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Il carabiniere del caso Cucchi denuncia: “Da Stefano a Marco Vannini c’è un sistema”

Riccardo Casamassima cita anche il caso di Serena Mollicone e dice: "Vorrei spiegarlo al ministro Trenta..."

Pubblicato:13-05-2019 13:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:27
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ROMA  – “Chiunque sappia qualcosa in più sulla vicenda deve parlare, e sarà tutelato dal ministero”. E’ stato questo l’appello del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, sul caso di Marco Vannini dopo i nuovi sviluppi che mettono nel mirino l’ex comandante dei Carabinieri di Ladispoli, Roberto Izzo, che secondo un nuovo testimone, l’artigiano di Tolfa, avrebbe convinto Antonio Ciontoli a prendersi la colpa dell’omicidio per tutelare il figlio Federico, e insieme a lui il brigadiere capo Manlio Amadori, in servizio in caserma a Ladispoli la notte in cui Marco Vannini è stato ucciso. “Ma che cosa è in pratica questa tutela?”. A parlare con l’agenzia di stampa Dire è il carabiniere Riccardo Casamassima che, da quando ha rotto il silenzio sul caso di Stefano Cucchi, è stato trasferito, tolto dal suo ruolo operativo e invitato a spostarsi verso reparti all’apparenza uguali ed “equidistanti”, ma invece “scomodi”, come quello aeroportuale di Ciampino “dove vengono mandati i carabinieri che denunciano”.

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Incarichi che, dice Casamassima, “ho dovuto rifiutare perche’ punitivi”, subendo “continui tentativi di delegittimazione, procedimenti disciplinari fino all’ultimo processo del 21 maggio prossimo in cui saro’ parte offesa e davanti al gup di Roma ci sarà l’udienza sui depistaggi per la morte di Stefano Cucchi. A processo ci saranno 8 tra ufficiali e graduati tra i quali anche un appuntato che ha provato a screditarmi e che già davanti al pm ha ammesso che due ufficiali lo hanno obbligato a redigere la relazione in quel modo”. 

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E’ amareggiato Riccardo Casamassima, eppure convinto di quello che ha trovato il coraggio di fare. Ad aiutarlo la sua normalità familiare, gli affetti, la compagna, carabiniere anche lei, i due figli piccoli. Dal suo profilo Fb ha lanciato un appello al brigadiere Amadori affinché trovi il coraggio di parlare. “Esiste un sistema- lo chiama proprio così Casamassima- da Serena Mollicone a Cucchi e Vannini– con cui si intimidiscono le persone, per farle tacere, per non denunciare. E io faccio scuola, come sostiene il mio avvocato Simona Gasperini, io sono un monito per gli altri. Forse per questo il comandante generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, mi offende, mi insulta, mi chiama ‘delinquente e stalker’ e non vuole ricevermi a rapporto”. E’ l’effetto Casamassima’, che l’appuntato racconta come un filo rosso che “segna tante vicende ormai note in cui è coinvolto personale dell’Arma dei Carabinieri” e che hanno tutte un tratto comune: una “strategia della paura che lascia di fatto le persone che parlano senza tutele”.

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“Del resto se io fossi stato elogiato per il mio dovere di coscienza- puntualizza Casamassima- chissà quante altre storie uscirebbero”. Per questa ragione dal suo profilo Fb continua a lanciare appelli, racconta passo passo il suo caso e il prezzo che paga: “Isolato, senza tutele concrete, mi hanno messo ad aprire una porta con danni economici per me e i miei figli”. Ma “l’Italia per bene aspetta- scrive ancora in un post Casamassima rivolgendosi al brigadiere Amadori- faccia come ho fatto io”.

Casamassima racconta “di essere sempre stato molto stimato nel lavoro. Ho eseguito tanti arresti, soprattutto per spaccio e traffico di droga. E’ questo il mio campo. So per certo che ci sono due casi, di due persone, un italiano e uno straniero, ricollegabili a responsabilità di cattiva gestione dell’indagine da parte di personale dell’Arma, casi su cui bisogna fare accertamenti. Sono mesi che scrivo che ci potrebbero essere altre due persone morte, ma senza tutele concrete non si puo’ piu’ denunciare“.

Dal suo profilo Facebook lo ribadisce chiaramente: “Se il brigadiere Amadori non parla sicuramente ha paura che il comandante generale possa adottare gli stessi provvedimenti che sono stati adottati per me”. “Cosa succede a chi parla?” Vorrebbe proprio spiegarlo Riccardo Casamassima al ministro Trenta. “Mia moglie da tre mesi le ha chiesto un incontro, la seconda istanza e’ del 7 maggio, ma chissà – si domanda – se il ministro lo sa“.

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