghirlandina: quello della grande musica rock. Non è un’esagerazione: a Modena si sono esibiti, tanto per fare alcuni nomi, David Bowie, gli U2, Bob Dylan (addirittura due volte), i Pink Floyd, i Nirvana, Prince… A ripercorrere gli eventi ora c’è un libro: Live in Modena. Quarant’anni di concerti nella città del rock (Edizioni Artestampa), presentato in anteprima a Dischinpiazza, ormai uno degli ultimi negozi che si ostina a vendere la musica ‘dal vivo’. L’opera, è il frutto delle ricerche e dei ricordi dei tre autori: Roberto Franchini, giornalista e scrittore, Roberto Menabue, che da sempre vive tra i dischi e ora gestisce Dischinpiazza, e Stefano Piccagliani, musicista, cantautore e giornalista.




Sono gli stessi autori a spiegare il perché di questo libro: “Ci siamo domandati se nel fare questo lavoro ci guidasse la nostalgia. In primo luogo ci ha guidato la passione per la musica. Anzi, per il rock. E le passioni sono così, sono cuore e movimento, sorrisi e lacrime. Sangue, sudore e lacrime”.

Il libro è un viaggio nel rock e un viaggio tra quei locali che contribuirono a portare i protagonisti del rock a Modena: il Picchio Rosso, il Bob Club 2000, il Kiwi. Anche se il vero palcoscenico dei concerti ‘storici’ sono stati gli spazi pubblici: il palasport, lo stadio, le feste dell’Unità.

Ma il libro è anche un pezzo di storia: perché molti di quei concerti furono voluti e organizzati dal Pci che comprese l’importanza di parlare ai giovani attraverso la musica.

Uno dei punti di forza del volume di quasi 200 pagine sono le fotografie inedite dei concerti: fotografie che fanno rivivere le esibizioni di Sting, Simple Minds, Guns N’ Roses, Radiohead… Ecco alcuni dei nomi che affollano i racconti e le immagini, selezionati da un catalogo davvero impressionante – e rigorosamente riportato – di eventi musicali. Gli autori hanno scelto però di raccontare per esteso solo i concerti di maggiore impatto e rilevanza, dagli anni ’80 fino ai giorni nostri.


Qualche pillola del libro. Sul concerto del 5 novembre 1986 degli Eurythmics: “Se vogliamo parlare dell’aspetto visivo del concerto lo dobbiamo riassumere in due immagini: il sipario con la zip e il reggiseno rosso di Annie Lennox, che sarebbero valsi da soli il prezzo del biglietto. Quanto alla musica, anche di più”.

L’8 e il 9 luglio 1988 ci sono i Pink Floyd: “Il concerto fu per molti versi memorabile per lo spettacolo non meno che per la musica. Lo fu per i fan di stretta osservanza e lo fu per i neofiti. Ogni canzone una scenografia, un trucco, una magia di luci. Il suono del registratore di cassa per Money, diffuso in quadrifonia allo stadio, o il rumore dell’acqua sulla quale scivolavano i vogatori di Sign of Life”.

L’8 settembre 1990 arriva David Bowie: “La scaletta però era perfetta per celebrare il mito: dopo avere iniziato con Space Oddity (e d’altro canto tutto era effettivamente iniziato da lì anche nella sua carriera) Bowie infilò in successione dei super classici come Rebel Rebel, Life on Mars, Ashes to Ashes e Ziggy Stardust e non tralasciò nemmeno i pezzi del suo periodo “pop” come China Girl, Let’s Dance e Blue Jean”.

Ai Nirvana tocca il 21 febbraio 1994: “Forse non fu un brutto concerto, forse non fu bellissimo, ma oggi quello che accadde il 5 aprile di quello stesso anno ha mistificato ogni giudizio. Di certo, Cobain pareva assente, pallido, lo sguardo fisso su un punto lontano; si agitava poco, urlava molto, a volte, più che cantare”.

Il 14 giugno 2008 sul palco salgono i Rage against the machine: “Verso le 22, al suono di una sirena da attacco aereo, i quattro Rage appaiono sul palco. Il cantante Zack De La Rocha, il chitarrista Tom Morello, il bassista Tim Commerford ed il batterista Brad Wilk sono fermi immobili con le mani dietro la schiena indossando quattro tute arancioni e quattro cappucci neri a coprire le facce come quattro prigionieri della base americana di Guantanamo dove l’amministrazione Bush aveva deciso di detenere le persone catturate in Afghanistan come “combattenti nemici illegali”. Così conciati eseguirono l’iniziale Bombtrack, poi via le tute e sotto con un’ora e mezza di concerto infuocato, sotto la stella rossa dell’esercito zapatista che sovrastava il palco. Sedici pezzi con tutto il meglio del loro repertorio, da Know Your Enemy a Guerrilla Radio, da Bullet in the Head a Killing in the Name”.

Non manca una carrellata sulle esibizioni dei big italiani: Vasco Rossi, Ligabue, Claudio Baglioni solo per citarne alcuni. Il libro si chiude con un interrogativo che in effetti assale leggendolo, soprattutto chi tutto questo non l’ha vissuto: “E’ successo davvero o ce lo siamo soltanto immaginato noi romantici rocchettari? Vallo a sapere…”.

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