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FOTO e VIDEO | Officine letali e di lotta, a Bologna in mostra la storia delle Ogr (e il dramma dell’amianto)

Nella sede dell'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna è stato inaugurato un museo che raccolta la storia delle Officine grandi riparazioni (Ogr) di Bologna

Pubblicato:13-05-2019 16:11
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:27
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BOLOGNA – Un “presidio della memoria” per ricordare non solo la tragica vicenda dell’amianto, ma anche la storia straordinaria delle Officine grandi riparazioni (Ogr) di Bologna, che hanno contribuito dal punto di vista sia del lavoro sia dei diritti alla storia industriale dell’Italia. Al suo interno, fotografie, una mappa interattiva, e materiale proveniente dalla fabbrica, ora in disuso, di via Casarini: telefoni, attrezzi, tute e caschi da lavoro, strumenti di rilevazione. È stato inaugurato questa mattina, in viale Aldo Moro, nella sede dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Si trova poco più in là dell’ingresso, e volutamente non ha porte per permettere anche a un passante incuriosito di conoscere la storia delle Officine.




La storia della fabbrica, dall’innovazione al dramma dell’amianto

Il materiale esposto ripercorre la storia che ha attraversato la fabbrica, dall’innovazione tecnologica al dramma dell’amianto, che nel tempo si è portato via più di 300 ex lavoratori. Dramma ancora in corso, perchè le diagnosi mediche continuano ad arrivare: “È una notizia di questa mattina, c’è una nuova diagnosi di mesotelioma di un ex lavoratore delle Officine- annuncia dal palco Andrea Caselli, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime di amianto dell’Emilia-Romagna- questo ovviamente turba la giornata di oggi che era una giornata importante per ricordare il lavoro e anche il dramma dell’amianto all’interno delle Officine, che purtroppo come si può vedere continua tutt’oggi. Non ne vediamo la fine. Questo per noi è un attimo di angoscia abbastanza forte”. A maggior ragione occorre raccontare “l’orgoglio professionale dei lavoratori che costruivano i loro strumenti di lavoro per adattarli alle necessità dello stabilimento- prosegue Caselli- ma anche appunto la storia dell’amianto”.

Le lotte sindacali

Solo le lotte sindacali hanno permesso di mettere in sicurezza allo stabilimento: “C’è voluto molto tempo, molte lotte, c’è voluto il contributo del Servizio sanitario nazionale, di quei medici che si erano alleati con i lavoratori, dell’Istituto Ramazzini. Sappiamo che il prezzo da pagare è ancora alto perché nei prossimi mesi ci aspettiamo altre malattie, altre diagnosi. Questo però potrà essere un luogo di insegnamento ai giovani, ai ragazzi delle scuole”, dice sempre Caselli.

Una questione simbolo

Una questione simbolo, quella delle Ogr, per “ricordare quanto difficile sia stato e quanto difficile sia conciliare il lavoro e la salute e quanto importante sia battersi e lottare affinché non si possa morire di lavoro– aggiunge Luigi Giove, segretario regionale della Cgil- è importante ricordare questa storia, perché la storia di questa città è la storia di tanti lavoratori e tante lavoratrici di queste officine”. Insomma, un presidio “utile per ricordare un passato di lotte ma soprattutto un’attenzione per il futuro, per dire ai ragazzi ‘attenzione, non si deve mai subire sui temi della salute sul lavoro‘” spiega Simonetta Saliera, presidente dell’Assemblea legislativa.

Durante la presentazione, Caselli ha però anche rilanciato la questione di cosa fare della fabbrica di via Casarini, attualmente dismessa e in attesa di bonifica, auspicando che anche quello diventi luogo di memoria, anche grazie a una petizione “che nei prossimi giorni presenteremo a Fs e alle istituzioni”. “Non ci siamo dimenticati del luogo fisico, i capannoni che sono ancora là”, è la risposta di Raffaele Donini, assessore regionale ai Trasporti, accennando anche a un possibile progetto di rigenerazione urbana. Il progetto del museo è stato promosso da Afeva Emilia-Romagna, Cgil, Assemblea legislativa e Fondazione Fs, che ha curato fisicamente l’allestimento degli spazi. Un’iniziativa nata “dalla dedizione di colleghi che hanno preservato questi oggetti e strumenti di lavoro– racconta Claudio Calvelli, della Fondazione Fs- ogni oggetto racconta una storia di passione e di servizio sia nei momenti belli che anche nei momenti meno belli”.






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