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Turchia, il Paese è più fragile dopo la stretta anti-gulenista

Il 2016 annus horribilis. All'origine di tanta vulnerabilità, stando all'analisi fornita alla DIRE da Lookout News, la stretta autoritaria di Erdogan

Pubblicato:12-12-2016 12:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:24

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attentato istanbulROMA – La repressione e le inchieste del dopo golpe in Turchia hanno indebolito le capacità operative delle forze armate, di quelle di polizia e dei servizi di intelligence e sicurezza.

È proprio a questo indebolimento che può essere fatta risalire la relativa facilità con la quale i terroristi sono riusciti a operare ieri: una doppia esplosione – da 400 chili di tritolo – nei pressi dello stadio di calcio Vodafone Arena della squadra del Besiktas ha provocato una quarantina di morti e il ferimento di 160 persone.


turchiaA rivendicare l’attentato, i separatisti curdi del Tak, i Falchi della Libertà del Kurdistan. Il gruppo è una fazione scissionista ed estremista del Pkk, lo storico Partito dei lavoratori contro cui il governo Erdogan ha immediatamente puntato il dito appena saputo della strage.


Il 2016 quindi si riconferma “l’annus horribilis” per la Turchia, e all’origine di tanta vulnerabilità, secondo quanto emerge da un’analisi fornita all’agenzia DIRE dal portale ‘Lookout News’, la stretta autoritaria compiuta dal Presidente Racep Tayyip Erdogan in risposta al fallito colpo di Stato di luglio scorso.

Erdogan“Dopo aver tentato di diventare invano il protagonista della lotta per la destituzione del regime siriano di Assad fin dal 2012- scrivono gli analisti di ‘Lookout’- Erdogan ha dovuto affrontare un progressivo deterioramento dei rapporti con i partner esteri dovuto non soltanto alla deriva islamista imposta al suo Paese ma anche da una serie di mosse e di iniziative militari che un anno fa, con l’abbattimento da parte della contraerea turca di un jet russo, hanno portato la Turchia sull’orlo di una crisi molto pericolosa con il Cremlino”.

La conseguenza piu’ immediata è stata, da parte di Mosca, una rappresaglia di tipo economico: stop alle importazioni di prodotti turchi e il congelamento dei visti, colpendo così il comparto industriale e il settore del turismo del vicino anatolico, con perdite enormi in termini di entrate e posti di lavoro. Di recente, Ankara ha fatto molto per tornare in buoni rapporti con Putin, ma la Russia non è il suo unico problema. Con l’Unione europea i rapporti sono arrivati a un punto morto: l’aver accettato il compromesso di gestire il flusso dei migranti non è bastato a persuadere Bruxelles ad accelerare né l’ingresso di Ankara nell’Ue, né la concessione di visti per i cittadini turchi. L’arresto da parte delle autorità turche a novembre scorso dei vertici del partito di opposizione filocurdo Hdp – accusati di presunti legami con i terroristi – non è piaciuta ai 28 Stati membri, preoccupati anche del prossimo varo della riforma che sancirà il passaggio da una repubblica parlamentare a una presidenziale, “una riforma- osserva ‘Lookout News’- che dovrebbe aumentare in modo significativo i poteri di Erdogan e che sancirebbe, secondo i partiti e i movimenti di opposizione, una decisa svolta autoritaria aumentando in modo pericoloso i poteri di un presidente, che finora si è dimostrato molto insofferente nei confronti degli equilibri istituzionali impressi dalla Costituzione laica e democratica voluta fin dal 1923 da Kemal Ataturk, il padre della Turchia moderna”.

Neanche con la Nato il dialogo è dei migliori, al punto che qualche giorno fa Erdogan ha paventato la possibilità di chiedere l’annessione alla Sco, una sorta di Nato asiatica. Ma è soprattutto sul piano interno che la situazione è tesa: “la repressione anti-gulenista ha provocato finora l’arresto di migliaia di persone e il licenziamento o l’emarginazione di intere schiere di professori universitari, giornalisti, magistrati e, quello che è più importante, di militari e di appartenenti ai corpi di polizia e della sicurezza. Oltre 20mila tra ufficiali e sottufficiali sono stati espulsi dalle forze armate, mentre altri 70mila sono attualmente sotto inchiesta in quanto sospettati di adesione al movimento di Gulen”. Tutto questo sta compromettendo gravemente la capacità dello Stato di garantire il controllo e la sicurezza del Paese, moltiplicando allo stesso tempo i nemici del governo.

di Alessandra Fabbretti

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