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Smartphone in classe, Codacons: “Follia allo stato puro”

Bocciatura senza appello, da parte del Codacons, per la proposta del ministro dell'Istruzione

Pubblicato:12-09-2017 09:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:40

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ROMA – E’ follia allo stato puro. Così il Codacons boccia senza appello la decisione della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, di far entrare gli smartphone nelle aule scolastiche. “Non capiamo se questa idea di consentire l’utilizzo dei telefonini in classe sia uno scherzo, una provocazione, o il frutto di un colpo di testa del ministro– spiega il presidente Carlo Rienzi-. Al pari dei cellulari, anche le sigarette o i prodotti alcolici fanno parte del mondo dei ragazzi: allora perché, seguendo il criterio del ministro, non consentire di fumare e bere durante le lezioni? Si tratta di un provvedimento pericolosissimo, che rischia di portare i ragazzi alla perdita della capacità di pensare, leggere e scrivere in modo indipendente dai telefonini”.

“CI SONO ANCHE RISCHI PER LA SALUTE, TELEFONINI SONO CANCEROGENI”

Carlo Rienzi

Non solo. Sono noti a tutti i rischi connessi all’uso degli smartphone, dal punto di vista sia mentale che fisico, specie sui più giovani. Già dal 2011 la Iarc, agenzia dell’Oms, ha classificato i telefonini come prodotti a rischio cancerogeno, e numerosi studi internazionali confermano i pericoli per la salute determinati dagli smartphone, specie quelli di ultima generazione, che hanno un impatto biologico quattro volte maggiore, perché trasmettono contemporaneamente su più frequenze, per inviare dati, immagini, ecc.. Diverse sentenze dei tribunali italiani hanno confermato tale aspetto, riconoscendo il nesso tra insorgenza del tumore e uso del telefonino.

“Per tale motivo se il Ministro Fedeli consentirà l’ingresso degli smartphone nelle scuole, si assumerà le responsabilità penali delle conseguenze sulla salute degli studenti, ed invitiamo già da oggi i professori, se non vogliono rispondere dei danni arrecati agli alunni, a rifiutare categoricamente l’uso dei cellulari nelle scuole”, conclude Rienzi.


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