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Ricerca. Cnr: grafene potenzialmente utile per assorbire ed emettere luce

Il risultato potrebbe aprire la strada all’utilizzo dei nanoribbons di grafene come materiali attivi in laser, fotorivelatori e altri dispositivi ottici

Pubblicato:12-04-2016 10:57
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:33

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grafene

ROMA – I nanoribbons di grafene, nano-strisce sottilissime, si rivelano potenzialmente utili per produrre, rivelare e controllare la luce nonché per assorbirla e convertirla in energia- un uso promettente, ad esempio, nel settore fotovoltaico– grazie a fenomeni quantistici chiamati bieccitoni. È la scoperta di un gruppo di ricercatori di due Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche- Istituto nanoscienze (Nano-Cnr) e Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn-Cnr)- in collaborazione con Politecnico di Milano, Università di Modena e Reggio Emilia e Max Planck Institute di Mainz. Lo studio è stato appena pubblicato su Nature Communications. A differenza dei fogli di grafene semi-metallici, i nanoribbons di grafene si comportano come semiconduttori con interessanti proprietà ottiche. “Abbiamo utilizzato il grafene ridotto in strisce larghe meno di cinque nanometri, pari a un decimillesimo dello spessore di un capello- spiega Deborah Prezzi di Nano-Cnr di Modena- In tale configurazione il grafene diventa un semiconduttore, proprietà indispensabile per applicazioni ottiche, e al contempo mantiene molte caratteristiche del materiale semi-metallico. Il grafene così modificato potrebbe essere impiegato in dispositivi ottici, come Led, laser e celle solari”. Così in un comunicato il Cnr.

Il team di scienziati ha studiato i processi ultraveloci che avvengono nei nanoribbons di grafene in seguito all’eccitazione con impulsi di luce laser ultra brevi: “In questo caso un elettrone del grafene viene eccitato e si genera una lacuna di carica, tipica dei semiconduttori, che si lega all’elettrone a formare il cosiddetto eccitone- continua la ricercatrice- Esperimenti e simulazioni mostrano che due eccitoni possono formare a loro volta degli aggregati fortemente legati, i bieccitoni. Questi effetti quantistici sono dovuti alle dimensioni estremamente ridotte dei nanoribbons- spessi un solo atomo e larghi appena una decina, e sono alla base del funzionamento di vari dispositivi ottici, come ad esempio i processi di moltiplicazione di carica all’interno delle celle solari”. L’esperimento è stato possibile grazie a un avanzato sistema di spettroscopia sviluppato nei laboratori di Ifn-Cnr e Politecnico di Milano che, spiega Giulio Cerullo del Dipartimento di Fisica del Politecnico, “permette di ‘fotografare’ fenomeni che evolvono in tempi che vanno dai femto- ai pico-secondi, vale a dire meno di un millesimo di miliardesimo di secondo. Abbiamo osservato che i bieccitoni si formano molto rapidamente e danno luogo ad emissione stimolata di luce con grande efficienza. Un risultato che potrebbe aprire la strada all’utilizzo dei nanoribbons di grafene come materiali attivi in laser, fotorivelatori e altri dispositivi ottici”.


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