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Una nuova tecnica di chirurgia mininvasiva contro la scoliosi: “percentuale di riuscita del 90%”

La scoliosi dell’adulto è una patologia degenerativa che si manifesta dopo i 50 anni e colpisce due adulti su tre

Pubblicato:13-11-2017 15:36
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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ROMA – La scoliosi dell’adulto è una patologia degenerativa che si manifesta dopo i 50 anni e colpisce soprattutto il sesso femminile. Una condizione fortemente invalidante che comporta perdita di autonomia e con l’invecchiamento generale della popolazione affligge sempre più persone: a seconda della fascia di età, la prevalenza della scoliosi può arrivare fino al 68%.

Ma se con il passare degli anni la schiena ne risente, una nuova tecnica percutanea e mininvasiva assicura importanti benefici: “E’ una tecnica che consente di ridurre il dolore e sintomi neurologici associati restituendo la capacità di compiere in piena autonomia qualsiasi attività quotidiana- spiega Pier Vittorio Nardi, presidente del Cismer, Associazione di Chirurgia Italiana Spinale Mini- invasiva e Robotica e responsabile della Chirurgia Vertebrale dell’ospedale Cristo Re di Roma- Nel nostro centro abbiamo ottenuto un elevato numero di risultati soddisfacenti a fronte di un basso tasso di complicanze e un impegno chirurgico minimo per il paziente, con una percentuale di riuscita del 90%”.


“La scoliosi è un’alterazione della colonna vertebrale che diventa deforme con un raggio di curvatura maggiore di 10 gradi, ed è fonte di dolore cronico del rachide spesso irradiato agli arti inferiori e talvolta associato a sintomi neurologici come limitazione della deambulazione- afferma l’esperto- E’ una patologia degenerativa, che inizia a manifestarsi dopo i 50 anni e peggiora nel tempo: i dischi intervertebrali si rovinano, si altera il carico sulla colonna e si danneggiano le faccette articolari. La colonna nel tentativo di compensare si deforma e si forma la curva scoliotica. Le cause si rintracciano nella predisposizione anatomica di ogni singolo individuo, ma ad incidere possono essere anche la postura e il lavoro svolto soprattutto quando è particolarmente usurante”.

Per trattare la patologia esistono diversi tipi di intervento, ma non tutti promettono gli estesi risultati: “Non sempre fisioterapia e terapia farmacologica non riescono ad alleviare dolore e sintomi neurologici e a restituire una buona qualità di vita al paziente, per cui spesso si deve ricorrere al trattamento chirurgico – prosegue Nardi – L’intervento classico prevede un’ampia incisione, lo scollamento dei tendini e dei muscoli dalla colonna, la decompressione del canale vertebrale e la correzione della deformità seguita alla fissazione della colonna con barre e viti peduncolari. Purtroppo si associa a un alto tasso di complicanze dovuto alla lunga durata della procedura chirurgica, alle perdite ematiche, alla scarsa qualità dell’osso che spesso è osteoporotico. Inoltre nel lungo periodo le viti possono cedere o spostarsi e bisogna rioperare”.

Un nuovo trattamento permette invece di ridurre al minimo lo stress operatorio e garantire al paziente un rapido recupero dell’autonomia: “Oggi grazie alla chirurgia mininvasiva e all’utilizzo di materiali tecnologicamente avanzati che garantiscono un’efficace tenuta sull’osso siamo in grado di minimizzare le complicanze dell’intervento. Nel nostro centro trattiamo molti pazienti, la maggior parte dei quali con tecnica mininvasiva, ottenendo un elevato numero di risultati soddisfacenti a fronte di un basso tasso di complicanze. Tra i pazienti selezionati, ovvero con una scoliosi lieve, la percentuale di riuscita è pari al 90%. Una volta terminato l’intervento, questi recuperano l’autonomia necessaria per esercitare in totale libertà le funzioni della vita quotidiana”.

E anche il recupero è molto rapido. “La tecnica prevede l’inserimento di barre e viti per via percutanea e protesi tra i corpi vertebrali, attraverso piccole incisioni cutanee che permettono di correggere la deformità senza necessità di scollare tendini e muscoli minimizzando quindi le perdite ematiche ed i tempi chirurgici. L’utilizzo dell’amplificatore di brillanza, inoltre, consente di essere guidati nell’intervento da radiografie eseguite intraoperatoriamente. I tempi dell’intervento sono ridotti e soprattutto sono ridotte le perdite ematiche. Il recupero post-operatorio è più rapido e la degenza ospedaliera breve. Il giorno successivo all’intervento il paziente può già alzarsi e camminare”.

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