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Arriva da Rebibbia il ‘Caffè Galeotto’: buono, equo e solidale

"A che bell' 'o cafe' pure in carcere 'o sanno fa". Cosi' cantava Fabrizio De Andre', e a dimostrarlo ci pensano i detenuti della casa circondariale di Rebibbia con il Caffe' Galeotto. Il progetto e' iniziato a settembre 2014 grazie ad un'idea della cooperativa Pantacoop.

Pubblicato:12-09-2015 14:11
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:32

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caffè galeotto1ROMA – “A che bell’ ‘o cafe’ pure in carcere ‘o sanno fa”. Cosi’ cantava Fabrizio De Andre’, e a dimostrarlo ci pensano i detenuti della casa circondariale di Rebibbia con il Caffe’ Galeotto. Il progetto e’ iniziato a settembre 2014 grazie ad un’idea della cooperativa Pantacoop che e’ riuscita a dar vita ad una vera e propria torrefazione dietro le sbarre del braccio G9 di Rebibbia con tanto di tostatrice e spietratrice, necessaria a selezionare con accuratezza ogni singolo chicco.

E’ l’attenzione al prodotto, oltre alla riabilitazione di chi lo lavora, uno degli aspetti piu’ interessanti di questa iniziativa che garantisce l’assenza di solventi chimici nel decaffeinato in polvere che realizza. Paradossalmente gli autori di tanta attenzione sono proprio i “galeotti”, in carcere per scontare la pena e assunti con un regolare contratto part-time dalla cooperativa. La Pantacoop nasce nel 2001 e inizialmente lavora con i detenuti appena usciti dal carcere ma con il tempo capisce l’importanza di impiegare persone che si trovano ancora in penitenziario per poter insegnare loro una competenza da spendere una volta scontata la pena. A produrre e confezionare il Caffe’ Galeotto ci sono solo detenuti che, dopo aver svolto un periodo di formazione, hanno acquisito una nuova professionalita’.

I detenuti che lavorano nel progetto non sono scelti in base al reato commesso ma incaffè galeotto2 base agli anni che ancora devono scontare, al loro comportamento e alla voglia che hanno di imparare il mestiere della torrefazione. Nella routine carceraria passare 6 ore a lavorare significa molto per persone costrette in cella per 22 ore al giorno; infatti le richieste dei carcerati di partecipare alla torrefazione sono tante e la cooperativa spera di aumentare i suoi collaboratori per ottobre 2015. Grazie al lavoro molti di loro hanno compreso gli errori del passato e stanno cogliendo questa nuova opportunita’ di riscatto.


“La pena non e’ piu’ esclusivamente punitiva ma anche riabilitativa; studi dimostrano – spiega Daniele Pellegrino responsabile marketing e comunicazione della Pantacoop – che chi non lavora in carcere, una volta fuori, reitera il reato nel 70 per cento dei casi. Il lavoro paga e paga soprattutto i detenuti”.

Il Caffe’ Galeotto e’ un orgoglio per l’istituto penitenziario di Rebibbia perche’ si inserisce a pieno nel commercio equo e solidale. I chicchi di caffe’ che sono lavorati dai detenuti, infatti, vengono acquistati da cooperative dell’Honduras e del Nicaragua che danno lavoro a donne, con un passato fatto di violenze, pagandole il giusto corrispettivo. Un caffe’ pensato a scopo sociale, di qualita’ ma comunque a prezzi di mercato, che puo’ essere acquistato nel punto vendita adibito nel carcere oppure contattando la cooperativa alla e-mail marketing@caffegaleotto.it.

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