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Pediatria, ‘latte vegetale’ di moda ma cresce rischio nutrizionale

Morino (Opbg): "Uso soia nel tempo aumenta utero e ghiandola mammaria"

Pubblicato:13-06-2018 15:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:15

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ROMA – In questi ultimi anni, in base ad una supposta scelta salutare o ad un aumento di diagnosi non esatte di intolleranze alimentari, si stanno escludendo il latte vaccino o le formule di proseguimento nei bambini più piccolini a vantaggio dei cosiddetti latti vegetali. Di sicuro non sono ‘latti vegetali’ ma bevande vegetali, essendo il latte solo quello prodotto dalla mamma, dalla mucca o dalla capra. Ne parla oggi al 74esimo congresso di pediatria della Società italiana di pediatria (Sip), in corso a Roma, Giuseppe Morino, responsabile della UO Dietologia Clinica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

“Tra le bevande vegetali ritroviamo quelle a base di soia, di riso, di mandorle, di cocco e di avena. Quelle che maggiormente interessano sono le bevande di soia, riso e cocco. Trattandosi appunto di bevande- continua Morino- non hanno gli stessi elementi nutrizionali del latte in termini di apporto calorico, perché è molto più scarso rispetto a quello che si ottiene bevendo un bicchiere di latte”. Le bevande vegetali presentano, quindi, un diverso apporto dei singoli nutrienti: “La bevanda di riso si caratterizza per un apporto di zuccheri eccessivo. A livello proteico, le proteine della soia pur non avendo la stessa valenza di quelle animali sono molto alte. Inoltre ci sono delle differenze anche in termini di micro-nutrienti, parliamo della vitamina D e del ferro“. Alcuni studi recenti hanno “messo in evidenza la possibilità che un uso esclusivo di queste bevande, come complemento ai due pasti principali, portino a quadri di malnutrizione per difetto– precisa il medico- che vanno da un semplice rachitismo a quadri di malnutrizione più importanti. Quindi, dall’anemia da carenza di ferro fino a quadri di malnutrizione proteico-calorica”.

La soia è un tipo di alimento in cui “abbiamo una formula che si avvicina maggiormente alle esigenze nutrizionali del bambino molto piccolo, per com’è formulata e per come risponde ai quadri di vere allergie alle proteine del latte vaccino in cui non ci sia una componente gastrointestinale. Va detto- precisa il medico dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma- che diverse società scientifiche indicano come preferibile un altro tipo di alimento: l’idrolisato“. È stato recentemente pubblicato uno studio che “mette in evidenza che nelle bambine sottoposte ad alimentazione con bevanda di soia sia emerso nel tempo un aumento sia dell’utero che della ghiandola mammaria, come se ci fosse un intervento esterno di tipo estrogenico. Risultati importanti- conferma Morino- che dobbiamo conoscere e che ci devono far sorgere un punto interrogativo quando scegliamo questa bevanda”.
L’aumentato utilizzo delle bevande vegetali dipendono, secondo Morino, da due fattori: una distorsione del concetto di salutare come “se tutte le proteine animali facciano male e tutto debba essere vegetale. Non è così. Certamente i nostri bambini mangiano troppe proteine animali, e questo è un dato, ma noi dobbiamo riappropriarci del modello mediterraneo che è vario. Prevede la carne non più di 3 volte a settimana, il pesce 2-3 volte a settimana e poi ci sono i legumi. In questo senso è un’alimentazione varia, anche il latte vaccino o le formule nei bambini più piccoli, quando non c’è il latte materno che rappresenta sempre l’alimento di base del primo e anche del secondo anno di vita in alcuni casi, possono rientrarci tranquillamente”.


Il secondo punto critico riguarda le diagnosi di intolleranza e allergie. “Oggi- ribadisce l’esperto di alimentazione dell’Ospedale Bambino Gesù al congresso della Sip- si tende a fare una diagnosi errata e molte volte assurda di intolleranza al latte o agli alimenti. Basta che ‘mio figlio’ abbia la pancia gonfia, il sovrappeso o che si sia svegliato la mattina con un occhio gonfio che subito si pensa ad una intolleranza/allergia al latte vaccino. Non è così. La diagnosi di allergie/intolleranze deve essere clinica e il pediatra la deve fare osservando il problema, escludendo l’alimento per un periodo limitato di tempo per poi reintrodurlo. Questa è la vera diagnosi, tutto il resto ha a che fare con altri elementi che non centrano e che spesso portano il pediatra e molte volte le mamme da sole- conclude Morino- a scegliere queste bevande alternative che nel tempo possono costituire un problema nutrizionale”.

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