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Dj Fabo, il processo a Cappato andrà alla Corte Costituzionale

Il Tribunale di Milano sceglie il rinvio alla massima Corte per l'esponente radicale indagato per "aiuto al suicidio"

Pubblicato:14-02-2018 15:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:29
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ROMA – Sarà la Corte Costituzionale a decidere sul processo per la morte di Dj Fabo nel quale è imputato, con l’accusa di “aiuto al suicidio”, l’esponente dei Radicali Marco Cappato.

Il Tribunale di Milano ha infatti deciso di inviare gli atti del processo alla massima autorità giudiziaria del paese, per una sentenza destinata a scrivere una pagina storica sul tema del ‘fine vita’. La Corte Costituzionale dovrà ora decidere se Cappato aiutò Fabo “a esercitare un suo diritto, non il diritto al suicidio ma il diritto alla dignità” nel morire.

Marco Cappato, che si era autodenunciato dopo aver accompagnato Dj Fabo in una clinica in Svizzera, rischia dai 6 ai 12 anni di reclusione ma l’Associazione Coscioni ha commentato la decisione definendola “la migliore possibile, un’occasione senza precedenti per superare un reato introdotto nell’epoca fascista”.


Il Tribunale di Milano ha invece deciso di assolvere Marco Cappato per il reato di istigazione al suicidio.

“Grazie alla disobbedienza civile di Marco e alla scelta dei giudici di Milano ora la Corte Costituzionale ha l’opportunità di scrivere una pagina fondamentale nell’affermazione dei diritti umani e personali in Italia”, commenta il leader dei Radicali Riccardo Magi.

“Marco Cappato- aggiunge- ha aiutato un uomo libero a esercitare un suo diritto inalienabile, ossia quello di decidere come vivere la propria vita fino alla fine. Il ricorso alla Corte Costituzionale rappresenta una straordinaria opportunità per superare una legge che impedisce a persone capaci di intendere, affette da patologie irreversibili, di ottenere legalmente l’assistenza per morire senza soffrire“.

L’eutanasia legale è un tema che va affrontato senza paura e senza pregiudizi– spiega Magi- già dalla prossima legislatura. Ancora una volta, davanti a una politica timida sui diritti, sono i tribunali – dovendo affrontare casi reali – a spingere per riformare le leggi. E’ stato così per il biotestamento con il caso Englaro, per la stepchild adoption che ormai viene riconosciuta regolarmente dai tribunali a cui le coppie gay fanno ricorso, la procreazione assistita con sentenze che sono intervenute sulle assurdità della legge 40 e la cannabis, la cui legalizzazione ad uso terapeutico, prima di approdare in parlamento per fermarsi in Senato, ha visto diverse sentenze in tribunali”.

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