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Migranti, Boldrini: “Indiscriminata campagna di denigrazione delle Ong”

ROMA - "Non si spara sulla Croce

Pubblicato:12-08-2017 13:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:36

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ROMA – “Non si spara sulla Croce Rossa, non si colpiscono i soccorritori che intervengono in situazioni di pericolo. A questo principio si sono attenuti i belligeranti di molti conflitti della storia recente. Ma il rispetto e l’ammirazione di cui hanno sempre goduto coloro che cercano di salvare vite e alleviare sofferenze sembrano non valere più per le Ong impegnate nel Mediterraneo, oggetto da settimane di una pesantissima, indiscriminata campagna di denigrazione, vittime di quella ‘inversione morale’ giustamente denunciata da Ezio Mauro”. Comincia così, in prima pagina su Repubblica, una lettera al direttore inviata dalla presidente della Camera, Laura Boldrini.

La presidente sottolinea: “Se tra le Ong qualcuna si è comportata in modo non trasparente e ha violato leggi, è giusto che i singoli responsabili vengano sanzionati. Ma è inaccettabile la criminalizzazione di un intero gruppo sociale. Se un chirurgo sbaglia un intervento e fa morire un paziente deve risponderne, ma non per questo chiudiamo le sale operatorie di tutta Italia. Meritano rispetto le ragioni delle Ong, anche di quelle preoccupate per la presenza di armi a bordo prevista dal codice. Che non significa in alcun modo ambigua equidistanza tra trafficanti di esseri umani e legittime istituzioni democratiche. Va compresa l’esigenza di essere disarmati sempre, comunque e dovunque, perché questo consente loro di operare nelle circostanze più difficili senza prestarsi a nessuna possibile strumentalizzazione del loro ruolo. Neutralità, indipendenza e imparzialità sono condizioni irrinunciabili della loro credibilità”.


Secondo Boldrini la gestione dei flussi migratori “non può essere basata sull’indebolimento del soccorso in mare. Chi ha diritto alla protezione internazionale deve essere accolto e inserito in un percorso strutturato di integrazione, fatto di diritti e di doveri. Chi non ha diritto deve essere rimpatriato, in base alle leggi vigenti. Ma, di fronte a chi rischia di annegare nel Mediterraneo, il primo dovere è tendere la mano e salvare vite, senza preoccuparsi del passaporto di chi sta affogando”, conclude.

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