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Plusdotazione, associazioni: “Intelligenza, vera risorsa della società”

Da una parte l'Aget, associazione genitori education to talent, dall'altra il Mensa, parola latina che rimanda all'idea di 'tavola rotonda', luogo dove nessuno prevale sugli altri

Pubblicato:13-06-2017 15:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:20

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ROMA – Da una parte l’Aget, associazione genitori education to talent, dall’altra il Mensa, parola latina che rimanda all’idea di ‘tavola rotonda’, luogo dove nessuno prevale sugli altri. Sono due delle realtà più attive e seguite in tema di plusdotazione.

La prima è l’unica organizzazione italiana formata esclusivamente da madri e padri di bambini ad alto potenziale cognitivo già valutati dagli esperti in materia. Il suo obiettivo è di fare in modo che questa caratteristica venga riconosciuta, soprattutto a scuola, per essere poi sviluppata secondo le esigenze e le particolarità dei figli. La seconda, presente in oltre 100 nazioni, punta invece a incoraggiare l’intelligenza quale (vera) risorsa a beneficio della società. Hanno due prospettive diverse, quindi, ma si muovono nella stessa direzione. La Dire ha intervistato le presidenti delle due associazioni per scoprire come lavorano.

VALERIA FAZI, AGET-ITALIA

“Non c’è cosa più bella di un bambino che vuole capire come funziona ciò che gli sta attorno. È il mondo che avanza, il nuovo che avanza. Dobbiamo dargli tutti gli strumenti per farlo al meglio, come madri, padri e come società”. L’Aget nasce nel 2014 in Veneto, la sola Regione che qualche anno fa ha finanziato un progetto per poter valutare questi bambini ad alto potenziale cognitivo e per formare i docenti. “L’anno scorso, aumentando il numero dei soci e delle regioni coinvolte nella nostra azione, abbiamo sentito l’esigenza di essere presenti anche a Roma, un punto centrale – anche logisticamente – e vicino alle Istituzioni”. Le loro attività seguono essenzialmente tre filoni:


– il primo, e più importante, riguarda l’organizzazione di eventi. “Partiamo dal presupposto che questi bambini, questi ragazzi, sono estremamente curiosi e desiderosi di conoscenza. Ma spesso accade che debbano ‘esplorare’ da soli perché ci sono argomenti, per loro interessantissimi, che vengono spiegati in gradi più avanzati di istruzione. ‘Ne parleremo il prossimo anno’, specificano spesso gli insegnanti, e loro così ottengono solo risposte parziali o appena abbozzate. Per questo abbiamo organizzato degli eventi sperimentali che mettono insieme bambini dai 4 ai 16 anni, limite oltre il quale, se vogliono,  possono accedere al Mensa”.

Gli incontri hanno cadenza mensile e si svolgono a Roma e in Veneto. “Formiamo classi da 10-12 ragazzi per agevolare il compito del relatore, scelto – in base al tema del giorno – tra i massimi esperti italiani. Abbiamo avuto professori dell’Accademia della Crusca, ingegneri del CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali), un po’ di tutto. Si mettono in gioco e, dopo una chiaccherata con gli psicologi per capire quale approccio utilizzare con gli alunni, inizia la lezione. La trattazione dell’argomento parte dalle basi intuitive, spesso con la proiezione di cartoni animati per coinvolgere i più piccoli, per poi man mano complicare linguaggio e contenuti. Ma sempre usando termini tecnici, questa la regola. All’inizio mi dicevano che ero una pazza a proporre una cosa del genere, ma devo dire che sta avendo un successo incredibile. Abbiamo visto bambini di 4 anni e mezzo discutere con l’ingegnere aerospaziale sulla forma delle ali di un aereo, perché volevano capire come facesse a volare. Grazie a questa voglia infinita di imparare riusciamo a creare un’atmosfera positiva e coinvolgente, anche perché i nostri laboratori non riguardano mai gli argomenti studiati durante l’anno. Proviamo a spingerci oltre: se a scuola si insegna il sistema solare, noi chiamiamo l’ingegnere che spieghi loro come è planata la sonda su Marte”.

– Il secondo filone riguarda la formazione dei docenti, perché sono le persone che stanno maggiormente a contatto durante il giorno con i bambini. “Questi corsi servono per ampliare le loro conoscenze, in modo che possano riconoscere e capire la plusdotazione. Finora abbiamo ottenuto ottimi risultati: siamo stati i primi, ad esempio, a ‘preparare’ tutti i docenti di un intero istituto comprensivo, l’Ippolito Nievo di San Donà di Piave, l’unico in Italia interamente formato. Lo riteniamo un grande passo, così facendo non ci saranno dei ‘vuoti’ e qualunque bambino ad alto potenziale potrà essere guidato nel suo percorso di apprendimento, indipendentemente dalla classe o dai maestri che trova”.

La caratteristica principale della nostra formazione è che viene svolta dagli psicologi. “A volte chiediamo anche una testimonianza dei docenti già preparati, in modo che possano raccontare ai loro colleghi quello che hanno vissuto.

È importante, però, che questi bambini rimangano con i loro coetanei. Non amiamo l’idea delle classi ‘speciali’. Chiediamo alla scuola e ai docenti di capire la loro particolarità: devono avere la possibilità, insieme al resto della classe, di fare degli ‘arricchimenti’ – così li chiamiamo – su varie tematiche, andando oltre il programma tradizionale e sviluppando delle discussioni che coinvolgano tutti gli alunni”.

– La terza parte del lavoro si basa sull’attività di sussidio ai soci, svolta attraverso varie convenzioni. “L’ultima che abbiamo fatto, in questi giorni, è con i principali circoli scacchistici del Veneto. I nostri figli avranno così la possibilità di fare delle lezioni con dei giocatori professionisti, e anche a Roma offriamo un servizio del genere. Abbiamo poi un accordo con un gruppo di educatrici, che possono fare da tate o altrimenti offrire un servizio formativo qualche ora alla settimana, come per esempio affiancare i più piccoli durante i compiti. Per finire- conclude la presidente Aget- abbiamo i corsi gratuiti di approfondimento e i cosiddetti ‘pomeriggi informativi’, che sono delle spiegazioni – richieste dai nostri associati quando, ad esempio, il figlio cambia scuola – rivolte ai docenti che non siano già formati in tema di plusdotazione”.

ELSA DI FONZO, MENSA ITALIA

L’impegno dell’associazione si sviluppa lungo due binari. “Da una parte, anche grazie al nuovo sito che sarà pronto a breve, puntiamo a espandere il nostro brand e a invogliare le persone a fare il test di ammissione. Dall’altra, organizziamo vari eventi per favorire la socializzazione tra nostri membri: più di 1.600 persone che sentono la necessità di condividere progetti e ambizioni. Abbiamo tre appuntamenti fissi, interni all’organizzazione e non aperti al pubblico. Si comincia ad aprile con il Convegno nazionale, durante il quale viene tenuta l’assemblea dei soci. A giugno c’è il ‘Mensa Italia Games’, un weekend di svago che ruota intorno a una caccia al tesoro e a vari esercizi di enigmistica e giochi di ruolo, come ‘Werewolf’ (in italiano, Licantropo), che si svolge soprattutto di notte. A novembre invece ci riuniamo per il meeting annuale”.

Gli eventi si svolgono in varie città, “da Nord a Sud, per venire incontro alle esigenze dei membri sparsi in tutta Italia. A ciò si aggiunge il grande lavoro delle segreterie locali, che organizzano ogni genere di attività, dalle visite ai musei agli incontri per aperitivi o cene passando per le tante conferenze aperte a tutti”. Il gruppo piemontese si raduna anche per i cosiddetti ‘salotti mensani’: “Scelgono un argomento da trattare, un socio mette a disposizione la propria casa e ci si ritrova lì per discutere animatamente. Per finire, ci sono gli eventi a cui noi ci associamo. Sono ormai tre anni che siamo presenti con un premio alla gara di robotica ‘RoboCup junior’, a cui possono partecipare gli studenti degli istituti tecnici superiori. Abbiamo il nostro stand dove proponiamo esercizi logici, matematici e giochi di programmazione. Questo, al momento, è il nostro legame con il mondo scolastico, anche se abbiamo in cantiere progetti per essere più presenti a livello giovanile”. Va in questa direzione l’evento ‘Brain’ organizzato tutti gli anni a ottobre: un mese dedicato a quiz di ogni genere, aperto a tutti e con in palio premi, gadget e altre sorprese. “È un modo per pubblicizzare le nostre iniziative e, perché no, entrare in contatto con i ragazzi. Da statuto infatti non possiamo accogliere soci sotto i 16 anni (in America invece esiste il Mensa kids, ndr), ma l’obiettivo è quello di coinvolgerli sempre di più. Il futuro – dell’associazione e del Paese – è nelle loro mani”.

di Niccolò Gaetani

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