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La prima governatrice del Mali: “Intesa segreta tra Francia e ribelli”

Spiega tutto alla Dire Kidiatou Sy Sow, primo governatore donna di Bamako e del Mali, più volte ministro e figura chiave di Adema, partito di riferimento sin dall’indipendenza

Pubblicato:12-07-2017 15:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:31

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dal nostro inviato in Mali Vincenzo Giardina

Bamako (MALI) – “Sembra esistere un accordo segreto tra i ribelli e la Francia” dice sorseggiando una tazza di tè Kidiatou Sy Sow, primo governatore donna di Bamako e del Mali, più volte ministro e figura chiave di Adema, partito di riferimento sin dall’indipendenza da Parigi proclamata nel 1960.

Il colloquio si tiene a Villa Soudan, in un patio a bordo piscina dal quale si vendono piroghe avanzare lente lungo il fiume Niger.


La prima domanda è sugli accordi di pace tra il governo del presidente Ibrahim Boubacar Keita e i gruppi armati di matrice araba e tuareg del Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma). Due anni dopo, l’esecutivo sta cercando di imporre un referendum costituzionale, presentandolo come fondamentale per dar seguito all’intesa. Secondo Sow, 62 anni, ora figura di spicco dell’opposizione, si tratta di una decisione allo stesso tempo sbagliata e illegittima.

“L’accordo prevedeva che entro un anno i ribelli fossero disarmati e che lo Stato ritornasse nelle regioni del nord occupate” sottolinea la dirigente di Adema. Convinta che finora l’intesa non sia stata affatto rispettata: “Le popolazioni locali restano sotto il controllo del Cma, mentre da Gao a Timbuctù a Kidal si moltiplicano le incursioni dei gruppi terroristici che approfittano dell’assenza dello Stato”. Stando a questa versione, il referendum è illegittimo perché i cittadini delle regioni del nord non potrebbero essere informati in modo corretto né votare liberamente. Ma la critica investe l’accordo di pace nel suo complesso.

È stato imposto dalla Francia, dall’Algeria e dall’Onu a dispetto dei timori dei maliani di vedere il proprio Paese smembrato”, dice Sow, che prosegue: “La formula dell’autonomia regionale prevista dall’intesa nasconde il rischio di un circolo vizioso, nel quale chiunque prenda le armi può ottenere potere”.

Non solo. Stando all’accordo, entro il 20 giugno scorso l’esercito del Mali avrebbe dovuto rientrare a Kidal, uno dei capoluoghi occupati dai ribelli.

La città, al confine con il Niger e l’Algeria, è invece rimasta sotto il controllo della Minusma, la missione di pace delle Nazioni Unite.

Parallelamente la Francia ha sottoscritto un’intesa di cooperazione militare con Bamako, consolidando la propria presenza in Mali dopo i raid aerei che nel 2013 avevano permesso di respingere i gruppi qaedisti avanzati seguendo l’onda della rivolta tuareg. Secondo Sow, con l’“accordo segreto” Parigi avrebbe cercato di usare i ribelli nella lotta contro i “terroristi” di Ansar Eddine e Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), salvo rendersi conto che i suoi alleati non erano in grado di costituire un argine efficace.

Ma perché il Mali sarebbe sotto tutela? “C’è un interesse strategico, su Kidal e anche su Gao, Timbuctù, Menaka e Tessalit” risponde Sow. In poco più di un mese il presidente francese Emmanuel Macron ha effettuato nel Paese ben due visite. La leader dell’opposizione chiama poi in causa l’Algeria, che al di fuori del proprio territorio avrebbe dato campo libero ai trafficanti, e sottolinea il valore dei giacimenti di uranio a ridosso della frontiera nigerina. “La posta in gioco”, spiega, “è il controllo delle risorse minerarie e delle rotte della droga e delle armi”. Di certo, un ministro del Mali che oggi voglia raggiungere i capoluoghi del nord deve chiedere l’autorizzazione e un passaggio aereo della Minusma.

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